Antonio Signorini, il Giornale 5/6/2012, 5 giugno 2012
Toh, anche lo Stato evade Non ha pagato i contributi per le pensioni pubbliche - Controllore inflessibile con tutti tranne che con se stesso, guardiano di un mercato del lavoro rigido e burocratico, dove la riforma dell’articolo 18 non è nemmeno ipotizzata, ma, allo stesso tempo, datore sciatto e un po’ evasore
Toh, anche lo Stato evade Non ha pagato i contributi per le pensioni pubbliche - Controllore inflessibile con tutti tranne che con se stesso, guardiano di un mercato del lavoro rigido e burocratico, dove la riforma dell’articolo 18 non è nemmeno ipotizzata, ma, allo stesso tempo, datore sciatto e un po’ evasore. Gli italiani sono, e non da ora, pericolosamente abituati ad avere uno Stato a due facce, ma non si può non rimanere sorpresi quando si scopre che l’amministrazione pubblica alle prese con normali procedure che riguardano la posizione contributiva dei suoi dipendenti, diventa svogliata e pasticciona, se non peggio. Qualche lume su come ha funzionato fino ad oggi la previdenza pubblica arriva adesso che l’Inps si è dovuta fare carico (oltre che dell’Enpals) anche dell’ex Inpdap, l’Istituto che fino all’anno scorso raccoglieva i contributi e pagava le pensioni ai dipendenti dello Stato e di tutti gli enti pubblici. Qualche accenno qua e là durante le audizioni parlamentari dei vertici Inps, lascia intendere che l’incontro tra la pensioni private - che si sono messe al passo con i tempi già da qualche anno - e quelle pubbliche- una specie di Germania dell’Est previdenziale - non è affatto facile. Emerge ad esempio che in un biennio, tra il 1996 e il 1998, c’è un «vuoto informativo» sui contributi che la pubblica amministrazione ha versato ai suoi dipendenti, tale da rendere difficile se non impossibile il calcolo esatto dell’assegno per le pensioni miste e anche per quelle interamente contributive. Mentre aziende e datori di lavoro privati si facevano in quattro per adeguarsi al nuovo metodo, lo Stato si dimenticava di farlo. Questo significa che buona parte delle pensioni pubbliche sono state calcolate in modo approssimativo. Proteste non pervenute perché probabilmente nessuno ci ha rimesso, tranne forse i contribuenti. Non è escluso che emergano nuovi «buchi informativi» man mano che l’Inps riuscirà a mettere mano al mare di carte della previdenza pubblica. Eh sì, perché l’istituto guidato da Antonio Mastrapasqua si è informatizzato e ha costretto i datori a fare altrettanto, le informazioni che riguardano la previdenza sono comunicate per via telematica, le aziende le inviano periodicamente all’Inps che le elabora. È così dal 2009, quando fu creato il sistema UniEmens, che registra assunzioni, cessazioni e tutti i cambiamenti che possono modificare la situazione contributiva dei lavoratori. Le comunicazioni dello Stato avvengono invece ancora quasi tutte alla vecchia maniera: moduli e cartelline cartacee che ogni ente pubblico tiene gelosamente dentro i cassetti dei rispettivi uffici previdenziali, fino a quando il dipendente non va in pensione. E lì parte un complesso calcolo che, a differenza di quanto avviene nel privato, può durare anni. Altro effetto della mancata informatizzazione, l’operazione trasparenza sui contributi alla quale sta lavorando l’Inps nel pubblico è per il momento impossibile. Anche in questo caso, proteste non pervenute. Forse perché a nessuno viene in mente di fare calcoli per difetto. Orgogliosa arretratezza, si dirà, di una amministrazione pubblica che non ha intenzione di essere trattata come un’azienda in nessun campo. Ma non c’è solo un problema di informazioni carenti nelle pensioni di Stato. Ricostruendo la storia previdenziale di qualche dipendente pubblico i sindacati si sono ritrovati di fronte a buchi contributivi veri e propri.In sostanza l’ente pubblico non ha pagato il dovuto all’Inpdap. Quando lo fa un privato, finisce nei guai, non è dato sapere cosa sia successo ai pubblici evasori. Difficile anche individuarli. Si parla addirittura di una prefettura, di un’amministrazione centrale ( non un ministero) e di una provincia di medie dimensioni. Impossibile sapere di più. L’accorpamento Inps-Inpdap ha come scopo quello di adeguare la previdenza pubblica agli standard ai quali il privato è abituato da tempo. Ma la fusione si farà sentire sui conti dell’istituto di previdenza privata. La nota di variazione al preventivo 2012 dell’Inps, approvata nell’aprile scorso ha quantificato il peso dei pubblici sui conti dell’istituto. La gestione finanziaria di competenza del 2012 evidenzia nel complesso una perdita di 5,97 miliardi di euro, con un peggioramento di 5,2 miliardi rispetto alle previsioni del bilancio originario 2012. Quello precedente alla fusione aveva previsto una perdita di 736 milioni di euro. Il disavanzo è il risultato dei saldi della gestione di parte corrente per (-4,8 miliardi) e di quella in conto capitale per (1,137 miliardi) «interamente ascrivibile», spiega il rapporto annuale Inps, «al disavanzo finanziario di competenza dell’ex Inpdap pari a meno 6.224 milioni» di euro. La gestione economica presenta una perdita di 4,86 miliardi contro i 370 milioni pre fusione. Anche in questo caso il rosso è dovuto all’Inpdap.