Arnaldo Greco; Arianna Giorgia Bonazzi, IL 20/6/2013, 20 giugno 2013
SERIE DA UN MATRIMONIO
ARNALDO: Ieri sera ho litigato con mia moglie e – invece di andare a letto con un’altra – sono andato a letto con lei e ho guardato l’ultima di Game of Thrones da solo. Ho aspettato che si addormentasse, ho messo le cuffie per non farmi beccare e ho cominciato a guardare. Poi quand’è arrivata la sigla (tecnicamente bella, eh, niente da dire, ma lunga. La sigla di GoT ti lascia troppo tempo per pensare) ho cominciato ad avvertire forte il senso di colpa dell’adulterio. Stavo consumando un tradimento bello e buono, non potevo negarlo, il litigio non era un alibi sufficiente. È una di quelle serie (non tutte, ma poi ci arriviamo) che guardiamo sempre assieme. Forse non si sarebbe nemmeno arrabbiata, ci sarebbe rimasta solo male. Molto peggio. Solo che ormai avevo cominciato, e una volta che hai cominciato capita sempre che è difficile interrompere. Ho sperato che lo streaming mi abbandonasse (come quando per non tradire tua moglie fai in modo che sia la presunta amante a dirti di no). Poi ho sperato che la puntata non fosse bella (sì, ti ho tradita, ma niente in confronto a te), quindi che finisse il prima possibile (l’importante è finire); alla fine mi sono rassegnato e ho provato a godermela – ma ormai col senso di colpa in sottofondo – dicendomi che poi tanto avrei potuto pure riguardarla assieme a lei e fingere che fosse la prima volta. Non deve essere così difficile, credevo, lo fanno in tanti. A guardare le serie tv assieme ci tengo tantissimo. E ha a che fare con quella che secondo me è la cosa più triste e inaccettabile della vita di coppia che siamo tenuti (o almeno io e qualcun altro, sicuramente) ad accettare: l’impossibilità di condividere realmente i film che ami cancellando il passato non trascorso assieme. Vogliamo uscire assieme, vogliamo fare le schifezze assieme? D’accordo, d’accordissimo, mi piaci, non tornare a casa tua, voglio che ti svegli qui domani, così – nelle pause – dobbiamo guardare L’assedio di Bertolucci, Il buono, il brutto, il cattivo. Ricomincio da tre (no, è un film serio, non è un film comico). Sonatine. Ecco, questa cosa non funziona. C’è un margine di incomunicabilità che nessuna visione, anche la più partecipata e convinta, può scalfire. Perché puoi pure approfittare dell’eccitazione dell’innamoramento per mostrare alla tua compagna i film che citi in continuazione, quelli che sogni di poter citare appena si presentasse l’occasione (come se potesse davvero capitare di organizzare contemporaneamente due feste sullo stesso pianerottolo), ma poi ti accorgi in fretta che vederlo una volta sola non basta. Perché non li citi per averli visti una sola volta, ma per averli visti venti volte, e nel corso del tempo. Dire «sono andato a letto presto» non significherà mai lo stesso. Per questo, magari non è nemmeno del tutto triste e ha un che di giusto, è necessario creare un patrimonio condiviso. E ti guardi le serie tv assieme. Così puoi spedirti i video con Desmond che dalla stazione subacquea finalmente riesce a parlare al telefono con Penny intenta a fare l’albero di Natale, o uno qualsiasi di Studio 60 con Harriet e Matt che litigano. Il protagonista di Una questione privata, Milton, odia Proust e Schnitzler perché sono gli autori che piacciono a Fulvia, l’amata. Così le traduce personalmente Poe e Browning per avere il loro feticcio. Perché conta la contemporaneità della passione, dopotutto. In realtà, quello di Fenoglio è già un caso "moderno", perché secondo me tutto comincia coi supporti disponibili. Prima, quando l’unico supporto erano i libri, creare un patrimonio comune era facile. Le persone, i personaggi di film e romanzi, potevano identificare amati e amanti con l’amore per quei libri. Parlavano di quel passo, ci si rispecchiavano. Potevano leggerselo comodamente e impararselo. Potevano recuperarlo. Il feticcio dell’amore e della condivisione era più semplice. Coi film, con le serie tv ancora di più, la cosa è cambiata radicalmente: soprattutto con la possibilità di rivedere e sezionare le cose; e con la possibilità di scegliere che cosa vedere a casa. C’è stato un momento in cui poter scegliere i film dentro a un Blockbuster ha costretto i produttori a inventarsi cose tipo Kindergarten Cop (Schwarzenegger maschi + maestra d’asilo femmine = decente intrattenimento per coppia media e soldi a palate).
