Aldo Grasso, Corriere della Sera 05/06/2012, 5 giugno 2012
«CENERENTOLA» E IL TABU’ DELLA DIRETTA
Da profani, ci crediamo: stupenda la musica di Rossini suonata dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta dal maestro Gianluigi Gelmetti, azzeccata la compagnia di canto, affascinante la location, sparsa nelle regge sabaude: il Palazzo Reale di Torino, la Villa dei Laghi (la casa di Cenerentola) al parco regionale della Mandria, la Palazzina di caccia di Stupinigi. Ma la Cenerentola di Andrea Andermann è da considerarsi un evento televisivo? Andermann è l’inventore del format «dai luoghi e nelle ore»: la sua idea è appunto quella di usare la diretta tv per far rivivere gli splendori passati dell’opera lirica. E dunque la «Tosca nei luoghi di Tosca» (Roma), «La Traviata a Parigi» e il «Rigoletto a Mantova».
Sono operazioni molto prestigiose, anche se esprimono una concezione un po’ retrò della cultura in tv, e tuttavia l’attualizzazione dei classici è sempre un’operazione che lascia perplessi. Per esempio, non si capisce il senso televisivo di spezzare l’opera in tre parti per salvare l’idea di diretta, come se la diretta fosse ancora lo «specifico televisivo» (un’idea tramontata già quarant’anni fa). Una prima parte è andata in onda, domenica sera, su Rai1 in Mondovisione alle 20.30 dalla Villa dei Laghi, nel parco della Mandria; poi, dopo un film, alle 23.30 è partita la seconda parte dalla Palazzina di Caccia di Stupinigi. Ieri sera, infine, alle 20.30, gran finale nella sala del trono dei Savoia.
È cultura televisiva questa? L’idea registica più efficace (la si deve a Carlo Verdone?) è stata quella di mescolare teatro vero con disegno animato, forse un non dichiarato omaggio alla stupenda Gazza ladra di Rossini animata da Lele Luzzati. Già, la regia di Verdone, in diretta! In cosa è consistita? In qualche impronta di commedia all’italiana? Che esperienza ha? Non sarebbe il caso di citare anche Pierre Cavasillas, il vero regista televisivo?
Aldo Grasso