Attilio Barbieri, Libero 5/6/2012, 5 giugno 2012
ORA SONO CRAUTI AMARI PER LA MERKEL
Quel che pareva impossibile fino a pochi giorni or sono si sta verificando: il sistema produttivo tedesco comincia a dare segni inequivocabili di arretramento. Vanno al passo del gambero le vendite di auto, Dax della Borsa di Francoforte ha perso lo smalto di un tempo e fa peggio (è accaduto ieri) della maggior parte degli indici europei. Come se non bastasse l’indicatore Ifo sul clima di fiducia delle imprese germaniche è in fase di deterioramento: l’ultima rilevazione - svolta a fine maggio - si è chiusa a quota 106,9. Ben sotto le attese. Nel frattempo da Parigi arrivano segnali inequivocabili che il nuovo inquilino dell’Eliseo non ci sta ad assecondare la Germnaia. Proprio ieri il neopresidente Hollande ha fatto chiedere al ministro dell’Economia Pierre Moscovici una svolta nella politica bancaria: il Fondo salva stati Esm deve essere utilizzato per salvare gli istituti di credito con i conti in profondo rosso. «La possibilità di usare l’Esm per ricapitalizzare le banche in difficoltà», ha spiegato in conferenza stampa a Bruxelles, «è una questione fondamentale, ed è sul tavolo». La nuova amministrazione francese del post-Sarkozy è disposta ad accettare un’autorità di vigilanza bancaria unica a livello europeo. A condizione però che Bruxelles e Francoforte entrino davvero in partita. Mettendo i soldi per scongiurare lo scenario evocato la settimana scorsa dal tycoon George Soros: fallimenti a catena capaci di contagiare gli istituti di tutta Eurolandia. E la Merkel la smetta di chiedere nuovi interventi di bilancio a giorni alterni, tanto, ha puntualizzato Moscovici, la Francia conferma l’impegno di ridurre il deficit pubblico al 3% nel 2013, «ma lo farà senza introdurre nuove misure di austerità». Rotto definitivamente l’asse con Parigi e con il sistema produttivo in via di deterioramento, ai tedeschi non resta altro che rivedere la rotta. Gli eurobond? Si faranno «ma tra parecchi anni». Così la cancelliera ha fatto rispondere ieri all’ennesima domanda sulla possibilità di emettere titoli di debito europei: «Si può pensare a uno strumento del genere, ma solo alla fine di un processo di integrazione politica europea. Fra alcuni anni». Dunque le posizioni si ammorbidiscono. Dati congiunturali a parte, spinge la Germania a più miti consigli anche l’andamento della Borsa di Francoforte. Ieri il Dax 30 dei titoli a maggiore capitalizzazione ha chiuso in perdita dell’1,19% mentre Piazza Affari si prendeva il lusso di finire le contrattazioni in terreno positivo con uno speculare +1,19%. Certo una giornata può non significare nulla,ma a guardare il trend negli ultimi mesi della Borsa tedesca c’è poco da stare allegri. E infatti a Berlino non ride più nessuno. Il possibile ridimensionamento di Merkelandia è apprezzato anche sul mercato delle valute. In chiusura di giornata l’euro quotava 1,2482 dollari, in retta ripresa rispetto al valore di venerdì quando era calato a 1,2322. Gli unici a rimanere freddi sulla svolta europea sono però gli americani. «I mercati restano scettici sul fatto che le misure prese finora siano sufficienti per assicurare la ripresa in Europa e rimuovere il rischio che la crisi peggiori», ha fatto sapere la Casa Bianca. Ma si sa, gli Usa sono parte interessata.