ARIANNA : La prima volta che ci siamo resi conto che il fenomeno del "netflix adultery" era una cosa reale, e non una inconfessabile turba privata, è stato guardando la puntata di How I met your mother in cui Marshall, esasperato dal nuovo lavoro di Lily, finisce per guardare senza la moglie la puntata di una serie immaginaria, che poi è una parodia di Downton Abbey. Il voice off di questa serie all’interno della serie diceva qualcosa di buffo alla Downton Abbey tipo: chissà con quale speciale scopettone per legno il maggiordomo passerà la cera nella prossima puntata..., ma abbiamo capito subito che si trattava di qualcosa di serio. C’è stata addirittura un po’ di assurda timidezza nell’ammetterlo, ma ci eravamo riconosciuti in quella scena. Non perché io buttassi le serate ai vernissage col mio capo, ma perché la pratica di ferire il compagno guardando qualcosa che non fosse un altro o un’altra era una dinamica già silenziosamente in atto. A volte il tradimento non avviene di nascosto, ma è una minaccia gridata prima che l’altro chiuda la porta. Rimani pure fuori a bere con gli amici dopo il lavoro, tanto stasera esce la nuova puntata di Black Mirror. Altre volte, invece, è la confessione livida di rabbia del giorno dopo che il tradimento si è consumato; la confessione fiera di chi pensa di aver tradito soltanto per anticipare di un attimo il tradimento dell’altro, o per punire quello che ha vissuto come un recente tradimento. Poniamo per esempio che prima di andare a dormire il vostro compagno si sia sentito tradito da un vostro repentino voltafaccia riguardo a un aspetto del suo carattere che chissà per quale ragione lui credeva adoraste. Così, il compagno, ferito nell’orgoglio perché gli avete fatto notare – ad esempio – che la sua ipocondria si sta facendo pesantuccia, ha aspettato che dormiste per guardare l’ultima puntata di Game of Thrones. In questo caso, non lo ha fatto nemmeno per tenersi in pari con gli Stati Uniti, o per evitare gli spoiler il giorno dopo in ufficio. Lo ha fatto solo per sbattervi in faccia che l’aveva fatto, come si consumano, tra gli adolescenti vendicativi, un altro genere di tradimenti senza brivido né gusto. Il giorno dopo, quando la discussione per voi donne sarà sepolta, e gli proporrete di vedere la puntata con la malizia con cui si proporrebbe una cena afrodisiaca o un ménage à trois, lui prima abbozzerà di sì, mh mh, con morigeratezza insolita, e poi, capitolando, ammetterà che l’ha già vista. Quindi, proprio come nelle isteriche schermaglie successive alla confessione di un tradimento, inizieranno delle domande simili al «ma che cosa avete fatto, fino a che punto, quante volte, dove». Ovvero: ma l’hai vista tutta? È la prima volta che lo fai? Sul tablet, o sei andato giù sulla tivù grande? E come ho potuto non accorgermi di niente? Seguono i tentennamenti del colpevole, disgustato del suo atto e già pentito di averlo compiuto, o più che altro riferito (non si sa). «Solo metà, solo sette minuti senza volume, in realtà non l’ho visto, volevo solo farti arrabbiare, ho visto solo il previously, e va bene stavo per vederlo, ma poi il Galaxy era scarico, no, la batteria non c’entra, è che ho voluto aspettarti, non mi piace senza te». Chiamare questo tipo di fenomeno cheating non è per niente sbagliato se si considera che la coppia contemporanea, a meno che non sia fan di lentezza, brama davvero il momento in cui i bambini si addormentano, non per gettarsi l’una nelle braccia dell’altro, ma per gettarsi una nel tablet dell’altro, una nel PutLocker dell’altro, una nell’Itasa dell’altro, e addormentarsi dirimendo questioni come la dubbia moralità di Don Draper, e il cosa avresti fatto tu al posto del marito di Episodes, o di Kate di Lost. In questo senso, le serie che affrontano il tema del tradimento (a pensarci, molte: le due che ho appena citato, ma anche, per dire, Homeland e The