Davide Frattini, Corriere della Sera 05/06/2012, 5 giugno 2012
L’AEROPORTO DI TRIPOLI NELLE MANI DELLE MILIZIE - I
carri armati sulla pista di decollo, i miliziani armati che si aggirano tra la sala d’attesa e i banchi check-in, i voli in partenza bloccati, i jet in arrivo dirottati verso lo scalo militare. Tripoli è tornata per un giorno ai mesi della guerra, isolata dal resto del mondo, fuori controllo.
Lo scontro questa volta è tra i combattenti del villaggio di Tarhuna e il governo transitorio che amministra il paese dalla caduta di Muammar Gheddafi. Il leader della brigata è scomparso domenica: Abu Ajila al-Habshi aveva lasciato le colline coperte di ulivi, a ottanta chilometri dalla capitale, per incontrare i nuovi potenti, era stato convocato per ordinargli di restituire due tank in possesso dei suoi uomini. Sarebbe stato rapito proprio sulla strada vicino all’aeroporto. Anche nei giorni della ribellione Tarhuna era rimasta fedele a Gheddafi, al-Habshi aveva invece scelto di partecipare alla rivolta.
L’assalto ha bloccato tra gli altri il volo dell’Alitalia per Roma. Il pilota e quattro assistenti sono stati costretti a scendere dai miliziani e accompagnati in una stanza, da lì i carabinieri del Tuscania, inviati dall’ambasciata, li hanno accompagnati in albergo. A bordo non c’erano ancora i passeggeri. Un testimone racconta al Guardian di aver visto i ribelli sparare contro i tecnici di terra, due sarebbero rimasti feriti.
L’assedio è stato domato solo dall’intervento di Mustafa Abdel Jalil, presidente del Consiglio nazionale di transizione. Ha promesso che il comandante sparito verrà ritrovato, ha negato che sia stato arrestato. Gli spari nell’aeroporto non sono finiti neppure dopo questa mediazione e nelle strade di Tripoli sono tornati i posti di blocco controllati da camionette armate di lanciarazzi.
Il governo non riesce ancora a imporre il suo controllo sulle milizie che hanno combattuto per otto mesi contro le truppe del regime. Un mese fa i guerriglieri hanno occupato il palazzo del primo ministro Abdurrahim el-Keib, si rifiutano di riconsegnare le armi.
I disordini rischiano di rinviare le prime elezioni dopo i quarantadue anni di dominio del Colonnello. Previste per il 19 di giugno, potrebbero essere spostate — rivela l’emittente Al Jazeera — ai primi di luglio: secondo l’Ansa, dovrebbero tenersi il 10 prima che cominci il Ramadan, il mese sacro per i musulmani. La commissione elettorale parla di problemi procedurali: i candidati sono oltre quattromila per i duecento seggi nell’assemblea.
I ribelli temono che il Consiglio transitorio cerchi accordi con i gerarchi del vecchio regime. Gli emissari di Jalil hanno incontrato al Cairo ex fedeli di Gheddafi (che adesso rappresentano l’«opposizione») e il leader religioso Ali Sallabi ha visitato, sempre nella capitale egiziana, Ahmed Gaddaf Eddam, cugino del raìs ucciso a Sirte il 20 ottobre del 2011. La motivazione ufficiale è quella della «riconciliazione nazionale». I rivoluzionari lo chiamano tradimento.
Davide Frattini