Jacopo Iacoboni, La Stampa 04/11/2012, 4 novembre 2012
TONINO E LA POLITICA IN GINOCCHIO DAVANTI AL FATTORE-CROZZA
[“Killeraggi, persino tu”. Pure un comico benevolo spaventa] –
Sfottere Di Pietro è facile, prendere sul serio Crozza, meno.
Ormai nella politica italiana ha assunto una funzione supplente anche ciò che è assolutamente benevolo, verso la politica, le performance di alleggerimento di Crozza nel paese delle meraviglie (o quelle a Ballarò). In altri anni eravamo abituati a comici urticanti alla Grillo e Luttazzi, ma bisognava essere dei geni come Pippo Baudo per scoprirli e mandarli in tv. Poi ci siamo assuefatti alla scuola di satira-Zelig, gli intrattenitori ameni, e in quel ramo Crozza è sempre stato the best, basta ricordare il minuetto gentilissimo che dedicò in tv a Veltroni, per il quale pure aveva coniato lo sfottò del «ma-anche». Eppure è da un po’ che, complice una politica zombizzata, ha cominciato a far paura persino lui. Ieri Antonio Di Pietro lamentava che anche Crozza gli ha alimentato un «killeraggio» contro, ma innanzitutto osservate come gliel’ha detto, con quale timidezza, neanche si stesse riferendo a un potente, non a un comico: «Se persino una persona come te contribuisce a divulgare, in perfetta buona fede, le bugie dette in questi giorni...». In Italia, ha proseguito Tonino, «come sai» (ci mancherebbe ), «non solo i politici rispondono a interessi di fazione ma anche giornalisti, conduttori e persino uomini e donne di spettacolo si prestano spesso a operazioni di killeraggio per conto del padrino politico di turno». Per chiosare con una frase, quella sì, da vero comico, non da comico del potere: «Sul mio conto, anzi sui miei conti ( geniale ), a te, come a milioni di altri italiani, sono state raccontate grandissime e sfacciate bugie».
E per quanto sballate e recriminatorie, le parole colgono però un punto: col loro tono intimidito dimostrano l’abnorme importanza (comica , appunto) che gli ex potenti hanno finito per attribuire a un guitto (autodefinizione di Crozza). Soprattutto mettono il dito su un ennesimo fenomeno della crisi della politica, il fattore C., alias crozzismo.
Si tratta del totale, terminale ribaltamento della politica cabaret, per cui non sono più i comici a imitare (e sfottere) i politici, ma i politici a imitare i comici, e senza sfotterli. Crozza fa l’imitazione iperbolica di Bersani? Il segretario del Pd in campagna elettorale se ne appropria e lo imita a sua volta, «abbiamo smacchiato il giuaguaro!» (dopo la vittoria di Pisapia), «siamo mica qui a insegnare la macarena alle anguille», «oh ragazzi, siam pazzi? Siam mica qui a pettinare le comete...» (che venne anche stampato sulle magliette per Pierluigi). Crozza ribattezza Berlusconi «Al Tappone»? Il Cavaliere anziché fregarsene arriva a lagnarsi, in un consiglio dei ministri all’indomani della sconfitta disastrosa nei referendum del 2011, che il calo di consensi è «colpa di Annozero, di Ballarò e di quel Crozza su La 7».
Eventi lunari, autoparodie di parodie che già in partenza non facevano male a nessuno. Non importa che Crozza indovini alcune battute, il Monti-robot, o ancora Bersani che a Parma dice il Pd non ha perso, «ha non vinto», o l’imitazione di Casaleggio (unico che però non insegue a sua volta il comico); importa che non s’è mai sognato di essere un potere, solo un intrattenitore del potere. A chi lo accostava a Grillo disse, cinque anni fa, «Beppe è un amico, lo stimo da sempre. E’ la persona più simpatica e informata del mondo, ma io non ce la faccio a essere come lui, fondamentalmente resto un cazzone».
Anche di questo, però, hanno ormai paura i politici. Ma tranquilli, Crozza non farà politica: per quello devi essere un comico cattivo, non fare finta.