Americans, cioè serie che sarebbero incentrate su tutt’altro argomento: terrorismo, spionaggio e sicurezza internazionale) sono una sorta di fenomeno metanarrativo, per coppie che affrontano la fruizione della serie tv come una questione di comunione d’intenti e di fedeltà. Ecco perché ci fa angustiare che l’altro ammiri un personaggio controverso: ci sembra quasi pericoloso per la nostra relazione. Così, se al nostro fidanzato piace l’agente segreta di Homeland, ci domandiamo: sarà attirato dal genere psicolabile bionda? E se d’altro canto approva la moglie carina ma lavapiatti di Brody ci sentiamo afflitte, perché forse il nostro uomo desiderava un focolare domestico un po’ più simile a un focolare che a una stufa che va a fuoco... Per lo stesso motivo, quando l’altro fa un test su Facebook e risulta essere Stannis Baratheon di GoT, ci chiediamo: ha forse una relazione segreta con una sacerdotessa che partorisce ombre?! Così, le serie televisive finiscono per essere un orizzonte comune quasi reale, i nostri termini di paragone di virtuosità umana e umana miseria quanto la vicina che porta i figli a scuola, il nostro collega, il capo e il postino Dhl che ci consegna i libri di Amazon. Solo, molto meglio, perché possiamo arrivarne più in profondità, cercando, attraverso loro, di pervenire anche a una profonda conoscenza dell’altro. Ecco perché, quando una (leggi: io) vuole che sia Daenerys Stormborn ad aggiudicare il Trono di Spade, e l’altro tifa appunto per Stannis Baratheon, temiamo, senza ammetterlo, che ci sia qualcosa che non va. Una questione a parte sono le serie che il marito guarda da solo, sentieri ciechi che io non riesco a percorrere, non perché mi senta in colpa, dato che non lo si fa di nascosto, ma perché viene a mancare tutto il piacere della condivisione dei riferimenti a un mondo altro. Così, piano piano, il tempo speso ad aggiornarmi con quelle peripezie là mi sembra più sterile. Per fare un esempio, mi piacerebbe dire che lui non condivide la mia passione per gli zombie repubblicani di The Walking Dead e gli zombie (repubblicani) di Suits; e che io non reggo proprio le frivolezze di Girls o Pan Am. Ma naturalmente è il contrario. Lui ha continuato per un bel po’ a vedere saltar per aria cervella di zombie americani bambini, mentre io ho abbandonato preso le sorti del cervello perverso di Lena Dunham, e delle magre hostess che seducono steward, piloti e spie russe – sebbene mi appassionassero più di quanto è lecito riferire.
ARNALDO : Non significa che ogni serie tv non vista assieme costituisca un tradimento. C’è un sistema molto più sottile, mai esplicitato, di regole che reggono assieme questo patrimonio di intrattenimento e storie da costruire assieme. Le serie da guardare assieme sono pochissime. C’è l’insieme delle serie che si guardano assieme, ma si possono anche non guardare assieme. C’è, poi, un insieme ristretto di serie che è sufficiente che solo uno dei due guardi. Un sistema pratico di cui vado particolarmente fiero. Per esempio, anni fa abbiamo cominciato a guardare Pretty Little Liars (un teen drama, che nelle ambizioni doveva essere un mix tra Gossip Girl e Twin Peaks ma che ormai è solo una storiella di un ricatto) e continuiamo a farlo d’inerzia. Ma è inutile che entrambi sprechiamo tempo. Basta che lo guardi uno e lo racconti all’altro. È un esperimento che proviamo con successo da anni anche coi libri (io ho praticamente smesso di leggere romanzi contemporanei da anni. Leggo solo saggi e fumetti, ma è un’altra storia). Me li faccio raccontare da lei. Poi, in giro, fingo di averli letti. Funziona benissimo. Perché mia moglie fa questa cosa che proprio non capisco: prende un romanzo e si mette a leggere. Non classici, non libri che sicuramente uno deve leggere, ma libri che qualcuno le ha detto essere belli. A me sembra che un tempo anch’io facevo così. Mi svegliavo presto al mattino, o