Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 4/11/2012, 4 novembre 2012
“HO FATTO CAUSA ALLO STATO MA DICE CHE È SENZA SOLDI”
Non possiamo pagare, non abbiamo i soldi. E’ questa la la preoccupante difesa della Repubblica italiana in una causa intentatale da un imprenditore per alcuni milioni di rimborsi Iva che l’erario si rifiuta di rendergli. La storia riguarda Ambrogio Invernizzi, presidente di Inalpi, azienda del settore lattiero-caseario di Moretta (Cuneo), e riguarda i debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese: complessivamente una cifra attorno ai 90 miliardi di euro. Un debito che nel bilancio dello Stato non risulta: per le regole europee fino a che i soldi non escono dalle casse dell’erario non vanno registrati come passività. I crediti fiscali che l’Agenzia delle Entrate dovrebbe restituire sono un capitolo ancora più inquietante: da un paio d’anni i governi li usano come un bancomat, la liquidità con cui fanno girare la macchina dello Stato.
Torniamo alla storia di Invernizzi: la sua Inalpi compra latte italiano, lo lavora e ne fa formaggi, filanti per pizza, burro e via dicendo. Oltre cento dipendenti, un fatturato che nel 2011 superava i 110 milioni di euro, un portafoglio clienti in cui figurano le grandi multinazionali del settore. Tutto bene? Quasi. L’attività nel settore lattiero-caseario, infatti, produce strutturalmente crediti Iva: si compra la materia prima con l’aliquota al 10%, si rivende il prodotto finito con quella al 4% e, visto che l’Iva è un’imposta che per le imprese deve essere neutra (lo dice la legge) lo Stato deve ridare indietro quel 6% in più che ha incassato. “Per noi – spiega Invernizzi – questo genera crediti per 600 mila euro al mese: prima ce li ridavano ogni 180 giorni, dal 2010 s’è fermato quasi tutto”. La cosa comincia a pesare sui conti dell’azienda: “Le banche hanno smesso di farci credito sul-l’Iva, tempi troppo lunghi, e abbiamo dovuto fare accordi con gli allevatori per pagarli a due mesi anziché a uno”. L’erario deve ad Inalpi oltre otto milioni di euro: “Non avrei problemi se acquistassi latte straniero: in quel caso l’Iva sarebbe già sterilizzata”.
INVERNIZZI ha maturato l’idea di una class action contro lo Stato per riavere non solo i soldi ma anche i danni (ad esempio gli interessi passivi accumulati per i ritardi): ha fondato un’associazione - NordOvest 2020 - e chiesto ai suoi colleghi di aderire. É finita che la causa, a maggio, l’ha fatta da solo: “Questo è il Paese dei capitani coraggiosi…”. Perché a dare fastidio allo Stato, come minimo ti becchi un’ispezione della Finanza: “Noi siamo a posto, vengano pure”.
Venerdì c’è stata una prima udienza davanti al tribunale civile di Roma: Ivernizzi, tramite l’avvocato Stefano Grassani, chiedeva – in attesa della decisione sui danni – il pagamento immediato del dovuto. La sentenza arriverà nei prossimi giorni, ma la difesa messa a verbale dall’Avvocatura dello Stato per conto dell’Agenzia delle Entrate è questa: non abbiamo i soldi per pagare i rimborsi. “L’effettivo pagamento dei rimborsi risente non solo del dovere di rispettare l’ordine cronologico – si legge nella memoria – ma anche della periodicità e della consistenza dei fondi messi a disposizione dagli agenti della riscossione… In particolare la consistenza di tali fondi risente della pianificazione finanziaria del ministero dell’Economia”. Per il momento, informa l’Agenzia delle Entrate, si può sapere solo che - sulla base della convenzione col Tesoro - “il risultato atteso per il 2012 è quello di istruire l’80% dei rimborsi Iva fino all’anno d’imposta 2010 e il 25% del 2011”. Qualche paragone: a Londra l’Iva la rimborsano a due giorni, a Bruxelles in venti, in Lettonia in un mese, in Grecia in due. Commento dell’avvocato Grassani: “Poi non si lamentino se le aziende se ne vanno all’estero”. Commento di Ambrogio Invernizzi: “I soldi per i contributi ai partiti però li trovano”.