Varie, 4 novembre 2012
Ahmed, 8 anni, e sua sorella Jiahane, 12. Marocchini, fino a pochi giorni fa avevano vissuto a Città di Castello (Perugia) con la mamma Naoual Belgotte, di 34 anni, cameriera in un ristorante, e il padre Mustafà Hajjaji, manovale di 44, da qualche tempo disoccupato
Ahmed, 8 anni, e sua sorella Jiahane, 12. Marocchini, fino a pochi giorni fa avevano vissuto a Città di Castello (Perugia) con la mamma Naoual Belgotte, di 34 anni, cameriera in un ristorante, e il padre Mustafà Hajjaji, manovale di 44, da qualche tempo disoccupato. Poi la donna, stufa di quel consorte geloso e violento che la picchiava di continuo e la trattava «come una schiava», s’era trasferita coi bambini alla periferia di Umbertide. Martedì sera, mentre la consorte era al lavoro, l’Hajjaji andò nel suo appartamento, i bambini gli aprirono la porta e lui, che s’era portato appresso due taglierini, con quelli li sgozzò entrambi dentro al bagno. Poi in una lettera scrisse in arabo «ho fatto quel che ci vuole», su una parete, col sangue dei figli, sempre in arabo scrisse «ti amo», e poi afferrato uno dei taglierini si segò le vene dei polsi, si ferì alla pancia e in petto, telefonò alla moglie per dirle con un fil di voce che si stava ammazzando e invece non riuscì a morire perché fu salvato dai carabineiri che in bagno lo trovarono svenuto sul pavimento accanto ai cadaveri dei bambini rannicchiati uno sopra all’altro. Verso le 22.45 di martedì 6 novembre in un appartamento in via Gabriotti a Umbertide (Perugia) come si chiama moglie?