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 2012  novembre 04 Domenica calendario

Chi l’avrebbe detto? Anche la Lady di Ferro aveva un lato materno - Ci manca solo il racconto di quando fece la crostata di fragole per le sue guardie del corpo, impalate al freddo nel gelido corridoio della sua casa di campagna a Chequers, nel Buckinghamshire, e il quadro sa­rebbe completo

Chi l’avrebbe detto? Anche la Lady di Ferro aveva un lato materno - Ci manca solo il racconto di quando fece la crostata di fragole per le sue guardie del corpo, impalate al freddo nel gelido corridoio della sua casa di campagna a Chequers, nel Buckinghamshire, e il quadro sa­rebbe completo. Ma abbiamo il ca­ro ricordo di quando pulì loro le scarpe e rassettò il loro alloggio, decorandolo con le candeline e i festoni di Natale per farli sentire «a casa» in un mo­mento in cui a casa, con mogli e figli, avrebbe­ro voluto esser­ci davvero. Margaret Thatcher, la «Lady di Fer­ro », come non­na Papera? Ma siamo sicuri? Cioè: stiamo davvero parlan­do della genera­lessa della guer­ra alle Falkland (1982), del braccio di ferro con i minatori (’84-’85) e della geli­da giocatrice di scacchi durante la Guerra Fredda? Ebbene, sembra di sì. Parola del detective Barry Strevens, che per vent’anni fu a ca­po delle sue guardie del corpo. Ob­bedendo all’irresistibile impulso che costringe maggiordomi, giar­dinieri, maggiori dell’Esercito e dame di compagnia inglesi a svela­re i lati nascosti delle celebrities con cui hanno avuto a che fare, an­che il detective Strevens è passato a far parte dell’amena compagnia. Ed ecco questo strambo libro di memorie in cui rivela ai sudditi di Sua Maestà britannica un inso­spettato e insospettabile «lato ma­terno » - dunque femminile e perfi­no «casalingo» - di una donna di fronte alla quale anche gente del calibro di un Mikhail Gorbaciov stava con due piedi in una scarpa. Libro affettuoso, si direbbe, che invece di offuscare un mito finirà per rafforzarlo. Non furono subito rose e fiori fra la Lady di Ferro- og­gi ottantaseienne, malata di Alzhe­imer e di una serie di altri malanni privilegio dell’età - e il detective Strevens. «All’inizio, quando mi dissero chi avrei dovuto protegge­re, il morale mi cadde sotto le scar­pe », ricorda Strevens in un artico­lo scritto per il Sun . La signora Mar­garet aveva già il suo bel curri­culum e il suo bel carattere, ma in­somma: era pur sempre una don­na, lascia intendere Strevens. O al­meno così sembrava, all’apparen­za. Anche se quella frase che le ave­va sentito pronunciare una volta, durante un comizio in una cittadi­na sul mare, lo aveva in qualche modo rincuorato. Disse: «Io non sono dura. Sono terribilmente morbida. Ma non persisterò nell’ esserlo». Però un conto era la Thatcher pubblica e un altro quella per così dire privata. Quella che, chissà, lo diciamo per assurdo, dopo averci fatto una coppia di gemelli magari avrà dato anche un bacetto di tan­to in tanto a suo marito, l’invisibile sir Denis. Donna gentile, premu­rosa, al limite dell’affettuoso, dun­que. Per esempio: quella volta che un sergente era entrato distratta­mente in casa portandosi appres­so il cane lupo che aveva allegra­mente infangato pavimento e tap­peto. Ebbene: invece di sbranarlo con uno dei suoi celebri cazziato­ni, la dolce Margaret - quella stes­sa Margaret Hilda Thatcher nata Roberts, baronessa di Kesteven che con un’occhiata avrebbe mes­so in soggezione anche una cop­pia di dobermann­sfoderò un sor­riso, e armata di spazzola e sapone si mise all’opera. Però quel Natale a Chequers, vuoi mettere? Quel Natale resta in­dimenticabile, scrive la guardia del corpo della baronessa Tha­tcher. Di regalo lui ebbe una scato­la di biscotti, una caraffa di caffè bollente e una bottiglia di whisky in miniatura (braccino corto? so­brietà? ansia da tagli al bilancio? Strevens non dice). Mentre sul ca­minetto c’era, diretto a lui, un bi­glietto d’auguri con la scritta: «Gra­zie per tutto quello che fa». «In quel momento-ricorda il detecti­ve- ho capito che non avrei esitato a interpormi fra lei e un proiettile a lei diretto». A modo suo, tuttavia, la Tha­tcher che abbiamo conosciuto in quegli anni non era poi così mor­dace. Era solo obiettiva, forse. Co­me quella volta in cui disse: «Esse­re potenti è come essere donna. Se hai bisogno di dimostrarlo vuol di­re che non lo sei ». Obiettiva e fran­ca, come quell’altra volta in cui spiegò ai suoi compagni di partito cos’è un conservatore: «Se un con­servatore non crede che la proprie­tà privata è uno dei principali ba­luardi della libertà individuale, al­lora avrebbe fatto meglio a diven­tare socialista e farla finita». In­somma, ci mancherà, già ci man­ca, sia nella versione uno che in questa inedita versione due.