Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 23 Venerdì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Mario Monti
Il Ministro degli Interni è Anna Maria Cancellieri
Il Ministro degli Esteri è Giulio Terzi di Sant’Agata
Il Ministro della Giustizia è Paola Severino
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Vittorio Grilli
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Francesco Profumo
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Elsa Fornero
Il Ministro della Difesa è Giampaolo Di Paola
Il Ministro dello Sviluppo economico è Corrado Passera
Il Ministro delle Politiche agricole è Mario Catania
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Corrado Passera
Il Ministro della Salute è Renato Balduzzi
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Lorenzo Ornaghi
Il Ministro dell’ Ambiente è Corrado Clini
Il Ministro degli Affari europei è Enzo Moavero Milanesi (senza portafoglio)
Il Ministro di Affari regionali, turismo e sport è Piero Gnudi (senza portafoglio)
Il Ministro della Coesione territoriale è Fabrizio Barca (senza portafoglio)
Il Ministro della Cooperazione internazionale e integrazione è Andrea Riccardi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Semplificazione è Filippo Patroni Griffi (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Dino Piero Giarda (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente della Fiat è John Elkann
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Jean-Marc Ayrault
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Muhammad Mursi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

I lettori continuano ad assediarci e a chiederci – stavolta – che cos’è mai questa storia dei salari diminuiti, degli orari di lavoro stravolti, delle telecamere in azienda per sorvegliare quello che fanno i lavoratori, insomma tutta una serie di nuove regole che sarebbero state sottoscritte da padroni e sindacati con la benedizione del governo.

Già, che storia è?
Stiamo parlando dell’intesa sulla produttività, sottoscritta da tutte le organizzazioni padronali: Abi, cioè le banche, Ania, cioè le assicurazioni, Confindustria, Lega delle Cooperative e Rete Imprese Italia, un moloch che mette insieme quattro milioni e mezzo di piccole e medie aziende, dai carrozzieri ai commercianti. E firmata pure da tre sindacati dei lavoratori su quattro, cioè Cisl, Uil e Ugl (il sindacato di destra, quello che un tempo era capitanato dalla Polverini). Manca il quarto sindacato, cioè la Cgil. Ed è un guaio: che succederà quando, sul territorio, la Cgil si metterà di traverso? Non lo sa nessuno. Del resto la Cgil descrive questi accordi un po’ come ha fatto lei all’inizio, e giura oltre tutto che produrranno una diminuzione netta dei salari e degli stipendi. Camusso ha detto: «L’intesa sulla produttività (si chiama così
) è coerente con la politica del governo che scarica sui lavoratori i costi e le scelte per uscire dalla crisi. Si è persa un’occasione». Badi che Camusso stavolta potrebbe avere ragione: formulata nel modo in cui è stata formulata, l’intesa potrebbe davvero produrre una diminuzione delle buste paga. Il segretario della Cgil aveva proposto, più semplicemente, di detassare le tredicesime, in modo da mettere un po’ di soldi in tasca ai lavoratori e aiutare un minimo la domanda. Monti ha risposto che la condizione delle finanze pubbliche non lo permette.  

Dunque “intesa sulla produttività”. Ma che significa?
Per “produttività” si intende quanto segue. Se lei spende un euro per produrre un certo bene e poi questo bene sul mercato vale due euro, ebbene la sua produttività è pari al 100 per cento. La produttività italiana, così calcolata, è bassissima. Senza inondarla dei numeri che l’Istat l’altro giorno ha opportunamente scaraventato su tutti i tavoli, le basterà sapere che la produttività italiana dal 1996 a oggi è aumentata al ritmo dello 0,1 per cento l’anno. Cioè, niente. La depressione generale, la recessione in cui ci troviamo adesso, sono il frutto di questo basso indice. Detto più brutalmente: i lavoratori lavorano il meno possibile, gli imprenditori tirano fuori i soldi col contagocce, tutti pensano al proprio tornaconto personale immediato senza dotarsi di un minimo di prospettiva. A parte l’egoismo di ciascuno, sul quale non c’è governo che possa intervenire, questo dipende anche dalle enormi rigidità del sistema, rigidità che riguardano non solo l’impossibilità di licenziare, ma anche le regole ferree e uguali per tutti sull’organizzazione del lavoro, sugli orari, sui diritti acquisiti da ciascuno eccetera. Totem di questa rigidità sono i contratti nazionali di lavoro, a cui tutti devono obbedire, sia che siano impiegati al confine con la Svizzera, in territori capaci di battere il Pil della Germania, sia che si trovino sullo Stretto, in zone dal Pil quasi africani e con la malavita che impazza.  

• Quindi?
Quindi, questo accordo sulla produttività stabilisce che si possa fissare una parte del salario a livello nazionale e che si lasci la parte restante della busta paga alla contrattazione aziendale (quando le aziende sono abbastanza grandi) o territoriale. Qui imprenditori e rappresentanze sindacali si giocheranno al tavolo questo residuo tesoretto, che dovrebbe essere particolarmente succoso perché gravato di una tassazione di appena il 10%.  

Cioè sarebbe sottratto all’Irpef?
Esattamente. Per i salari fino a 40 mila euro l’anno, però. E in ogni caso: è chiaro che padroni e lavoratori si metteranno d’accordo. Pagare meno tasse è interesse di tutti e due. È vero che il governo promette di vigilare perché le intese defiscalizzate siano veramente intese di produttività. E, a questo proposito, sarà possibile stravolgere il vecchio statuto dei lavoratori ammettendo – sempre previo accordo tra le parti – che l’orario di lavoro sia modificato, nei turni e nella durata; che un impiegato possa svolgere un lavoro inferiore alla sua qualifica, guadagnando meno, per esempio un quadro in banca essere messo allo sportello (questo punto stava particolarmente a cuore all’Abi, dato che le banche, in affanno per via dei troppi crediti inesigibili, hanno bisogno di espellere dal sistema almeno 20 mila lavoratori); che si possano piazzare telecamere in azienda per sorvegliare l’andamento del lavoro. Eccetera. Così su due piedi si direbbe meglio pensato il trattato-capestro preparato da Marchionne per Pomigliano e gli altri centri Fiat. Aspettiamo però di vedere il decreto con cui il governo è impegnato a precisare nel dettaglio tutte queste intese. Sperando che sia scritto in un italiano comprensibile.  

Quanto costerà allo Stato defiscalizzare questa parte della busta paga?
Per ora sono disponibili due miliardi e cento milioni in tre anni. Qualcuno azzarda già che resteranno del tutto inutilizzati.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 23 novembre 2012]
(leggi)

Dai giornali