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 2013  giugno 20 Giovedì calendario

CHE COSA MUOVE L’AEROPORTO


Spesso si sente dire che un aeroporto è come una città, perché in effetti ha il suo sindaco (il direttore), i suoi abitanti (controllori, equipaggi, impiegati), le sue strade... Eppure in certi aspetti assomiglia più al box di un team di Formula Uno. Pensate al pitstop: in fondo è una serie di operazioni (come cambiare una gomma, fare il pieno di benzina, pulire la visiera del pilota) abbastanza semplici, in qualche caso persino banali, che la maggior parte di noi è in grado di eseguire senza problemi. A rendere il tutto parecchio più complicato, semmai, è la necessità di compiere queste attività contemporaneamente, in una manciata di secondi e con margini di errore ridottissimi. «È proprio quel che succede in aeroporto» spiega Davide Pisoni, manager di Milano Linate «dove in ogni momento bisogna dirigere gli aerei in arrivo e in partenza, gestire la loro sosta nelle piazzole, far sì che i bagagli vengano controllati e smistati nel modo corretto, imbarcare i passeggeri... L’esigenza di compiere molte operazioni in contemporanea» aggiunge Pisoni «o seguendo una precisa sequenza rende necessaria un’organizzazione che armonizzi tutte le funzioni e ne gestisca le complessità».

UN ROMPICAPO. Questa organizzazione (di cui proprio Pisoni è responsabile per Linate) si chiama coordinamento di scalo e consiste in un team di addetti che, da una sala attiva 24 ore su 24, pianifica e controlla praticamente tutto ciò che avviene in aeroporto (e dintorni), a partire dalle informazioni che – non appena mettiamo piede nel terminal – leggiamo sui tabelloni delle partenze e degli arrivi. È in questa centrale che viene stabilito, per esempio, in quale banco andremo a fare il check-in o il gate da dove saremo imbarcati. Chi decide? Un software che riesce a far quadrare, contemporaneamente, un’infinità di condizioni che vanno dalle esigenze delle compagnie a quelle del gestore dello scalo, da criteri di rotazione stagionali ad altri fattori che a noi passeggeri magari sfuggono, ma che a volte finiscono per essere determinanti. Come nel caso di un volo che arriva in ritardo e deve essere riassegnato su una nuova piazzola di sosta. Nel cercare la soluzione ideale, il sistema deve tenere conto persino del tipo di aereo in arrivo, perché le sue dimensioni o la forma delle ali potrebbero essere incompatibili con certe piazzole. A volte succede che la nuova area di parcheggio assegnata (che poi è anche il gate di imbarco per il volo successivo di quell’aereo) non sia proprio vicino a quella prevista. E i passeggeri in attesa di imbarcarsi (informati dallo speaker che, pure lui, si trova nella famosa sala) sono costretti a migrare verso il nuovo gate, tra mille mugugni.

VALIGIE SCHEDATE. Prima di salire a bordo, però, la strada è lunga, soprattutto per le valigie da imbarcare in stiva. Un viaggio nel viaggio che comincia quando, al check-in, le depositiamo al banco. «Qui ogni bagaglio è "schedato" dall’addetto alla registrazione» spiega Stefano Dolci, responsabile della manutenzione di Malpensa «e associato a un’etichetta che contiene le generalità del passeggero, il numero del volo e la destinazione. Una versione digitale dell’etichetta viene trasmessa al sistema informatico internazionale e da quel momento è accessibile a tutti quelli che, prima o poi, si ritroveranno a gestire quella valigia: gli aeroporti di partenza e di arrivo, quello (eventuale) di transito, le compagnie aeree ecc.». Una seconda versione cartacea, quella a noi più familiare che contiene il codice a barre con tutte le informazioni, viene applicata al bagaglio. Al passeggero resta una ricevuta, mentre la valigia viene inghiottita da un sistema sotterraneo di nastri trasportatori che, nei maggiori aeroporti, può estendersi per chilometri (a Malpensa sono 20, mentre a Dubai, uno dei più grandi al mondo, supera i 100 km).

MONTAGNE RUSSE. Il percorso è tutta una serie di curve, scambi, salite e discese che in certi aeroporti superano una decina di metri di dislivello. Le valigie passano anche attraverso una sequenza di controlli di sicurezza. «I sistemi più moderni» sottolinea Dolci «come quello che usiamo a Malpensa, si basano su più livelli. Il primo previsto per tutti i bagagli consiste in un controllo ai raggi X, in grado di riconoscere oggetti o materiali pericolosi. Dura una manciata di secondi e, se l’esito è negativo, la valigia viene dichiarata "pulita" e smistata verso l’area di carico. In caso contrario viene sottoposta a esami più approfonditi: ancora ai raggi X e, per i casi più sospetti, con una Tac simile a quella usata negli esami medici». Superati i controlli, le valigie continuano a viaggiare sul nastro (o su particolari vassoi motorizzati) finché non vengono smistate (da un sistema automatico di scanner ottici) verso il molo di carico previsto per quel volo. A questo punto un addetto le colloca su speciali contenitori, attraverso i quali verranno poi caricate in stiva. Prima, però, un addetto le scansiona con un lettore ottico e verifica che nel frattempo il proprietario abbia mostrato la carta d’imbarco e sia effettivamente a bordo. In caso contrario il bagaglio viene scaricato. Un controllo grazie al quale sarebbe stato evitato l’attentato del 1988 a Lockerbie, quando un ordigno nascosto in una valigia fece esplodere in volo un Boeing 747. Le indagini dimostrarono infatti che il terrorista, dopo aver consegnato la valigia al check-in, non si era presentato all’imbarco e aveva abbandonato l’aeroporto.

