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 2012  novembre 23 Venerdì calendario

L’ ULTIMA CAVALCATA DELLE AMAZZONI SI COPRE DI RANCORE PER IL CAVALIERE


«Come Schettino», cioè incapace e traditore. Era difficile che trovasse un insulto più sanguinoso una donna, Isabella Bertolini, che per tanto tempo ambì alla parte di Domnica Cermontan, la moldava fiera di svettare in plancia. E la Bertolini se la contendeva, quella parte, con la moltitudine esuberante che predicava berlusconismo a ogni scollatura e a ogni colpo d’anca e soprattutto a ogni ghirigoro di lingua. «E’ proprio vero, signori si nasce. A questo punto è chiaro a tutti gli italiani dove sono la nobiltà d’animo e la bontà». Era il 2005, e Silvio Berlusconi era un «grande italiano» nel giudizio irrimediabile della Bertolini, che ora saluta il Pdl non accordandogli più che la dimensione di «fronda grillina». Non lo si scrive per impiccare la signora a una vecchia frase, ma per individuare quel filo ormai fosforescente che congiunge Nicole Minetti («è solo un culo flaccido», parere secondo competenza) a Michaela Biancofiore («ha ceduto alla nomenclatura») passando per tutte le altre. L’ultima, appunto, è stata la Biancofiore, soltanto poche settimane fa insignita del titolo di comandante delle Amazzoni, cioè le succinte, ardenti e furiose incaricate di organizzare l’ultima e irriducibile difesa del berlusconismo. Me ne vado, ha detto ieri la ex guerriera, a fondare un altro soggetto. Il miliardesimo.

Ma non è per forza diserzione, forse soltanto sfinimento, sebbene i modi e i tempi lascino di sale. Infatti pure una signora dal percorso non sempre rettilineo come Daniela Santanché - e però l’indiscussa depositaria del verbo arcoriano - nelle conversazioni private si lascia sfuggire qualche sospiro di abbattimento per l’instabilità cronica del Capo. L’unica rimasta a cantare senza un tentennamento le rime dell’epica del Cavaliere è Stefania Prestigiacomo, che il 24 ottobre definì «generoso e lungimirante» il Berlusconi che annunciava il ritiro e indiceva le primarie, e tre giorni dopo (pronunciata la condanna dal tribunale di Milano, con la conseguente invettiva da villa Gernetto) esultava: «Abbiamo ancora un grande leader. Il suo impegno diretto è obbligato da una sentenza politica». Ma in questo caso il romanzo di Montecitorio vuole che tanto slancio non venga corrisposto proprio dall’ex premier, che ormai si è fatto un’idea precisa di quanto sappia dare una ragazza della prima ora come la Stefania. Un po’ quanto è successo a Mara Carfagna, oggi vibrante sostenitrice delle primarie e della premiership di Angelino Alfano, e le cui difese di Berlusconi hanno il suono legnoso della recita a copione. L’interpretazione è accusabile di malizia, ma è difficile negare che l’amore sia infiacchito e che i due si lascino da buoni amici, o almeno con quell’aria lì.

Era un bell’esercito di rabbiose e gelosissime soldatesse, tenute assieme dallo sguardo sul Sole. L’eclissi ha coinvolto già qualche mese fa Mariastella Gelmini, subito sospettosa dell’andazzo del partito e sicura su dove sarebbero andati a finire i sondaggi. E ha oscurato più di recente le retrovie, dove si agitano febbrili e smarrite quelle che non sanno rassegnarsi. Gabriella Giammanco, Laura Ravetto, Fiorella Ceccacci, tutte queste deputatesse di così bell’aspetto non possono credere che il Grande Leader non gli risponda più al telefono. Né agli squilli né ai messaggini. Allora chiamano Maria Rosaria Rossi, soprannominata “la badante” (con sprezzo ma centrando il bersaglio), e niente, non risponde nemmeno lei, che fino all’altro giorno era il crocevia di ogni dolce pettegolezzo, di ogni spartizione di affettuosi incarichi. Ieri la Rossi è arrivata inattesa a Montecitorio, suscitando tutto un frullar d’ali, e vano, poiché la signora se ne è rimasta in disparte a parlare al telefono, e a concedere udienza a pochi. Ecco, questa è la sala da ballo. Annagrazia Calabria (responsabile dei giovani pidiellini) stando ai resoconti dell’Ansa non pronuncia la parola “Berlusconi” dal 10 di ottobre, quarantadue giorni. Maria Vittoria Brambilla è scomparsa nel nulla, vittima di qualche sospetto e qualche rancore. La festa è finita, e anche le briciole son quelle che sono.