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 2013  giugno 20 Giovedì calendario

OCCUPY MARTE

L’atterraggio di Curiosity su Marte, il 6 agosto del 2012, è il giorno in cui il sogno di portare gli esseri umani su Marte un pianeta che dista dalla Terra 230 milioni di chilometri, dove l’atmosfera è definita inospitale e il termine è altamente eufemistico è diventato più concreto. Ma è una passione antica, quella di esplorare il Pianeta rosso: Wernher von Braun, l’ingegnere tedesco considerato il padre della “scienza dei missili”, pubblicò nel 1948 Das Marsprojekt, un saggio in cui spiegava come raggiungere Marte, e subito dopo la conquista della Luna presentò un piano per una missione all’allora presidente americano Richard Nixon.
Negli ultimi quarant’anni, in realtà, non sono stati fatti tanti progressi: l’attività spaziale a oggi è concentrata per lo più nell’orbita terrestre. La Nasa ha per ora il monopolio su Marte i sette veicoli atterrati sul pianeta con successo sono stati lanciati dagli Stati Uniti e ha l’obiettivo di mandare astronauti attorno al 2030, più probabilmente il 2035. Nessuna missione su Marte può essere fatta senza la collaborazione della Nasa, ma è molto probabile che saranno i privati a patrocinare il primo lancio di un uomo sul Pianeta rosso.
Elon Musk è il più pronto di tutti. Con la sua SpaceX ha già scardinato la tradizione spaziale, inviando la navicella Dragon alla Stazione spaziale internazionale per due volte: è il primo privato ad aver portato a termine una missione di rifornimento nello spazio. Per Musk, che è diventato famoso fondando PayPal e poi Tesla, questo è solo l’inizio: l’obiettivo finale è Marte, vuole essere lui il traghettatore del primo essere umano fin lassù, e poi sogna una colonia, ottantamila persone da portare ogni anno. addirittura. Ma perché andare su Marte? Musk dice che il Sole si sta espandendo, gli oceani bolliranno nel giro di 500 milioni di anni e sulla Terra resisteranno soltanto i batteri: ora che ci sono le competenze tecnologiche per scappare su un altro pianeta, bisogna sfruttarle. Subito: «I viaggi spaziali sono la cosa migliore che possiamo fare per estendere la vita all’umanità».
Laura Kahn, ricercatrice a Princeton esperta di sicurezza globale, dice che una missione su Marte favorirebbe un avanzamento scientifico senza precedenti in termini di energia, propulsione, riserve di cibo e acqua, smaltimento e riciclo dei rifiuti. Certo, i costi sono altissimi: persino la Nasa è molto vaga, dice che mandare esseri umani su Marte costa dai 20 ai 450 miliardi di dollari, un range talmente ampio da non essere considerato affidabile.
Dennis Tito, il tycoon americano che è stato, nel 2001, il primo turista dello spazio, ha fornito una spiegazione più pionieristica al red dream. Tito, che ha già progettato una navicella a due posti per la missione, non mira ad atterrare sul Pianeta rosso: vuole fare un viaggio nell’orbita marziana (a circa 140 chilometri dal suolo), e poi tornare indietro. A chi gli dice che tanti rischi senza nemmeno toccare la sabbia rossa sono abbastanza inutili, lui risponde che la sua è una missione «a la Charles Lindbergh», è necessario dimostrare che si può fare, che Marte non è cosi irraggiungibile come si dice. È necessario buttar giù la prima frontiera, con un’attraversata spaziale.
ARRIVANO I CINESI (ANCHE QUI)
La prima fase delle esplorazioni nell’universo è legata al lancio di razzi, nasce alla fine della Seconda guerra mondiale ed è una dimostrazione di forza: americani contro sovietici. Con la caduta del Muro è iniziata una nuova fase, simboleggiata dalla Stazione spaziale internazionale, dedicata alla ricerca scientifica, frutto della collaborazione tra americani, russi, europei, giapponesi e canadesi (la costruzione è iniziata alla fine degli anni Novanta, dal 2000 la stazione è abitata da due/sei astronauti a rotazione). Ora siamo entrati nella terza fase: quella commerciale. A determinarla è stata in parte l’austerità che ha colpito il budget della Nasa, pur se in modo minore rispetto ad altri progetti federali americani: la richiesta di fondi per il 2014 (l’anno inizia a ottobre del 2013) è di 17,7 miliardi dollari, 55 milioni in meno rispetto al 2012 e 170 in meno rispetto al 2013: un calo di circa l’i per cento, di questi tempi, è quasi trascurabile.