IN ROTAZIONE. Già pronti al decollo? Tutt’altro. Proprio mentre le valigie si muovono nel labirinto che le porterà alla stiva e i passeggeri attraversano il controllo al metal detector, in una sala briefing riservata, i piloti e gli altri membri dell’equipaggio sono riuniti per consultare il piano di volo. «È il documento, stilato qualche ora prima dall’Operation Control Center della compagnia» spiega Valter Nofroni, che è al comando di quello Alitalia a Fiumicino che gestisce i 700 voli quotidiani della compagnia. «Il piano di volo deve essere approvato dall’ente che controlla il traffico aereo (in Italia si chiama Enav) e contiene tutte le informazioni su rotta, peso dell’aereo, carburante richiesto...». Nel Control Center delle compagnie, sono inoltre stabiliti i turni degli equipaggi e le rotazioni degli aeromobili, altro rompicapo la cui soluzione viene affidata a software dedicati. «La pianificazione» spiega Nofroni «deve tenere conto di diversi aspetti: gli equipaggi dopo un certo numero di ore sono obbligati a riposare (sono i "limiti di impiego", spesso all’origine di conflitti sindacali tra personale di volo e compagnie, ndr) e anche gli aerei hanno rigidi criteri di rotazione per i controlli giornalieri di manutenzione». Ecco perché a volte, tra un volo e l’altro, vediamo cambiare la composizione della squadra o il tipo di aereo impiegato.

QUI COMANDO IO. Dopo aver controllato la documentazione dell’aereo e consultato gli aggiornamenti meteo, comandante e assistenti di volo salgono a bordo. A dirla tutta, chi comanda davvero durante questa fase, si trova a terra, nel piazzale. Si chiama agente di rampa: è quello che indossa una cuffia, collegata con un cavo al muso dell’aereo, che gli consente di parlare col pilota durante le fasi pre-decollo.
«Il suo compito» spiega Alberto Morosi, della direzione operazioni di Malpensa «è coordinare l’imbarco dei bagagli e dei passeggeri, il rifornimento di carburante, le pulizie di bordo... Se c’è da fare qualche piccola riparazione, richiede l’intervento dei tecnici». La grande manutenzione programmata per legge, con scadenze e numero di ore volate diverse per ogni tipo di aereo, si effettua in hangar presenti solo in alcuni aeroporti.
Quando l’agente di rampa ha scorso la sua check list (che termina con la chiusura del portellone e la rimozione delle scale) va su un altro piazzale e ricomincia con un nuovo aereo.

SCAMBIO DI AEREI. Intanto, da qualche minuto, il pilota è in contatto radio con i controllori della torre Enav, la squadra che dirige il traffico degli aerei sulla pista e nello spazio di cielo circostante. Un primo controllore lo autorizzerà a mettere in moto l’aereo, un altro lo guiderà nel rullaggio verso la posizione di attesa prima dell’ingresso in pista, finché l’ultimo darà l’autorizzazione al decollo. È la fase che chiamano "taxi". «Il nostro compito» spiega Giovanni Giarratano, responsabile della torre di Malpensa «è assicurare a ogni aereo un movimento ordinato, fluido e sicuro rispetto gli altri. Abbiamo a disposizione tecnologie che, integrando i segnali provenienti dai radar e da un sistema di antenne a terra, oltre che da codici inviati dagli aerei stessi, ci mostrano a video il quadro della situazione con la posizione esatta di ogni aereo. Ma gran parte dell’osservazione avviene a vista, magari con l’aiuto di un binocolo». Dopo aver instradato e seguito l’aereo fino alla quota prevista (per circa 4 minuti), la torre lo dà virtualmente in custodia a uno dei Centri di controllo d’area (seguono le rotte da postazioni remote, in Italia sono 4 e si suddividono il territorio nazionale), che a sua volta restituisce alla torre il controllo di un aereo in avvicinamento. A terra ormai è un film già visto il coordinamento ha già stabilito in quale piazzola dovrà parcheggiare, l’agente di rampa sta consultando la lista delle operazioni, gli addetti ai bagagli si posizionano con i carrelli... Come in un box di Formula Uno. Solo che qui le persone coinvolte sono migliaia e il tutto dura un giorno intero.
Roberto Graziosi