Chiara Guasco, Il Messaggero 4/11/2012, 4 novembre 2012
VELTRI: 100 MILIONI DI FINANZIAMENTI FINO AL 2012. È TEMPO CHE TONINO CHIARISCA
Alla fine, tra la Lega di Bossi e l’Idv di Di Pietro non c’è una grande differenza. «Quando non ci sono controlli, quando un segretario ha potere assoluto sulle candidature e sulla cassa, è così che va a finire. Entrambi sono partiti personali, con una grande caratterizzazione da parte del leader». Elio Veltri, una laurea in medicina e chirurgia, primo sindaco d’Europa a chiudere il centro storico della sua città (Pavia), se ne andò sbattendo la porta dal Psi nel 1981 e vent’anni dopo ha fatto lo stesso con l’Italia dei valori, di cui è stato fondatore. Perciò ora può dire: «Di Pietro è finito e lui lo sa».
A travolgere l’ex magistrato di Tangentopoli è la gestione dei finanziamenti pubblici e le proprietà intestate a lui, alla moglie e ai figli. «In tempi non sospetti gli consigliai di convocare una conferenza stampa e portare tutti i documenti, avrebbe risolto la questione in mezz’ora. Adesso deve spiegare per ciascun immobile, terreno o cantina che sia, come li abbia ottenuti». Non solo: deve anche raccontare come sono stati spesi i soldi dei rimborsi elettorali che passavano attraverso l’associazione costituita dallo stesso Di Pietro, da sua moglie Susanna Mazzoleni e dalla tesoriera e deputata Silvana Mura. «Di Pietro sostiene che associazione e partito sono la stessa cosa, in realtà sono entità distinte», afferma Veltri. «Fino al 2012 l’Idv ha incassato 100 milioni di euro in rimborsi e nessuno può dire che la maggior parte non sia finita al partito. Ma perché allora, nell’interesse dello stesso leader, non fare chiarezza subito?».
Ora, sostiene l’ex vicepresidente del movimento, il tempo è scaduto. «Di Pietro è in campo da vent’anni, è giusto uscire di scena in questo momento». Differenze tra il magistrato di allora e il politico di oggi? «Non voglio dare giudizi. Dico solo che se avesse ascoltato almeno la metà dei miei suggerimenti, non sarebbe arrivato a questo punto. Non mi piaceva la gente che entrava nell’Italia dei valori. Tu volevi un partito di duri e puri, mi diceva scherzando. Lui invece ha spalancato le porte a persone di modeste capacità o ad avventurieri, a gente che capiva che il movimento avrebbe avuto successo e cercava una sua collocazione. Di Pietro è stato il capo dell’inchiesta Mani pulite, aveva un patrimonio di credibilità nazionale e internazionale da difendere».
L’alleanza con il Movimento 5Stelle può salvarlo politicamente? «Grillo prima non ha voluto Di Pietro come alleato, poi mette sul piatto una proposta irrealizzabile come la presidenza della Repubblica. In realtà vuole solo portargli via i voti. Di Pietro è in difficoltà, ma non è certo fesso».