Paolo Bianchi , Libero 20/6/2013, 20 giugno 2013
GLI SVARIONI STORICI DALLA MELA DI EVA ALLA REPLICA DI SUKUZI
La mela dello scandalo, quella che Eva offrì a Adamo, secondo la tradizione, non era una mela. Ohibò, e chi lo dice? Intanto, chi non lo dice. La Bibbia, per esempio, non lo dice. E se non ci credete, andate a controllare. Dio dice ai due malcapitati di tenersi al largo dall’albero «della conoscenza del bene e del male», e più avanti si narra di Eva che coglie «il frutto» e ne mangia. Niente mela. La convinzione che quel frutto fosse una mela potrebbe essere dovuta a un errore di traduzione dal latino, lingua in cui l’Antico Testamento fu tradotto dall’ebraico. E che nel corso delle copie, la parola malum, «male», identica a malum, «mela», tranne che per un segno vocalico facile da lasciarsi scappare, abbia finito per indicare direttamente il ben noto pomo.
Tradurre è tradire, anche secondo l’etimologia. La storia della traduzione è dunque una storia di tradimenti. Con conseguenze che a volte hanno fatto solo sorridere, altre hanno condotto alla catastrofe. Per rendersene conto basta scorrere il volume 111 errori di traduzione che hanno cambiato il mondo di Romolo Giovanni Capuano (Nuovi Equilibri/Stampa Alternativa, pp. 240,euro 15). Si tratta di un gran bel vademecum tra le cantonate prese da interpreti e traduttori in varie epoche storiche e svariati contesti, così da metterci sull’avviso: attenzione a quello che si dice, ma anche a come viene interpretato.
Altro caso di scivolone evangelico: Ecce Homo, l’affermazione di Ponzio Pilato, «Ecco l’uomo!», con cui Cristo viene consegnato alla sua Passione, e che ha determinato tutta una tradizione iconografica, con migliaia di dipinti a fermare quel momento, non è di Pilato. Se ne accorse Salvatore Quasimodo traducendo il Vangelo di Giovanni dal greco. Lì c’è solo idou anthropos, che vuol dire semplicemente «eccomi». Insomma, è Cristo a farsi avanti, non è una differenza da poco. È lui a definirsi uomo, il figlio del falegname. Che poi forse non era un falegname, ma questa è un’altra storia ancora.
Veniamo a tempi più recenti. Drammatici. Le bombe atomiche. Quando il presidente Usa Harry Truman lancia l’ultimatum al Giappone, il premier Kantaro Suzuki risponde «mokusatsu», parola che ha due significati: «ignorare con disprezzo» o «non commentare ». Stava prendendo tempo in attesa delle decisioni dell’esercito. Ma passò l’interpretazione col primo significato e furono sganciati gli ordigni. Ecco che cosa succede a non essere chiari. Il libro fornisce una serie esilarante di equivoci su patti e trattati internazionali, dove ognuno capisce quel che gli fa comodo e traduce di conseguenza.
Meno esilarante, anzi sbalorditiva, la lista di alcuni clamorosi errori giudiziari, in cui le traduzioni da lingue straniere sono state spesso complicate dal contesto di intercettazioni telefoniche. Paradosso dei paradossi: l’attuale parola «tradurre» è frutto essa stessa di un errore di traduzione. Quando si dice una bella metafora. Ecco insomma lo scherzo di Dio quando distrusse la Torre di Babele e confuse le lingue degli uomini. Sempre che sia avvenuto davvero così, e che sotto sotto non ci sia qualche altro errore di traduzione.