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 2012  novembre 23 Venerdì calendario

GIAPPONE - [NEL PAESE DOVE PER FUMARE IN PACE SI DEVE PAGARE]


A Tokyo adesso si paga per fumare. Non perché devi sborsare i circa cinque euro del costo medio di un pacchetto di 20 sigarette, ma nel senso che devi pagare per fumare le sigarette che hai acquistato. Almeno per godertele in pace.
Contrariamente a quanto avviene nel resto del mondo, a Tokyo è proibito fumare nelle strade, ma è permesso nei locali pubblici. Le strade sono i luoghi pubblici per eccellenza ed è quindi giusto che i passanti non debbano subire fumo passivo. I cosiddetti «luoghi pubblici» sono invece luoghi preminentemente privati e il cittadino è libero di frequentare quelli che gradisce. Di qui una certa permissività dei regolamenti relativi al fumo. I marciapiedi sono tappezzati di segnali che ricordano ai pedoni l’ammontare della multa per chi trasgredisce: da 15 a 100 euro. Pattuglie di poliziotti anti-fumo si aggirano senza sosta nelle strade del centro con severo cipiglio. Basta incrociare il loro sguardo per farti rimettere il pacchetto in tasca. C’è una miriade di dipendenti comunali armati di scope e raccoglitori che perlustrano i marciapiedi con accanimento maniacale per raccogliere ogni mozzicone lasciato cadere (quasi sempre da stranieri: i fumatori giapponesi non escono mai di casa senza il proprio portacenere tascabile).
Se hai una voglia matta di fumare mentre sei diretto a un ristorante, devi tenerti la sigaretta spenta tra le labbra per accenderla non appena metti il piede dentro il locale prescelto, sfiorando con la testa le due corte tendine che ti segnalano che l’esercizio è in attività.
Una volta dentro il ristorante, il caffè, la sala massaggi, il karaoke o qualsiasi altro locale pubblico dove hai deciso di rifugiarti, puoi fumare quante sigarette vuoi senza che nessuno abbia nulla da obiettare. Neanche il malcapitato non fumatore che ha chiesto e ottenuto con gli immancabili sorriso e inchino un «tavolo per non fumatori». Quel tavolo potrebbe essere l’unico, o uno dei tre o quattro tavoli per non fumatori del locale che di tavoli ne ha una trentina, generalmente tutti occupati da adoratori della dea nicotina intenti a bruciare «incensi» in suo onore.
Se invece il raptus nicotinico ti coglie mentre stai fendendo la folla di una stazione centrale della metropolitana (anche dieci milioni di transiti al giorno per ogni stazione importante), dovrai arrancare sino all’uscita (che potrebbe essere distante anche un chilometro) dove troverai, immancabilmente, «l’angolo dei fumatori» o smoking area. Potrai cosi trovarti gomito a gomito (forse sarebbe meglio dire bronco a bronco) con 50 o 100 candidati a figurare presto nei dati statistici dei solerti ricercatori universitari impegnati a distinguere tra casi di cancro dovuti al fumo e quelli dovuti alle radiazioni atomiche. La densa nuvola di fumo che esonda dalle «smoking area», gli ha fatto guadagnare il macabro soprannome di «camere a gas».
In aiuto ai fumatori incalliti vengono anche le maggiori fabbriche di sigarette (il 60 per cento circa del tabacco è monopolio dello Stato) che gestiscono un’immensa rete di «smoking area» accanto ai distributori automatici di sigarette. Impossibile quantificare, ma se ne incontra uno ogni cinque o sei isolati. E sono sempre pieni di cittadini che arrivano, acquistano le sigarette, aprono in fretta il pacchetto e inalano in profondità una o anche due sigarette in sequenza, stando in piedi accanto al grande posacenere comune dove diligentemente fanno cadere la loro cenere il loro mozzicone. Da lontano, sembrano viandanti d’inverno che si scaldano attorno a un fuoco. Da vicino, iniziati di riti misterici intenti a celebrare una cerimonia segreta.
È proprio per evitare di giocarsi i bronchi nelle «camere a gas» e per non avere capelli e vestiti impuzzolentiti dal fumo che gli industriosi giapponesi hanno escogitato un nuovo servizio a pagamento. Si chiama Ippuku (boccata o tirata di sigaretta). Sono locali per fumare con dignità, senza complessi di colpa. Asettici e inodori grazie a potenti e continui cambi d’aria, gli Ippuku sono i luoghi ideali per fare una sosta rilassante in compagnia dell’amata «bionda». Si paga l’equivalente di 50 centesimi di euro, ma non c’è bisogno di stare a frugare nelle proprie tasche alla ricerca della monetina da 50 yen, quella con il buco al centro. Basta inserire nell’apposito scanner la vostra carta di credito per la rete dei trasporti e la barriera si alza permettendo il vostro ingresso nell’oasi del fumo, esattamene come se entraste in una stazione della metropolitana. Trovate aria fresca e pulita in estate, la troverete calda in inverno, sedili imbottiti e comodi tavoli, distributori automatici di bibite, prese per caricare batterie di cellulari e computer, toilette terse e adornate con graziosi fiori freschi, come dovunque, d’altronde.
Niente personale in giro, ma una porta con la scritta «staff only» fa capire che c’è qualcuno che sorveglia che tutto funzioni perché voi possiate paradossalmente fumare la vostra sigaretta in un «ambiente senza fumo». Gli Ippuku stanno spuntando come funghi in centro e si prevede un rapido allargamento a macchia d’olio. C’è una filosofia dietro, un approccio pragmatico, tipico della mentalità giapponese: finché per un’importante fetta dell’umanità fumare rimane un elemento positivo della godibilità della vita, sia pure nell’adulta consapevolezza del danno che apporta alla salute, facciamo in modo che sia un’esperienza il più piacevole possibile. A ben pensarci, non è, o non dovrebbe essere, così per ogni aspetto della nostra vita, pur sapendo che finirà presto in cenere come una sigaretta?