Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 20 Giovedì calendario

IL «NON DETTO» RASSICURA TROPPO POCO

L’incertezza è destinata a continuare. Ieri sera Ben Bernanke ha usato la cautela e il "non detto" per ribadire che dai prossimi mesi la Banca centrale americana ridurrà il programma di acquisto di titoli con cui contribuisce ad assorbire la disoccupazione. «Toglieremo il piede dall’acceleratore, non useremo i freni», l’economia Usa migliora e da metà 2014 potrebbe non aver bisogno di stimoli. Ma non è certo, dipende da come andrà l’economia e saranno mesi difficili con i mercati costretti a interpretare segnali sibillini. "Non dire" è infatti un modo dubbio di rassicurare gli investitori. Tutti conosciamo il motto sul can che abbaia. Ma allora che cosa dovremmo pensare di un cane che non sta abbaiando? Uscire dalle politiche monetarie non convenzionali è un esercizio difficilissimo perché implica il rischio di un aumento inatteso dei tassi d’interesse. Gli investitori, che vedono la banca centrale smettere di acquistare i titoli, possono cercare di liberarsene in massa. Le banche meno capitalizzate sono messe in difficoltà dalle perdite sui bonds e tagliano il credito alle imprese più fragili e indebitate. Lo shock può far cadere l’economia. Azioni e obbligazioni perdono valore a seguito di tassi reali più alti e la banca centrale perde credibilità. Per evitare che succeda, l’uscita dal credito facile deve essere graduale ma anche prevedibile. Da europei guardiamo con scetticismo l’abuso di strumenti monetari per sostenere una crescita di minore qualità. Ma forse c’è un po’ di moralismo dietro il rigore europeo. In realtà la lezione americana è meno semplicistica della dialettica tra austerità e sviluppo. W ashington può permettersi strumenti non convenzionali se rientrano in un buon "policy mix": per esempio Bernanke allenta la politica monetaria perchè la politica di bilancio del governo è già molto restrittiva. Secondo il Fondo monetario in effetti la politica fiscale americana è troppo severa. In realtà il "policy mix" americano è imperfetto. Washington avrebbe dovuto tagliare le spese sul lungo termine ed essere meno rigorosa nel breve, ma la polemica tra i partiti ha impedito un accordo di ampio respiro al Congresso. È un vero peccato: sarebbe stata un’uscita più che simbolica dall’era di conflitti tra democrazie e mercati che ha partorito la crisi: si stabilizzano le aspettative di lungo termine, evitando paure e aggressioni dei mercati, e si permette alla politica – al linguaggio delle democrazie - di svilupparsi senza troppi condizionamenti finanziari giorno per giorno. Lo scambio tra canali diversi della politica economica è possibile solo in un dialogo tra banca centrale e governo federale. Nell’area euro questo dialogo non esiste per carenza di completezza istituzionale. Non solo non esiste un governo europeo, ma il coordinamento tra Bce e governi nazionali è impervio, con la Bce costretta a condizionare il proprio sostegno all’adempimento di riforme strutturali, la più costosa tra le libbre di carne della politica. La conseguenza è che non c’è area al mondo che sia altrettanto in ostaggio dei condizionamenti finanziari. E spesso si tratta di condizionamenti esterni. Per esempio, gli spread che dettano la nostra politica dipendono in larga parte dal livello di avversione al rischio degli investitori globali. Ora per esempio il rischio maggiore è l’uscita dall’allentamento del credito in Giappone e Usa. Chi ha nostalgia delle monete nazionali dovrebbe pensare in quali condizioni i singoli Paesi europei arriverebbero al negoziato con gli Usa sul commercio e sulle valute. Un Euro-governo farebbe valere – al G-8 - che un apprezzamento del dollaro sarebbe una buona soluzione per gli Usa e una salvezza per l’Europa. Infatti l’inevitabile ritorno a tassi d’interesse americani normali potrebbe essere meno vistoso se sostituito da un apprezzamento del dollaro, lento ma costante. Uscire passo dopo passo, come salendo una scala musicale. Bach l’avrebbe chiamata l’arte della fuga.