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 2012  novembre 04 Domenica calendario

SONO LE CASSE “VUOTE” A SPINGERE I PARTITI VERSO L’ELECTION DAY

[Le spese pazze impongono ora una campagna più sobria] –
Da qualche giorno gli strateghi di tutti i partiti scrutano l’orizzonte e si interrogano pensosi: meglio votare lo stesso giorno per le Politiche e anche per le Regionali nel Lazio e in Lombardia? Oppure sarebbe meglio trasformare il voto di fine gennaio nelle due Regioni nel supertest decisivo per le Politiche di aprile? Ogni leader si fa i suoi conti ma tutti, nessuno escluso, aggiungono a quello politico un calcolo contabile: per la prima volta nella storia della Seconda Repubblica, i partiti devono fronteggiare un drastico ridimensionamento dei soldi a disposizione. In prospettiva, la campagna elettorale più “povera” degli ultimi anni.
Spauracchio, si fa per dire, che investe anzitutto i due partiti più grandi - o meno piccoli - del sistema: il Pdl e il Pd. L’uno e l’altro hanno speso in questi anni a mani basse, hanno vissuto largamente sopra le proprie possibilità e ora, a circa 100 giorni dalle elezioni, si trovano a dover centellinare gli investimenti. Anche perché sta già producendo i suoi effetti l’autoriduzione decisa cinque mesi fa: a luglio, sull’onda dell’indignazione popolare per l’entità dei rimborsi elettorali percepiti dai partiti a pie’ di lista, dall’estate l’”obolo” pubblico a loro favore si è dimezzato: da 180 a 90 milioni l’anno.
Il primo a far capire che la musica sta cambiando, è stato Silvio Berlusconi. Raccontano che il Cavaliere non abbia alcuna intenzione di buttar troppi soldi per una battaglia elettorale dall’esito pressoché scontato: la sconfitta. Come prima misura “autocautelativa” Berlusconi ha tagliato la fideiussione che “tiene in vita” il Pdl, portandola da 5 a 4 milioni, di per sè già una cifra molto meno impegnativa rispetto ai 178 milioni garantiti a suo tempo dal Cavaliere per la nascita e la “sopravvivenza” di Forza Italia. Ma quel che al Pdl temono è l’effetto incrociato tra più limitate garanzie fideiussorie e la difficoltà di azzardare una previsione attendibile sul risultato elettorale del partito: il 37,4% di quattro anni fa garantiva al Popolo della libertà un plafond equivalente di rimborsi, ma il probabile dimezzamento dei consensi rende molto più guardinghe le banche nell’erogare anticipi. E d’altra parte anche il bilancio ufficiale del 2011 del Pdl annunciava tempesta, visto l’aumento esponenziale dell’entità del debito, cresciuto di 8 milioni e mezzo di euro rispetto all’esercizio precedente, tanto è vero che ad agosto il vice-tesoriere Maurizio Bianconi aveva lanciato l’allarme: «Ora non abbiamo debiti, ma siamo costretti a rivedere ogni voce, perché se andiamo avanti così, rischia di saltare tutto».
Anche il Pd è costretto a “tirare la cinghia”.Certo, sotto la guida del tesoriere chiamato da Pier Luigi Bersani, Antonio Misiani, c’è stata una stretta, un’attenzione a ridure gli sprechi, ma quel che appesantisce il bilancio è la concezione stessa del partito. Il Pd ha una quantità di dipendenti (circa 200) da Pci, da partito della Prima Repubblica, oltretutto con una tendenza alla crescita, anziché ad un fisiologico dimagrimento. Come ha scritto Gabriele De Giorgi su “Qdr”, il settimanale online dei Liberal Pd: «Quale valutazione potremmo trarre, osservando un’azienda che, tra il 2008 e il 2010, nel proprio bilancio porta da 4 a 12 miloni di euro la spesa per i propri dipendenti? Entusiasmo! Però se questa florida realtà non fosse un’azienda ma un partito, istintivamente non mostreremmo lo stesso entusiasmo». La montagna di soldi ricevuti dallo Stato in questi anni alimentano funzionari e strutture periferiche che non hanno eguali nel nostro Paese e che ora, dopo il dimezzamento, dovranno fare qualche “sacrificio”. E anche se Misiani, ogni anno, ha opportunamente accontonato un “tesoretto” da reinvestire in occasione delle elezioni Politiche, anche il Pd sarà costretto a ridimensionare gli investimenti.
Ma alla fine la sorpresa potrebbe essere un’altra ancora. Sostiene Giorgio Stracquadanio, battitore del centrodestra: «Anche se i partiti avessero la stessa disponibilità di risorse di prima. stavoltasarebbero letteralmente obbligati a fare campagne elettorali meno invadenti. Col clima che c’è nel Paese, i partiti e i candidati che si impegnassero in una campagna opulenta e vistosa, finiranno per essere penalizzati. Oramai il contesto è rovesciato e chi ha quattrini da spendere deve star attento all’effetto-rifiuto»