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 2012  giugno 05 Martedì calendario

Sotto la “nuvola informatica” - «Le parole definiscono il mondo», cantava Giorgio Gaber. E per capire dove stiamo andando a finire, dare un’occhiata al vocabolario non guasta

Sotto la “nuvola informatica” - «Le parole definiscono il mondo», cantava Giorgio Gaber. E per capire dove stiamo andando a finire, dare un’occhiata al vocabolario non guasta. Tra i 1500 nuovi lemmi entrati nello Zanichelli 2012 non c’è «twittare» ma spunta un inglesismo preso fresco fresco dalla rete: cloud computing. Tradotto suonerebbe come la “nuvola che elabora”, ma piace chiamarla la nuvola informatica. «È l’equivalente di un grande discount – spiega il professore dell’Università di Padova Massimo Marchiori – tu ci entri e compri quello che vuoi». Scaffali virtuali riempiti di megabyte: film, album discografici, libri elettronici, giornali. Ma, a differenza dei grandi magazzini, la merce non si porta a casa. Resta tutta in un server a disposizione dell’utente. Eccola la rivoluzione digitale, l’era del «post pc». Addio chiavette Usb, hard disk e database aziendali. Ognuno è seguito da una “nuvola”. Un po’ fantozziana come cosa? Non per Marchiori che dall’Ateneo padovano parla di «naturale migrazione verso il cloud». E migrando più a nord, nella cittadina di Vittorio Veneto, il cielo si riempie di nuvole. Permasteelisa, multinazionale presente in 28 Paesi, ha scelto il cloud di Google. La miriade di dati che è servita a realizzare la facciata del grattacielo londinese The Shard (la scheggia) di Renzo Piano, è passata per il server messo a disposizione da Mountain View. «Si risparmia nei costi di manutenzione e gestione dei database», spiega Luca Solari, studioso di imprese sociali. Il professore dell’Università Statale di Milano aggiunge: «Si snellisce la manodopera a basso valore aggiunto, quella che si occupa di archiviare i dati dell’azienda». Tagli al personale, dunque. Ma tra i lavoratori più ricercati dal mercato ci sono proprio i “lavoratori sulle nuvole”. Secondo il Centre for Economics and Business research, nell’arco dei prossimi 5 anni, ci saranno 2,4 milioni di posti di lavoro in più solo in Europa. E in Italia, se il cloud andasse a regime avrebbe un impatto sull’economia di 7 miliardi di euro all’anno (fino al 2015) per la creazione di nuovi impieghi e per l’aumento dell’efficienza nei processi aziendali. Del business si è accorta anche l’Unione Europea. La Commissione ha affidato uno studio sullo stato del cloud computing italiano a due società: la Idc e la Trust-IT services. Dall’indagine, ancora in corso, sembra che molto resti da fare. «Solo il 59% dei proprietari di un’abitazione ha la connessione a Internet», rivela Silvana Muscella, fondatrice e ad di Trust-IT Services. Per le aziende, dice, va un po’ meglio: «Siamo all’84% di diffusione della rete, nella media con gli altri paesi europei». Ma restano due problemi di fondo: 4 italiani su 10 non hanno mai usato Internet e, conclude Muscella, «manca una strategia guida per il cloud computing a livello governativo». L’agenda digitale rimane un’eterna incompiuta. Ma dal punto di vista normativo si è mossa l’Autorità garante per la privacy. Che ha diffuso la mini-guida «Proteggere i dati per non cadere dalle nuvole». Perché questa è l’altra faccia del cloud computing: i dati personali, aziendali e magari anche quelli delle pubbliche amministrazioni sono ceduti a terzi, ossia ai fornitori del servizio. In un certo senso, è come decidere a che banca dare i propri soldi. Ecco allora i consigli del Garante: la portabilità, cioè la possibilità di recedere dal servizio senza incorrere in spese e disagi, e la scelta accurata del provider. Non dimenticando di realizzare una copia d’emergenza con tutti le informazioni presenti nella cloud. «Quando sono in pochi a controllare i dati sensibili il rischio di abusi c’è sempre», conclude il professore Marchiori. Il cielo si fa nuvoloso ma sorge spontanea una domanda: «Nello Zanichelli c’è anche la parola tecnocrazia?».