Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La corsa americana finisce nella notte di dopodomani, martedì 6 novembre, primo martedì dopo il primo lunedì del mese. E non si sa ancora se vincerà Obama o vincerà Romney. È soprattutto impressionante constatare la distanza che c’era tra il presidente e il suo sfidante un mese fa e questo arrivo adesso in volata, determinato dalla vittoria repubblicana in tv nel primo faccia a faccia e da una svolta nella campagna elettorale di Romney, che ha smesso i toni estremi della scorsa estate e s’è presentato in una veste meno spinta, tutore degli interessi della classe media, accusatore degli sprechi di denaro pubblico, garante di un sistema fiscale meno oppressivo. Gli stati decisivi sono al momento Ohio, Florida, Virginia e Wisconsin. La chiave della corsa sembra in definitiva la Florida, dove si sta già votando, lo stesso stato dove si finì ai riconteggi nell’epoca dello scontro tra Al Gore e Bush junior, con vittoria di quest’ultimo per poco più di 500 voti. C’è anche il terrore dei brogli: nella Broward County, a nord di Miami, sono sparite 1003 schede già votate (il quartiere è a stragranda maggioranza afroamericano), nella Palm Beach County 30 mila schede sono state stampate male e gli scrutatori le dovranno riscrivere a mano. I democratici, proprio in Florida, stanno facendo una propaganda assillante, inseguendo gli elettori fino ai seggi. La confusione è aumentata dal fatto che, mentre scelgono il presidente, gli elettori devono anche votare per 11 referendum proposti dai parlamentari della maggioranza.
• La storia degli stati decisivi dipende dal loro sistema elettorale, no?
Esatto, lo abbiamo già spiegato. Il voto è spezzettato nei vari stati, chi prende anche un voto più dell’altro in uno stato si aggiudica l’intero consesso dei grandi elettori di quello stato, uomini e donne che andranno a perfezionare l’elezione alla fine dell’anno. Quindi – è capitato – tu puoi avere magari più voti nell’intero territorio, ma perdere la Casa Bianca perché il tuo avversario ha conquistato più stati. È per questo che Florida (29 grandi elettori) e Ohio (18) sono decisivi. I grandi elettori sono 538, per vincere bisogna aggiudicarsene 270. Gran parte degli stati votano sempre democratico o repubblicano, per esempio California e New York sono sempre democratici, il Texas è sempre repubblicano. Quindi ci si disputa, in realtà, 100-150 voti, quelli che possono andare o all’uno o all’altro.
• Ultimi discorsi della campagna?
Obama punta fortemente sul buon risultato d’immagine conseguito con l’uragano Sandy, quello che in qualche modo lo conferma Commander in Chief. «La tempesta è passata, ma la ripresa sarà una strada lunga e difficile. C’è molto lavoro da fare, e dobbiamo farlo insieme. Come presidente vi prometto che il Paese sarà con voi per tutto il tempo che servirà per la ripresa e per la ricostruzione. S’è trattato di una delle peggiori tempeste della storia. Ma noi saremo con le popolazioni colpite fino a quando non sarà tornata la normalità. Ora è il momento in cui gli americani devono restare uniti perché si possa ricostruire e ritornare più forti di prima». A New York la luce è mancata fino alla notte tra venerdì e sabato. Niente computer, niente ascensori, niente acqua, ecc. «Noi siamo americani. E quando arrivano tempi duri, noi siamo ancora più duri. Noi mettiamo il prossimo avanti a tutto. Noi apriamo i nostri cuori e le nostre case agli altri, come una sola famiglia americana».
• E Romney?
Discorso in New Hampshire, sempre all’attacco. «Non rappresenterò solo un partito, rappresenterò una nazione». In uno spot lo si vede affermare: «Obama ha chiesto di votare democratico per vendetta (revenge
, potrebbe anche tradursi “rivincita”). Invece io chiedo al popolo americano di votare per il nostro paese». «Il New Hampshire mi ha dato la nomination repubblicana e il New Hampshire mi darà la Casa Bianca».
• I sondaggi?
“Tampa-Bay Times” e “Miami Herald” dànno Romney avanti in Florida per 51 a 45. Nbc/”Wall Street Journal” vedono primo Obama sia in Florida (51 a 45) che in Ohio (51 a 47). RealClearPolitics fa la media dei sondaggi e dà questo risultato: Romney avanti in Florida per 49,1 a 47,9; Obama primo in Ohio per 49,3 a 46,4. Rasmussen dice che a livello federale stanno 48 a 48. Ipsos, sempre a livello federale, dà Obama in vantaggio 47 a 46.
• Insomma, potremmo ritrovarci col riconteggio dei voti, come nel 2001.
Il caso più clamoroso non è quello del 2001, ma quello del 1876: il candidato democratico Samuel J. Tilden aveva vinto con 250 mila voti di vantaggio, ma il repubblicano Rutheford Birchard Hayes fece ricorso contestando lo scrutinio in Louisiana, South Carolina, Oregon e naturalmente Florida. La commissione elettorale, insediata dal Congresso, gli diede ragione e Tilden, illuso da una vittoria tanto larga, dovette invece lasciare la Casa Bianca al rivale.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 4 novembre 2012]
(leggi)