Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Elsa Fornero vorrebbe che lo Statuto dei Lavoratori, nella nuova versione varata l’ultimo giorno di maggio dal Senato, fosse applicabile anche ai dipendenti pubblici. Sembrerebbe un’ovvietà, ma nel 1970, quando lo Statuto dei lavoratori venne approvato con l’astensione del Pci, si escluse esplicitamente l’applicabilità al pubblico impiego. Adesso però c’è il seguente punto: la riforma del mercato del lavoro ammette adesso che i lavoratori dipendenti possano essere licenziati, sia pure con un certo numero di tutele. Estendere questa riforma anche agli statali, significa perciò ammettere che un dipendente pubblico possa essere licenziato. Nella religione civile che in Italia informa la legislazione sui rapporti tra datore di lavoro e lavoratore questa è una bestemmia assoluta, un’idea al limite dell’inconcepibile.
• Sentiamo la Fornero.
La ministra si trovava in visita al Centro per l’impiego di via Bologna a Torino. I giornalisti l’hanno interrogata sul punto e lei ha risposto: «Auspico che ci sia il più possibile parità di trattamento tra i lavoratori del pubblico impiego e quelli del privato. Non ho mai detto che voglio licenziare e credo che questo auspicio debba essere preso in considerazione. La riforma si chiama “del mercato del lavoro” ed è in una prospettiva di crescita. C’è una delega sul pubblico impiego che appartiene a un mio collega di governo, che se ne sta occupando e io rispetto le deleghe. Detto ciò, io sono anche ministro per le pari opportunità e non credo che riguardino solo uomini e donne, ma anche i pubblici dipendenti e i privati, lavoratori immigrati e lavoratori nativi. Mi parrebbe in contrasto con il mio mandato se dicessi che le cose dovrebbero andare diversamente per queste due categorie. Tenendo conto delle specificità quindi auspico una parità di trattamento. Ma non dite che questo significa libertà di licenziare».
• Non significherà “libertà di licenziare”, ma perché torna sempre su questo punto? Alla fine sembra proprio che incoraggi i licenziamenti.
Uno dei grandi rimproveri che ci fa, fin dallo scorso agosto, l’Unione europea riguarda proprio il nostro mercato del lavoro. Siccome finora interrompere un rapporto di lavoro da parte del padrone prevede una trafila tremenda anche per le aziende piccole, trafila che per le aziende con più di 15 dipendenti si conclude spesso con il reintegro del lavoratore e un notevole esborso di denaro da parte dell’impresa, si dice che in Italia licenziare un dipendente – anche indisciplinato, anche incapace, anche disonesto – è di fatto impossibile. Prudenza massima, quindi, da parte delle imprese, quando si tratta di assumere, e invenzione di cento scappatoie diverse per rifornirsi di manodopera. I cosiddetti contratti atipici di cui la riforma Fornero fa piuttosto giustizia. L’impossibilità di mandar via qualcuno ha effetti precisi anche sulla qualità del servizio. Cioè, lo rende tendenzialmente scadente. Non lo dico io (non mi permetterei mai), lo hanno dimostrato, tra i molti, Giovanni Sartori e anche Piero Angela, con un approccio più scientifico di quello del nostro grande costituzionalista (Angela ci ha scritto un libro sopra che si intitola Premi e punizioni).
• Sì, ma i dipendenti pubblici…
Se questi concetti sono validi nel privato, figuriamoci nel pubblico. Non ci lamentiamo sempre di una pubblica amministrazione inefficiente e di fatto pelandrona? Brunetta non ci ha sbattuto contro la testa per tutto il suo periodo al ministero? Guardi, se lei vuole avere un’idea di come la nostra pubblica amministrazione si è man mano ampliata negli organici e degradata nelle funzioni non ha che da leggere la Storia dell’Amministrazione Italiana di Guido Melis. Un libro magnifico e una lettura sconfortante. I pubblici dipendenti sono oggi un ostacolo sulla vita del paese. Badi che Guido Melis – lo dico per tranquillizzarla – è adesso un parlamentare del Partito democratico.
• Del resto una delle prime cose che gli imprenditori terremotati in Emilia hanno chiesto è stata quella di liberarli dalla burocrazia.
Fornero non vuole licenziare. Ma si potrebbe ottenere qualcosa di più e meglio da quella parte dei pubblici dipendenti che combinano poco o niente se il posto di lavoro non fosse più garantito al cento per cento? Ecco il quesito di fondo al quale la posizione della Fornero ci invita a rispondere.
• Lei che ne dice?
Io non posso avere opinioni. Filippo Patroni Griffi, collega della Fornero e ministro della Funzione Pubblica, aveva a suo tempo specificato: «La delega non conterrà una disposizione specifica sui licenziamenti disciplinari dei dipendenti pubblici, ma si rimetterà al Parlamento». Gli statali, in base a queste parole, possono star tranquilli.
Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 5 giugno 2012]