Gli astronauti della vecchia guardia, quelli dello sbarco sulla Luna per intenderci, scrivono lettere a Barack Obama per dirgli che sta condannando l’America alla mediocrità, anche nello spazio, che lo sanno tutti che nella Stazione spaziale internazionale comandano i russi con i loro razzi Soyuz e che i cinesi sono lì lì per prendersi, oltre che la leadership della Terra, anche quella della Luna e di Marte. Pechino ha già lanciato 176 missili, per portare satelliti nell’orbita terrestre, che fanno parte del programma spaziale Lunga Marcia. Dal 2011 sono iniziati i lavori per costruire una base spaziale cinese, che sarà pronta per il 2020, l’anno in cui arriverà il primo astronauta cinese sulla Luna. Ma anche per la Cina l’obiettivo finale è Marte, e secondo alcuni esperti le sperimentazioni sono state accelerate per evitare la competizione indiana, sempre più vivace: il primo cinese sul Pianeta rosso è previsto per il 2040. Colmare il gap scientifico con americani e russi è dura per Pechino, ma è pur vero che anche le priorità della Nasa e degli uffici dedicati allo spazio al Pentagono, 27,5 miliardi di dollari di budget richiesti per il 2014 sono molto diverse rispetto al passato. È soprattutto il ruolo dell’agenzia spaziale a essere cambiato. Mark Kaufman, giornalista del Washington Post che ha pubblicato l’anno scorso un libro sulla missione di Curiosity, dice che «la Nasa è indispensabile, come interlocutore unico o come partner, per qualsiasi sbarco di esseri umani sulla superficie del Pianeta rosso», e che questa condizione non cambierà a breve. La Nasa è diventata «un’ostetrica», come l’ha definita Dan P. Lee sul New York Magazine: aiuterà a far nascere questo nuovo settore industriale, nel quale saranno i privati a portare gli uomini su Marte.
MEGLIO GLI ASTEROIDI
La fase commerciale dell’esplorazione spaziale è stata determinata per lo più dall’iniziativa imprenditoriale. Tra sogni di bambino – che cosa vuoi fare da grande? L’astronauta! – e opportunità commerciali, il mercato si è riempito di pionieri. Buzz Aldrin, che è il secondo astronauta ad aver camminato sulla Luna e ha appena pubblicato una road map per la conquista di Marte Mission to Mars, dice che «il destino umano» è andare sul Pianeta rosso, conquistarlo, «colonizzarlo». Aldrin ha 83 anni, ha scritto otto libri, due dedicati al suo alcolismo e alla sua depressione, ha un videogame su se stesso in uscita entro l’anno, e soprattutto è odiato dai colleghi astronauti perché ha applaudito Obama quando ha deciso di ridimensionare i progetti sulla Luna. Meglio fare i Padri pellegrini su Marte dice che inseguire i cinesi e i loro piani trentennali di colonizzazione della superficie lunare.
Per ora la priorità di Obama non è tanto Marte, quanto piuttosto «catturare asteroidi», portarli nell’orbita lunare e mandare astronauti a esaminarli, per valutare se è possibile estrarre materiali preziosi. Quest’anno Washington ha stanziato 105 milioni di dollari: gli esperti dicono che, al massimo, questi soldi serviranno per capire qual è l’asteroide giusto da catturare. E intanto il Pianeta rosso diventa sempre più affare da imprenditori.
PIONIERI, QUESTI MARIZIANI
Il mercato degli esploratori marziani è pieno di personaggi famosi. C’è Richard Branson, biondissimo fondatore della Virgin, che per 200mila dollari è pronto a portarti su Marte prima di tutti, dice addirittura che i primi esperimenti della suaVirgin Galactic ci saranno entro l’anno. Per togliere ai viaggi su Marte l’etichetta di one way trip, parti ma chissà se tomi, Branson dice che il primo viaggio lo farà lui con i suoi figli e con sua madre, che ha quasi 90 anni (sua moglie invece resterà a terra, dev’essere l’interpretazione bransoniana dell’evoluzione della specie). Jeff Bezos, ideatore di Amazon, è un altro dei nomi noti con la passione per Marte: lavora in gran segreto con la sua Blue Origin per portare gli esseri umani prima nell’orbita terrestre e poi «ben oltre», e intanto sta disegnando veicoli modernissimi uno sarebbe già stato testato. Poi c’è il multimilionario Dennis Tito, che ha una road map già pronta per la sua Inspiration Mars che punta a un viaggio per due persone di andata e ritorno in 501 giorni.
Prima delle celebrity, però, ci sono gli uomini di SpaceX, guidati dal già citato Elon Musk. La californiana Xcor Aerospace, che si è appena trasferita in Texas inseguendo i tanti incentivi fiscali che caratterizzano lo Stato testimone della gloriosa storia spaziale di Houston, ha già costruito e in parte testato il suo Lynx, una navicella per due persone che per ora vola nello spazio suborbitale per 30 minuti: per 95mila dollari, il suo amministratore delegato, Jeff Greason, dice che per il 2014 si potrà iniziare a pensare di andare su Marte.
