Francesco Prisco, IL 20/6/2013, 20 giugno 2013
SCAVA CIRO, SCAVA!
Hai un buco pronto? Lo metti in vendita. Trovi più di un compratore interessato? Allora lo metti all’asta: chi ti offre di più se lo prende. Chiavi in mano. Nella Napoli che traffica di tutto, l’ultima economia sommersa è quella del buco. L’ultimo mestiere criminale quello dello "scavatore abituale". Parliamo di guaglioni del giro della microcriminalità, magari con qualche esperienza da manovale edile. Entrano nei cunicoli delle fogne o dei sottoservizi, raggiungono punti prossimi a "obiettivi sensibili" come banche, boutique del lusso o ristoranti e, martinetto elettrico alla mano, si mettono a scavare. «Quando arrivano a un muro portante dell’obiettivo, sondano l’interesse delle bande cittadine di rapinatori. Vendono il buco al migliore offerente con formule che possono variare: c’è chi si fa corrispondere un importo fisso, comunque non inferiore ai duemila euro, e chi preferisce rischiare chiedendo una "partecipazione" sulla refurtiva». A parlare è Stefano Tosi, giovane e intraprendente capitano della compagnia dei carabinieri di Napoli Centro. È veronese, lo capisci dall’accento e dal cognome («Anche se non sono parente di quel Tosi lì»), ma ai napoletani piace. Quando a marzo crollò una palazzina alla Riviera di Chiaia fu il primo a scavare a mani nude tra le macerie. Dai carabinieri del nucleo subacquei pretende che scavino nel sottosuolo con ispezioni settimanali per sventare rapine prossime venture. E i risultati si vedono: «Da ottobre 2012 a oggi – spiega Tosi – abbiamo scovato ben 11 buchi. L’attività criminale in questione è fiorente». Con la crisi fai tesoro di tutto quel che hai a disposizione «e Napoli – continua il capitano – ti offre una rete di cunicoli sotterranei senza pari a livello nazionale. Che ti porta dritto all’obiettivo». Parlano i numeri: la città "inferiore" si snoda su un tracciato di circa 1.400 chilometri. Ben 600 chilometri di fogne e 200 chilometri di sottoservizi (ossia i cunicoli ospitanti cavi elettrici e telefonici) calpestabili. Roba che ricorda un po’ la Parigi dei Miserabili, un po’ la New York di tanti B-movies. Nel sottosuolo partenopeo, però, gli scavatori abituali vagano a caccia di quattrini, confidando sul fatto che non esiste una mappatura completa di ciò che puoi trovare sotto i tombini, a sette o otto metri di profondità. Prenderli in flagrante è praticamente impossibile. Scoperchiano una botola in periferia, camminano al buio per qualche chilometro e arrivano sotto il cuore della città, nei cunicoli che servono piazza Municipio o via Toledo. Questa è la loro riserva di caccia: abbondano gli istituti di credito e i negozi chic, non resta altro da fare che collegare (abusivamente a un cavo dell’Enel) le attrezzature e mettersi a scavare. Scendi con i carabinieri del nucleo subacqueo nei sottoservizi che uniscono via Santa Brigida a via Verdi e, in corrispondenza con la Galleria Umberto e il teatro San Carlo, ci trovi sei buchi in 700 metri per quattro obiettivi presi di mira. Un ristorante e tre banche. Un colpo andato a segno e tre sventati. Criminali del genere li batti con la prevenzione: «Quando troviamo un buco – racconta il maresciallo capo Sandro Bucalo – la prima opzione consiste nel "bruciarlo" annunciando alla stampa il rinvenimento». La seconda è più ambiziosa: «Gli piazziamo un’intercettazione ambientale – spiega il brigadiere Toto De Filippo – e, poco prima che completino l’opera, gli tendiamo una trappola». Mitra spianati, come nei poliziotteschi anni Settanta. Napoli scava, l’Arma sbatte tutti dentro.