di notte, e leggevo un libro con l’ansia di finirlo. Ora, guardo serie tv. Perché va bene il patrimonio condiviso, ma dopo anni di coppia, e cioè di visioni rimandate da mal di testa e oggi no, sono ben contento di guardare delle cose da solo. Traslando Woody Allen e la masturbazione: significa guardare serie tv con qualcuno che ami veramente. Anzi, a esser pignoli, l’idea che le cose vadano guardate insieme al tuo compagno rovina continuamente un sacco di serie tv. Non serve essere gran maestri di sceneggiatura per comprendere che il desiderio di compiacere target diversi complica delle trame che potrebbero essere più interessanti. Per dire, inventi che un sottomarino carico di atomiche fonda uno Stato autonomo nel Pacifico per sfuggire a un colpo di Stato negli Usa, dovresti già sapere che mia moglie non guarderà mai una cosa così. Quindi perché infilarci una pallosissima storia d’amore? Tanto, così, lei l’hai persa subito, appena un tizio dice «vira di 25 gradi a nordest» per guidare il sottomarino, e io resto attaccato solo perché spero che la donna muoia subito e lui incazzato cominci a sparare testate nucleari ovunque. Ma per quanto possa essere brutta, cerco di guardare sempre una serie tv fino al termine. E invece di augurarmi che duri ancora, conto le puntate che mancano e controllo la barra della durata perché non vedo l’ora che finisca. Ma non ci rinuncio. Mi godo talmente tanto l’idea di avere i miei tempi – per una volta, non i tempi del lavoro, o dei bambini, o delle folli attività per famiglie – che mi faccio piacere anche le serie tv più brutte. Alieni potentissimi che distruggono la terra in cinque minuti ma non riescono a liberarsi di un dottore di E.R.? Capolavoro. L’ennesimo dietro le quinte ma di un musical su Marilyn Monroe? Stupendo. E se per caso ne trovo una bella, invito mia moglie a interrompere la lettura per farmi raggiungere. Ma se non vuole proseguo da solo. Rido alle battute di Harvey Specter, e con lo sprezzo che mostrerebbe lui mi giro a guardarla intenta a leggere il romanzo vincitore del premio Bitter Analcolico.
ARIANNA : Con i libri recapitati dal postino Dhl, la questione è diversa: li leggo proprio quando ho voglia di spingermi in un luogo inaccessibile all’altro. Oppure, più onestamente, nelle sere in cui lui guarda House of Cards; nelle notti in cui Fastweb è rotto, o gli sceneggiatori americani sono in vacanza; o quando lui è fuori a cena. E, se è vero che le divergenze affiorano nei momenti più intimi della coppia, una cosa che a letto (col Samsung) proprio non mi piace è l’ossessione della durata. Il fatto che lui tamburelli continuamente in fondo allo schermo per evocare la barra della durata. Cosa che, oltre a coprire i sottotitoli, dimostra una noiosa mania di controllo del tempo e di anticipazione del plot (quando sai che mancano 3 minuti, sai anche che cosa può e non può accadere). La comparsa della barra impedisce la fondamentale (a letto) sospensione dell’incredulità, impedendo di perdersi del tutto nell’atto della visione. Il sonno è un altro elemento che istiga all’infrazione del tacito accordo: ci sono sempre serie che l’altro dice di voler guardare, ma proprio non gli sta aperto l’occhio. Nel nostro caso, quella che cede più volentieri al sonno (specie davanti a cose come Revolution) sono io. Ma con Les Revenants (certi zombie francesi fighetti) capitava sempre a lui di addormentarsi. In questi casi, se non ci sono rese dei conti in sospeso, si fa una rapida valutazione sul minutaggio mancante, la permalosità del partner, e la sua possibilità di recuperare il giorno dopo. Naturalmente, ci si dà una risposta un po’ infingarda e si va avanti; e in quel caso il peccato è veniale. Il giorno dopo, al risveglio, non ci si dice certo (come i fan di lentezza) buongiorno amore ti porto il caffè dell’Ecuador, ma: oh, ieri poi gli zombie hanno combinato cose da pazzi...