Ilaria Maria Sala, La Stampa, 5.6.12, 5 giugno 2012
Bloccate parole e simboli della rivolta del giugno 1989 E sul Web Pechino censura “oggi” per cancellare “ieri” A 23 anni dal giorno in cui l’Esercito di Liberazione del Popolo stroncò nel sangue le rivolte studentesche del 1989, in Cina non si può ancora ricordare pubblicamente o riflettere sull’accaduto
Bloccate parole e simboli della rivolta del giugno 1989 E sul Web Pechino censura “oggi” per cancellare “ieri” A 23 anni dal giorno in cui l’Esercito di Liberazione del Popolo stroncò nel sangue le rivolte studentesche del 1989, in Cina non si può ancora ricordare pubblicamente o riflettere sull’accaduto. Alla Borsa A Shanghai l’indice della Borsa ha segnato i numeri (64.89) della repressione di Tiananmen (4 giugno 1989) In chiusura l’indice è stato corretto E una follia censoria si abbatte sul Web. Parole come «ieri», «oggi» e «domani» sono finite fra i termini proibiti sui siti di microblogging nazionali – detti «weibo» - e tutto quello che ricordava anche alla lontana i fatti più di venti anni fa era di fatto escluso dalle ricerche Internet. A finire nel tritacarne della censura anche termini genericamente legati alle commemorazioni, fra cui «candela», «parco», «piazza», ma anche «sangue», «movimento», «passeggiare» (eufemismo per manifestare) e «popolo», le parole «quell’anno» e anche tutti i numeri legati alla data di ieri e a quella di 23 anni fa, nonché le loro combinazioni. Non solo: una sorprendente coincidenza ha voluto che proprio ieri la Borsa di Shanghai chiudesse con un ribasso di 64.89 punti. In Cina la data viene scritta mese/giorno/anno, ed ecco che il listino principale cinese ha chiuso dicendo alla nazione: 4 giugno 1989, la data che il governo, e i suoi alacri censori, vorrebbero cancellare a tutti i costi. Già qualche ora dopo ecco che i punti persi dal listino erano stati «ottimizzati» e corretti, per diventare 63.85. Troppo tardi: i «netizen» cinesi si erano già persi in congetture, chi tirava fuori la numerologia e il volere del Cielo, e chi sospettava la presenza di un coraggioso ex-studente del 1989 a capo della Borsa di Shanghai, che aveva manipolato ad hoc la cifra. Per chi proprio volesse lasciarsi suggestionare, bastava notare che in apertura lo stesso listino aveva 2364.98 punti, cifra che di nuovo conterrebbe i numeri «giusti» con anche un riferimento ai 23 anni da quando è avvenuto il massacro. Come mostrano questi esempi, che se non trattassero di una tragedia sarebbero comici, i nervi, in Cina, sono a fior di pelle: come lo sono ogni anno, quando il governo cerca di imporre un’amnesia nazionale su un avvenimento impossibile da dimenticare, e anche più del solito. Il calendario politico cinese, infatti, prevede per il prossimo ottobre il 18° congresso del Partito Comunista, che dovrà gestire la successione decennale delle più alte cariche governative, che avviene dopo la purga dell’ex segretario di partito di Chongqing, Bo Xilai, e la fuga del dissidente Chen Guangcheng dagli arresti domiciliari. Ad appesantire ulteriormente l’aria c’è stata la pubblicazione delle memorie di Chen Xitong, sindaco di Pechino nel 1989, che approvò l’intervento armato contro gli studenti di Tiananmen ma si è pentito, dicendo che il bagno di sangue era «evitabile». Naturalmente, anche lui, il suo libro e i suoi tardivi problemi di coscienza sono censurati dal web, e accessibili solo a chi sa aggirare la censura. O a chi vive a Hong Kong: l’ex-Colonia britannica infatti ieri ha commemorato il 4 giugno con una veglia a lume di candela, a cui hanno partecipato 180.000 persone.