Massimo Gaggi, Corriere della Sera 23/11/2012, 23 novembre 2012
QUEL GRANDE OCCHIO SUI CONSUMATORI
Le informazioni sui nostri acquisti — cosa ci piace, quanto spendiamo — sono ormai preistoria. In America i cosiddetti «data brokers» offrono alla pubblicità profili comportamentali dettagliati di centinaia di milioni di consumatori: indirizzi, professione, reddito, istruzione, hobby, passioni sportive e gastronomiche. Ma, sempre più, anche razza, letture, affiliazioni politiche e dati sullo stato di salute (quelli dei test clinici sono protetti, quelli sull’acquisto di insulina da parte dei diabetici no).
Tutto legale perché negli Stati Uniti la raccolta di dati per il marketing non è soggetta a limiti né controlli. Intanto, però, il marketing, come ha dimostrato la campagna per la Casa Bianca, è entrato nel cuore della politica. Il Congresso se n’è accorto e cerca di mettere paletti, ma la materia è sfuggente, in continua evoluzione e nessuno, dall’esterno, riesce a capire fin dove queste società di «data mining» (lo scavo dei dati come in miniera) possono arrivare.
Quando parliamo di tutela della «privacy» pensiamo a pochi grandi nomi: Google, Facebook, Apple, ma qui il vero «grande fratello» è altrove: nella pancia di società dai nomi misteriosi — Intelius, Epsilon — o nei 23 mila computer server della Acxiom di Little Rock, in Arkansas, che colleziona dati da 40 anni, da prima di Internet. Oggi è un gigante da un miliardo di dollari che fornisce dati su 500 milioni di consumatori sparsi in tutto il mondo e offre, in modo particolare, «ritratti comportamentali» di 190 milioni di americani. Come? Incrociando le informazioni disponibili online (tutto, dai biglietti del cinema ai profili su Facebook), a quelli reperibili offline. E anche quelle generate dai terminali mobili, smartphone e tablet.
«Più che minatori, siamo una raffineria di dati», ha spiegato in una rara sortita il capo di Acxiom, Scott Howe, un ex vicepresidente di Microsoft. Che distilla e offre una quantità pressoché infinita di informazioni coagulate attorno a 72 profili socioeconomici ai clienti che possono anche chiedere ricerche specifiche. Come quelle su razza e religione: informazioni utili per le catene di ristoranti etnici, ma utilizzabili anche a fini politici o per discriminare.
Un’attività che cambia le dinamiche del commercio, i comportamenti sociali e anche l’ecosistema dei media, tagliati fuori da una pubblicità che va a cercarsi il singolo cliente con un messaggio personalizzato. Ma ci sono anche aspetti fin qui inesplorati. Queste società compilano classifiche di cittadini-consumatori? In base al reddito o ci sono anche ranking intellettuali o di altri indici, come la litigiosità? In Congresso è iniziata una nuova battaglia per limitare l’uso di questi dati, ma ormai è difficile arginare un’impresa come quella di Howe che ha tra i suoi clienti, oltre a 47 delle 100 maggiori imprese Usa, anche il governo. E non da oggi: già 11 anni fa, dopo l’attacco alle Torri gemelle, la Cia si rivolse ad Acxiom che trovò informazioni su 11 dei 19 dirottatori di Al Qaeda.
Massimo Gaggi