Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 04/11/2012, 4 novembre 2012
I PRESUPPOSTI DELLA GRANDE GUERRA
Pochi sanno che all’interno del Vittoriano, dove il 4 novembre del 1921 la salma del Milite Ignoto fu deposta in una cappella costruita con le pietre provenienti dal fronte della Grande Guerra, esiste un altro importante monumento ai caduti. È costituito dai venticinquemila fascicoli personali relativi ai morti in trincea: ognuno contiene l’atto di nascita, quello di morte, il ritratto, alcuni cenni biografici con l’aggiunta di eventuali lettere manoscritte o stampate. Insieme alle cartoline, ai quaderni delle scuole del fronte, ai giornali di trincea, agli opuscoli di necrologio, fanno parte del cosiddetto Fondo Guerra, istituto alla fine del conflitto e oggi conservato nel Museo centrale del Risorgimento. Una parte consistente del fondo è rappresentata dalle fotografie. Racconta Marco Pizzo, vicedirettore del museo, che nel 1917 l’esercito italiano impegnava sul fronte quasi seicento foto operatori, i quali inviarono circa centocinquantamila lastre ai vari comandi centrali. A queste si aggiungevano i filmati realizzati dai cineoperatori di guerra. Uno dei più importanti tra loro fu Luca Comerio, unico civile, insieme ai suoi aiutanti, autorizzato a filmare e fotografare gli scenari della Grande Guerra. Per potersi muovere più agevolmente da un fronte all’altro e proteggere se stesso e le delicate lastre fotografiche, si era fatto costruire una speciale auto blindata da un certo ingegner Navarro. La raccolta di questi documenti all’interno del museo non finì con la conclusione della guerra, ma proseguì fino agli anni Trenta del secolo scorso mediante singole donazioni o lasciti. Adesso dovrebbe confluire in un portale web, grazie al progetto culturale europeo denominato Europeana. Provengono anche da qui alcune delle duecento opere presentate nella mostra «Verso la Grande Guerra», che intende ripercorrere il contesto nazionale e internazionale in cui si determinarono i presupposti del conflitto. L’esposizione raccoglie dipinti, disegni, incisioni, calendari, manifesti dei primi film della storia del cinema, come Cabiria, e pagine di giornali come quella della «Tribuna» che riproduce il discorso tenuto da Giovanni Pascoli nel 1911 per osannare l’opera dei soldati italiani alla conquista di Tripolitania e Cirenaica. In una teca è esposta la divisa di un ufficiale delle colonie italiane in Africa. In un’altra si vedono i pennacchi dei carabinieri presenti all’attentato di Monza al re Umberto I di Savoia. Il percorso espositivo curato da Marco Pizzo e da Romano Ugolini, presidente dell’Istituto per la storia del Risorgimento, si snoda dagli ultimi anni dell’Ottocento all’età giolittiana, dalla crisi della società rurale alla rivoluzione industriale, dal conflitto tra socialisti e cattolici a quello tra neutralisti e interventisti, fino all’unità ritrovata dopo la sconfitta di Caporetto nell’ottobre del 1917. Si passa dal grande dipinto di Angelo Morbelli, intitolato Asfissia, che rappresenta la crisi di fine secolo con la scena di una stanza da pranzo devastata dopo il banchetto, alle fotografie che ritraggono le prime operaie all’interno delle fabbriche o alle illustrazioni per le opere di Gabriele D’Annunzio. Paolo Peluffo, segretario alla presidenza del Consiglio, annuncia che la mostra è la prima di una serie di iniziative sulla Grande Guerra, che culmineranno nel 2015 con eventi in cui saranno coinvolti gli altri paesi europei presenti all’epoca sul fronte: «Ma il sogno più grande è di costruire un memoriale del popolo italiano, raccogliendo in uno spazio espositivo modernissimo una nuova collezione realizzata con oggetti, armi, lettere, disegni, medaglie, fotografie e documenti di quel periodo, inviati dalle persone che finora li hanno conservati in qualche cassetto».
Lauretta Colonnelli