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 2013  giugno 20 Giovedì calendario

LA CASSAZIONE E’ L’ULTIMA TRINCEA LA DIFESA GIOCA IL TUTTO PER TUTTO SULLE PROVE TRASCURATE DAI PM

Un processo normale: in cui non si parla più di impe­gni parlamentari, di scontri tra istituzioni dello Stato, di persecuzioni vere o presunte. E si tor­na a parlare di reati e di prove. È questa l’ultima trincea di Silvio Berlusconi per non uscire deva­stato dalla vicenda processuale dei diritti tv. La scelta di farsi di­fendere da Franco Coppi, lumi­nare del diritto penale, non sospettabile di affinità culturale o ideologica, vuol dire esatta­mente questo. Nella trincea decisiva, Berlusconi si affida ad una difesa tecnica. E punta ad appoggiarsi su un dato che con­sidera incontrovertibile: la stes­sa Cassazione che oggi ha in ma­no il suo destino, già per due vol­te si è espressa nei processi a suo carico per l’acquisto da par­te dei diritti dei film americani da trasmettere in tv. E tutte e due le volte lo ha assolto con for­mula piena. Se stavolta, di fron­te al terzo e cruciale processo, la Cassazione si rimangiasse quanto essa stessa ha deciso, per Berlusconi sarebbe la pro­va provata di quanto sostiene da tempo,e cioè che il complot­to ai suoi danni coinvolge l’inte­ra magistratura. Ma sarebbe una magra soddisfazione.
Il ricorso in Cassazione è sta­to depositato ieri, poco prima che la Corte Costituzionale si esprimesse sul conflitto di attri­buzioni che poteva azzerare il processo. Invece il processo va avanti, nei suoi binari ordinari. Il 23 maggio scorso, a tempo di record (quindici giorni, anziché i consueti 90) il giudice Enri­co Scarlini aveva depositato le motivazioni della sentenza d’appello che confermava integralmente la condanna di Ber­lusconi a quattro anni di carce­re e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Ieri ecco il ri­corso in Cassazione, firmato da Coppi insieme a Niccolò Ghedi­ni. Un ricorso tutto in punto di diritto, che affronta puntigliosa­mente le que­stioni su cui i giudi­ci d’appello avrebbero glissato, e che per i difensori costituisco­no altrettanti ostacoli alla con­ferma della condanna.
Ma il vero tema del processo, quello che - verosimilmente in­torno a ottobre - dovrà essere sciolto dalla Cassazione, sta tut­to in due domande. La cresta sui costi dei film era finalizzata a fregare il fisco, o ad arricchire manager infedeli e fornitori? E, qualunque sia la risposta, cosa dimostra il ruolo diretto di Ber­lusconi in fatti avvenuti quando in azienda non aveva più ruo­li operativi? La sentenza d’ap­pello che ha condannato Berlu­sconi sostiene, sulla base di una sorta di prova logica, che il controllo del Cavaliere sulle vi­cende aziendali «è proseguito nonostante i ruoli pubblici as­sunti e condotto in posizioni di assoluto vertice». Ma è proprio su questo assunto che si gioche­rà la partita decisiva.
Dalla loro parte, Ghedini e Coppi hanno due sentenze del­la Cassazione in altre­ttanti pro­cessi assai simili a carico di Berlusconi. Il 18 maggio 2012 la se­conda sezione penale della Cassazione confermò il prosciogli­mento con formula piena del­l’ex premier dall’accusa di frode fiscale disposto dal giudice preliminare di Milano Maria Vi­ci­domini nel cosiddetto proces­so Mediatrade. «Non è dato ­aveva scritto il gip - trarre ele­menti di prova circa comporta­menti, direttive o anche sempli­ci “ influenze”di Silvio Berlusco­ni sulla “ attività” di compraven­dita dei diritti televisivi». Il 6 marzo 2013 la scena si ripetè, stavolta davanti alla terza sezio­ne: venne respinto il ricorso del­la Procura di Roma e conferma­to il proscioglimento di Berlu­sconi nel filone romano delle in­chieste sui diritti tv. E adesso, come si farà a stabilire il contra­rio?