Guido Olimpio, Corriere della Sera 05/06/2012, 5 giugno 2012
FRAMMENTI DI VETRO SULL’ATOLLO. SVOLTA NEL GIALLO DELL’AVIATRICE —
Amelia Earhart è morta un giorno d’estate del 1937. Non sappiamo quale. Probabilmente debilitata dalla fame e dalla sete, sull’atollo di Nikumaroro, nel Pacifico. Una verità non ancora ufficiale che per essere tale ha bisogno di altre prove. Ma che si regge su piccoli cocci di vetro, utensili rudimentali e ossa di animali. Indizi ritenuti importanti da quanti credono che quell’isolotto remoto sia stato davvero il punto finale. L’ultimo capitolo nella vita — straordinaria — della pioniera dell’aviazione.
È il 2 luglio del 1937 quando Amelia decolla dalla striscia di Lae, Nuova Guinea, diretta verso Est, con meta l’isola di Howland. A bordo del suo velivolo, l’Electra, c’è il navigatore Fred Noonan, riserve di carburante e strumenti di nuova generazione. Tanto è vero che la Earhart definisce il suo aereo un laboratorio volante. Quel balzo di 4 mila chilometri è solo un segmento di un giro attorno al mondo. La nuova avventura dell’aviatrice. Un sogno che si spezza nel mistero. L’aereo scompare. L’ultima posizione possibile è un’area attorno a Nikumaroro. Seguiranno indagini, ricerche, ipotesi alimentate da segnalazioni buone e false. Nel 1940 sull’atollo trovano parte di uno scheletro, una scarpa da uomo e una da donna. Sono tracce significative, forse decisive, ma sono smarrite. Erano gli anni della guerra, c’erano ben altre priorità.
L’assenza di un relitto come di notizie sicure gonfia le teorie più strane. Amelia è stata catturata dai giapponesi. Amelia ha organizzato una messinscena per rifarsi una vita altrove. Amelia era impegnata in una missione di spionaggio. Amelia è precipitata nella giungla. E, ogni anno, una versione diversa con particolari incontrollabili. Si scrivono libri, si formulano ipotesi, si girano film. L’ultimo, nel 2009, con protagonista Hilary Swank. Chi invece ha sempre pensato all’incidente si è passato testimone e intuizioni, sostenendo la necessità di indagare con maggior cura. Una determinazione premiata da una scoperta che ha messo insieme tecniche da archeologi e sistemi alla Csi. Un team del Tighar — organizzazione americana impegnata nelle ricerche — ha scovato a Nikumaroro alcuni reperti ritenuti cruciali e li ha presentati ad un convegno ad Arlington (Washington). Il primo è rappresentato dai cinque pezzi di vetro, i frammenti di un vasetto di crema per il viso. Un tipo che la Earhart usava. Poi la «base» di due bottiglie che risalgono per certo agli Anni 30. Sono state usate per far bollire dell’acqua ed erano vicine ad una specie di focolare. Ancora: una boccetta di balsamo per le mani, marca «Campana». Vicino un altro pezzo di vetro trasformato in strumento da taglio. Quindi ossicini di piccoli animali. Oggetti «interessanti» che vanno a sommarsi a quelli rinvenuti in altre missioni: un coltellino — rotto — che faceva della dotazione di bordo dell’Electra, un «foglio» d’alluminio (della carlinga?), un «tassello» che si ipotizza si sia staccato dalla cabina di pilotaggio.
L’ipotesi dei ricercatori è che Amelia e il navigatore abbiano compiuto un atterraggio di emergenza sull’isola, dove hanno organizzato un accampamento di fortuna. I pochi animali catturati sono diventati il loro cibo. Più volte la Earhart ha lanciato dei segnali radio che furono captati all’epoca ma ritenuti degli «scherzi». Invece, in base a nuovi studi, si pensa che fossero autentici. Appelli disperati di un uomo e una donna coraggiosi che hanno cercato di sopravvivere da naufraghi. Dei Robison Crusoe in attesa di un aiuto mai arrivato.
Per svelare il mistero, il 2 luglio partirà dalle Hawaii una nuova spedizione del Tighar. Con l’aiuto dell’Us Navy e della sua tecnologia si cercheranno parti più grandi dell’aereo che potrebbero essere sul fondale attorno all’isola. L’Electra era probabilmente a riva ed è stato poi portato via dal mare. Gli esperti sono convinti che, grazie ai mezzi oggi a disposizione, sia possibile trovare l’anello mancante. Quello che permetterà di affermare con certezza storica che lo scheletro trovato all’ombra di una palma nel 1940 fosse quello di Amelia o di Fred Noonan.
Guido Olimpio