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 2012  giugno 05 Martedì calendario

SU TWITTER CANCELLARE NON BASTA. IN RETE ANCHE GLI ERRORI DI OBAMA

L’autore di Freedom Jonathan Franzen non lo usa e il Premio Nobel Toni Morrison lo considera una «perdita di tempo futile e narcisistica». Ma se l’intellighenzia Usa continua a storcere il naso di fronte a Twitter, la grande democrazia americana questa settimana è stata costretta a ricredersi sul social network la cui sinteticità (messaggi tweet che contengono esattamente 140 caratteri) viene considerata da sempre sinonimo di «effimero» e «triviale».
Ora, fa sapere il blog elettorale del Washington Post, un nuovo sito, Politwoops, sviluppato negli Stati Uniti da Sunlight Foundation, mette a disposizione degli utenti più di 3.000 tweet cancellati negli ultimi sei mesi dai politici, dal presidente Barack Obama al candidato repubblicano Mitt Romney. L’America scopre così che i suoi politici — che usano Twitter per entrare in contatto con gli elettori e farsi pubblicità — cancellano quotidianamente dozzine di tweet, ritenendoli inopportuni, errati, controproducenti.
Politwoops è nato sul modello di analoghi progetti comparsi in altri 12 Paesi, primo tra tutti l’Olanda, per promuovere la trasparenza della politica e dei governi. Un’iniziativa ispirata alla stessa filosofia dietro la campagna lanciata in vari Paesi per obbligare gli utenti della rete che vogliono partecipare ai dibattiti su siti e blog a dichiarare la propria identità, invece di nascondersi dietro pseudonimi.
Twitter, forse più ancora di Facebook, era nato con la promessa di offrire a chiunque un megafono virtuale dove gridare qualsiasi slogan, senza curarsi di strafalcioni ed errori, visto che un tweet può essere cancellato con la stessa rapidità con cui è stato scritto. Una tecnica, quella del «taglia e incolla», che non è servita a salvare Anthony Weiner, l’ex aspirante sindaco di New York che a causa di un tweet a luci rosse ha visto tramontare la propria stellare carriera. Grazie alla nuova banca dati di «oggetti smarriti» c’è da giurare che sia solo questione di tempo prima che qualche altro «top gun» finisca per incagliarsi nella stessa rete.
Alessandra Farkas