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 2012  giugno 05 Martedì calendario

QUEI 3500 MILIARDI SPESI PER LE BANCHE


Banche battono Grecia & C. 3.500 (miliardi) a 393. La crisi finanziaria nata sulle ceneri della Lehman entra nel suo quarto anno di vita con una sola certezza: il salvataggio del sistema creditizio mondiale è costato finora quasi dieci volte in più di quello dei Paesi travolti dalla bufera dei debiti sovrani.
E mentre per Atene, Lisbona e Dublino i soldi arrivano con il contagocce (e accompagnati dalle condizioni draconiane di Ue-Bce e Fmi) il rubinetto per gli istituti continua a erogare una pioggia di miliardi a fondo perduto. Il bollettino degli ultimi giorni parla da solo: il governo ellenico è stato costretto a puntellare le sue banche con 18 miliardi stornati dal salvagente della Trojka. Il Portogallo ha versato 6,6 miliardi nelle casse di tre big del Paese. La Spagna ha stanziato 23 miliardi di soldi pubblici per salvare Bankia, messa ko dai mutui facili dell´era del boom immobiliare. E persino Cipro rischia di bussare al Fondo Salva-stati per trovare gli 1,8 miliardi (il 10% del suo pil) necessari a salvare la Cyprus Popular Bank.
Le banche, naturalmente, sono lo specchio dello stato di salute finanziario di una nazione. E senza i loro soldi, il motore dell´economia va in panne. I numeri, però, fanno lo stesso venire i brividi: Grecia, Portogallo e Irlanda hanno ricevuto ad oggi (e non per intero) 297 miliardi da Bruxelles e 96,5 dal Fondo monetario in cambio di tagli a stipendi e pensioni e sforbiciate a welfare e macchina dello Stato. Atene, si difendono i "donatori", ha diversi peccatucci da farsi perdonare (i conti truccati, l´evasione e un sistema pubblico ipertrofico) e Lisbona ha dormito un po´ sugli allori dell´ingresso nell´euro.
Vero. Nemmeno gli istituti di credito, però, hanno la coscienza a posto: hanno inventato subprime e derivati, garantito super-stipendi e profitti ai privati salvo poi farsi salvare dai soldi pubblici quando sono finiti nei guai. Com´è successo a Dublino prima e Madrid ora. Per loro tuttavia i quattrini non sono mai mancati: secondo uno rapporto dettagliato (come tradizione della casa) dell´ufficio studi Mediobanca, gli aiuti statali netti al settore erano arrivati nel novembre 2011 a 2.100 miliardi, sette volte il debito della Grecia. E da allora questa cifra ha continuato a gonfiarsi: la Bce ha garantito mille miliardi di prestiti low cost con un tasso dell´1%. L´Italia ha messo la garanzia pubblica sulle emissioni di bond bancari (quest´anno ne scadranno 100 miliardi). Persino l´austera Germania, durissima con Atene, ha stanziato senza batter ciglio per le sue traballanti banche qualcosa come 417 miliardi.
Risultato finale: i problemi del credito sono già costati 3.500 miliardi. Una cifra che da sola basterebbe a pagare tutti i debiti di Italia, Spagna, Grecia e Portogallo messi assieme. E mentre nei paesi travolti dalla crisi gli elettori hanno potuto punire i colpevoli con il voto nelle urne, molti dei vertici delle banche finite ko sono ancora saldamente al loro posto.
Tutta questa generosità è inevitabile, è il mantra dei guru del libero mercato. La finanza muove il mondo e nessuno può permettersi il fallimento di una grande banca che avrebbe effetti ben più deflagranti di quello della Grecia. Peccato che mentre ad Atene – in cambio di pochi miliardi – si chiede di tirare la cinghia, ai big del credito sia ancora concesso tutto: a fine 2011 il valore nozionale dei derivati sulla roulette dei mercati era arrivato all´iperbolico livello di 647mila miliardi di dollari, nove volte il Pil mondiale. Se il mondo farà crac, toccherà in ogni caso prima salvare le banche.