Christian Rocca, IL 20/6/2013, 20 giugno 2013
L’ANTIALVEARISMO E LA FUNZIONE CIVILE DELLA LETTERATURA
Per fortuna c’è la letteratura. Una giornata su Twitter non passa mai senza dover scrivere una o due volte «smamma, scemo» oppure «smamma, troll», e poi bloccare l’accesso all’account @christianrocca a disturbatori, insultatori, arrabbiati col mondo. Questa agguerrita parte del popolo della Rete non sa articolare un pensiero, non sa scrivere in italiano, non sa niente di niente ma sente lo stesso il bisogno impellente di volerlo comunicare.
Un importante giornalista televisivo – con la professionalità di chi aveva intuito il fenomeno e la furbizia di chi voleva aumentare gli ascolti – ha dato grande spazio a chi ha costruito consenso su questi campioni della tastiera, ma alla fine c’è rimasto sotto: ha provato a farli ragionare, ma poi ha ceduto, sconfitto, e ha abbandonato Twitter.
Ora immaginate se costoro andassero al potere. Non loro in quanto tali, ma loro e il principio della democrazia partecipata del clic. Ecco che qui arriva in aiuto la letteratura: un formidabile romanzetto civile appena uscito per Bompiani, La mentalità dell’alveare, affronta questa ipotesi raccontandola dalla parte di gente perbene, dei militanti, di chi ci crede. L’autore è Vincenzo Latronico, scrittore ventinovenne che avete letto spesso su queste colonne.
Ciò che racconta Latronico purtroppo non è solo fiction: un assaggio di questo possibile scenario si è visto alle cosiddette Qurinarie, le votazioni online del Movimento 5 Stelle per scegliere il candidato alla Presidenza della Repubblica (e poi fatte misteriosamente ripetere non si è mai capito bene perché). Aveva vinto Milena Gabanelli, che ci ha pensato una notte e poi ha declinato l’offerta (e qualche settimana dopo è stata accusata di ogni abominio possibile dagli stessi che la volevano presidente). Poi, dopo aver scartato il secondo classificato Gino Strada (ogni tanto una cosa buona la fanno anche loro), la Casaleggio Associati ha puntato sul giurista Stefano Rodotà, già vicepresidente della Camera 21 anni fa, nella Prima Repubblica.
Quando il nuovo Parlamento ha scelto, con ampia maggioranza bipartisan, di rieleggere al Quirinale Giorgio Napolitano, il medesimo popolo della rete, aizzato dal capo comico, ha gridato al complotto, al golpe, al magna-magna. Nel delirio sembrava che l’elezione di Napolitano fosse una ferita alla Costituzione, quasi che il voto maggioritario del principale organo deliberativo della Repubblica non contasse nulla. No no no, diceva il manipolo di cittadini portavoce del popolo della rete: è un tradimento della volontà popolare. Il popolo, la Rete, il mondo vogliono Ro-do-tà.
Qualche tempo dopo si è scoperto che i voti per Rodotà sono stati soltanto 4.677 (quattromilaseicentosettantasette), meno di un quarto dei miei follower su Twitter. Una cosa ridicola, eppure è diventata argomento serio di dibattito politico. Quattromilaseicentosettantasette misteriosi clic depositati presso la Casaleggio Associati contro un voto a maggioranza qualificata delle Camere riunite in seduta comune. Un’allucinazione collettiva senza precedenti. L’Italia di oggi è anche questa cosa qui e bene dunque ha fatto Latronico a immaginarsi dove potrebbe andare a parare.
Alle Amministrative di fine maggio, però, è tornata un po’ di luce. Gli italiani hanno seguito per un paio di mesi i cittadini-portavoce in tutta la loro straordinaria inadeguatezza, ben rendicontata dalla vicenda aspra degli scontrini di civiltà, e il fenomeno si è ridimensionato. Sono di nuovo arrivati terzi, eh. Esattamente come alle elezioni politiche, solo che questa volta con percentuali a cifra singola invece che con il 25%. L’implosione ha colpito anche l’ex eroe Rodotà, malamente scaricato.
Siamo dunque al sicuro? No. Intanto perché i due schieramenti momentaneamente alleati al governo del Paese non hanno ancora prodotto un cambiamento e, in generale, perché non sono molto credibili. Ma vedremo.
La mentalità dell’alveare è un pamphlet antifascista in stile narrativo. Latronico racconta una società controllata e guidata dal sospetto, dalla paranoia, dall’ignoranza. Dalla democrazia digitale. Un incubo, anche per i seguaci più leali e in buona fede. Non è molto distante dalla realtà raccontata ogni giorno dai quotidiani nazionali.
Se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi: il romanzo di Latronico è una cartolina da un’Italia totalitaria del 2014 così come 1984 di George Orwell racconta, proiettato nel futuro, il totalitarismo del secolo scorso. Qui, da noi, restiamo sempre dentro i confini dell’eterna commedia all’italiana, ma guai a non prenderla sul serio. Ricordate Lo scherzo, il primo libro di Milan Kundera? Non si scherza, in questi casi. C’è poco da ridere, ed è questa la funzione della letteratura civile.