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 2012  giugno 05 Martedì calendario

Toh, anche lo Stato evade Non ha pagato i contributi per le pensioni pubbliche - Controllore inflessibile con tutti tranne che con se stes­so, guardiano di un mercato del lavoro rigido e burocratico, do­ve la riforma dell’articolo 18 non è nemmeno ipotizzata, ma, allo stesso tempo, datore sciatto e un po’ evasore

Toh, anche lo Stato evade Non ha pagato i contributi per le pensioni pubbliche - Controllore inflessibile con tutti tranne che con se stes­so, guardiano di un mercato del lavoro rigido e burocratico, do­ve la riforma dell’articolo 18 non è nemmeno ipotizzata, ma, allo stesso tempo, datore sciatto e un po’ evasore. Gli italiani sono, e non da ora, pericolosamente abi­tuati ad avere uno Stato a due fac­ce, ma non si può non rimanere sorpresi quando si scopre che l’amministrazione pubblica alle prese con normali procedure che riguardano la posizione con­tributiva dei suoi dipendenti, di­venta svogliata e pasticciona, se non peggio. Qualche lume su come ha fun­zionato fino ad oggi la previden­za pubblica arriva adesso che l’Inps si è dovuta fare carico (ol­tre che dell’Enpals) anche del­l’ex Inpdap, l’Istituto che fino al­l’anno scorso raccoglieva i con­tributi e pagava le pensioni ai di­pendenti dello Stato e di tutti gli enti pubblici. Qualche accenno qua e là durante le audizioni par­lamentari dei vertici Inps, lascia intendere che l’incontro tra la pensioni private - che si sono messe al passo con i tempi già da qualche anno - e quelle pubbli­che- una specie di Germania del­l’Est previdenziale - non è affat­to facile. Emerge ad esempio che in un biennio, tra il 1996 e il 1998, c’è un «vuoto informativo» sui con­tributi che la pubblica ammini­strazione ha versato ai suoi di­pendenti, tale da rendere diffici­le se non impossibile il calcolo esatto dell’assegno per le pensio­ni miste e anche per quelle inte­ramente contributive. Mentre aziende e datori di lavoro privati si facevano in quattro per ade­guarsi al nuovo metodo, lo Stato si dimenticava di farlo. Questo si­gnifica che buona parte delle pensioni pubbliche sono state calcolate in modo approssimati­vo. Proteste non pervenute per­ché probabilmente nessuno ci ha rimesso, tranne forse i contri­buenti. Non è escluso che emergano nuovi «buchi informativi» man mano che l’Inps riuscirà a mette­re mano al mare di carte della previdenza pubblica. Eh sì, per­ché l’istituto guidato da Antonio Mastrapasqua si è informatizza­to e ha costretto i datori a fare al­trettanto, le informazioni che ri­guardano la previdenza sono co­municate per via telematica, le aziende le inviano periodica­mente all’Inps che le elabora. È così dal 2009, quando fu creato il sistema UniEmens, che registra assunzioni, cessazioni e tutti i cambiamenti che possono modi­ficare la situazione contributiva dei lavoratori. Le comunicazio­ni dello Stato avvengono invece ancora quasi tutte alla vecchia maniera: moduli e cartelline car­tacee che ogni ente pubblico tie­ne gelosamente dentro i cassetti dei rispettivi uffici previdenzia­li, fino a quando il dipendente non va in pensione. E lì parte un complesso calcolo che, a diffe­renza di quanto avviene nel pri­vato, può durare anni. Altro effet­to della mancata informatizza­zione, l’operazione trasparenza sui contributi alla quale sta lavo­rando l’Inps nel pubblico è per il momento impossibile. Anche in questo caso, proteste non perve­nute. Forse perché a nessuno vie­ne in mente di fare calcoli per di­fetto. Orgogliosa arretratezza, si di­rà, di una amministrazione pub­bli­ca che non ha intenzione di es­sere trattata come un’azienda in nessun campo. Ma non c’è solo un problema di informazioni ca­renti nelle pensioni di Stato. Ri­co­struendo la storia previdenzia­le di qualche dipendente pubbli­co i sindacati si sono ritrovati di fronte a buchi contributivi veri e propri.In sostanza l’ente pubbli­co non ha pagato il dovuto al­l’Inpdap. Quando lo fa un priva­to, finisce nei guai, non è dato sa­pere cosa sia successo ai pubbli­ci evasori. Difficile anche indivi­duarli. Si parla addirittura di una prefettura, di un’ammini­strazione centrale ( non un mini­stero) e di una provincia di me­die dimensioni. Impossibile sa­pere di più. L’accorpamento Inps-Inpdap ha come scopo quello di adegua­re la previdenza pubblica agli standard ai quali il privato è abi­tuato da tempo. Ma la fusione si farà sentire sui conti dell’istituto di previdenza privata. La nota di variazione al preventivo 2012 dell’Inps, approvata nell’aprile scorso ha quantificato il peso dei pubblici sui conti dell’istituto. La gestione finanziaria di compe­tenza del 2012 evidenzia nel complesso una perdita di 5,97 miliardi di euro, con un peggio­ramento di 5,2 miliardi rispetto alle previsioni del bilancio origi­nario 2012. Quello precedente al­la fusion­e aveva previsto una per­dita di 736 milioni di euro. Il disa­vanzo è il risultato dei saldi della gestione di parte corrente per (-4,8 miliardi) e di quella in con­to capitale per (1,137 miliardi) «interamente ascrivibile», spie­ga il rapporto annuale Inps, «al disavanzo finanziario di compe­tenza dell’ex Inpdap pari a meno 6.224 milioni» di euro. La gestio­ne economica presenta una per­dita di 4,86 miliardi contro i 370 milioni pre fusione. Anche in questo caso il rosso è dovuto al­l’Inpdap.