Richard Bigelow, quasi settantenne, ha lavorato per 40 anni creando una grande compagnia di motel per potersi oggi finalmente permettere di dedicarsi al suo primo amore, 10 spazio (dettaglio: non ha un computer sulla sua scrivania, «non ne vedo il bisogno», dice). La sua azienda, che ha sede in Nevada, ha chiuso un accordo da 17,8 milioni di dollari con la Nasa, all’inizio dell’anno, per creare una nuova capsula abitabile (e gonfiabile) da collegare alla Stazione spaziale internazionale e sta lavorando a nuovi progetti da mandare in orbita indipendentemente dalla Nasa: secondo Bloomberg Businessweek, Bigelow vuole creare il primo impero immobiliare spaziale, che per uno cresciuto sentendo parlare di Ufo non è poi un’ambizione così bizzarra (Bigelow ha fissato il prezzo di un soggiorno nella sua prima stazione spaziale: 26,5 milioni di dollari per 60 giorni di permanenza, viaggio incluso, magari con SpaceX).
LA STOFFA DEGLI ASTRONAUTI
Marte non è la Luna. Prima di tutto è molto più lontano: la missione Apollo impiegò tre giorni ad arrivare sulla Luna, i tempi di volo per Marte sono misurati in mesi. Ci sono come ha raccontato l’Economist problemi di comunicazione: gli astronauti dell’Apollo parlavano con la Terra in tempo più o meno reale: da Marte dovrebbero aspettare circa 40 minuti da quando pongono una domanda a quando ricevono una risposta. E tanti mesi nello spazio sottoporrebbero gli astronauti a una dose massiccia di radiazioni: secondo una stima fatta da Science, i pionieri di Marte assorbirebbero il massimo di radiazioni tollerabili in tutta una vita soltanto in questa missione.
Per affrontare questi rischi senza un Governo alle spalle è necessario fare un piano dei costi molto razionale. Per questo c’è chi, come Tito, non vuole atterrare sul suolo del Pianeta rosso, e c’è chi non pianifica un viaggio di ritorno: è il caso di Mars One, il più pop tra i pionieri di Marte perché ha deciso di finanziare la missione costruendo un gigantesco reality attorno alla partenza. Per trovare gli astronauti capaci di andare su Marte non si sta cercando quella «stoffa giusta» raccontata da Tom Wolfe nel romanzo splendido del 1979 sulla formazione degli astronauti, selezionati in segreto tra i migliori piloti a disposizione dello Stato americano. Wolfe voleva capire che cosa spingesse gli astronauti a prendersi il rischio di un volo spaziale, ma oggi le sue domande suonano quasi strambe. Ci sono molti vip in fila per andare per primi su Marte; ci sono molti che stanno mettendo via i soldi per permettersi il primo lancio, e dicono che non importa se non ci sarà ritorno, tanto tutti prima o poi dobbiamo morire; e ci sono gli 80mila che hanno già compilato l’application form di Mars One. Per mandare la propria candidatura negli Stati Uniti servono 38 dollari, la maggiore età, la spiegazione del perché si vuole andare su Marte e una stima di quanto senso dell’umorismo si è dotati (sul web ci sono i filmati delle candidature: imperdibili). Quando si chiuderà il bando inizieranno le visite mediche, i colloqui e infine la selezione via reality: si parte per rimanerci, lassù, sulla superficie mobile del Pianeta rosso, dove le temperature possono scendere fino a -140 gradi centigradi (non ci sono temperature del genere sul pianeta Terra), l’atmosfera è sottile, quindi non respirabile, e ci sono le famose tempeste di sabbia, che possono durare anni (un anno marziano è pari a due terrestri).
CONGIUNTURE ASTRALI FAVOREVOLI
Nel 2018 è prevista una serie di congiunture celestiali che hanno a che fare con le correnti gravitazionali che permetterebbero di andare e tornare dall’orbita marziana a una navicella con la struttura tipo quella elaborata da Dennis Tito in soli (!) 500 giorni circa, contro i due anni solitamente stimati in condizioni normali. Il record di giorni nello spazio è detenuto dal cosmonauta russo Valeri Poiyakov, che passò a metà degli anni Novanta 438 giorni in una navicella spaziale. Tito, che pensa a tutto, vorrebbe mandare in missione una coppia, che dovrebbe tollerare tanto tempo assieme, che abbia superato l’età per avere figli, per evitare la sorpresa di una gravidanza tra le stelle o che le radiazioni causino infertilità. Ma il ritorno sulla Terra è anche molto problematico: la navicella allo studio di Tito rientrerebbe nell’atmosfera terrestre a 14,2 chilometri al secondo, molto più degli il chilometri al secondo con cui rientrò l’Apollo: nessun schermo di calore a oggi conosciuto resiste a questa velocità di rientro.
Se per il 2018 non si dovesse essere pronti, la prossima congiuntura celeste favorevole a una missione di questo genere la riduzione del tempo comporta una riduzione in termini di rifornimenti e di riserve di cibo e acqua è prevista per il 2031.