Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 23/11/2012, 23 novembre 2012
“STRACULT”: CHIUDE IL REGNO DEI CINEFILI
[Rai due manda in soffitta il programma di marco giusti che aveva riscoperto il cinema di genere e i suoi eroi] –
La decontaminazione è completata. Radio “freccia” ha interrotto le trasmissioni. L’ultimo graffio di Carlo Freccero in Rai, la ferita estetica, è stata finalmente su-turata. Rai Due progetta di chiudere Stracult. Senza annunci o funerali. Serranda sulla memoria di genere e sui poliziotteschi, le Giovannone dalla lunga coscia e il migliore documentario sul G8 di sempre (Bella ciao), le interviste impossibili e le discussioni serie, la scoperta degli attori che furono architrave di un’epoca e le rarità. Poi le mode, l’indotto, le celebrazioni veneziane, il plauso di Quentin Tarantino (Django è diretta filiazione delle riscoperte giustiane), le perle di Sergio Leone e un format originale, unico, seppellito per eccesso di vitalità. Troppa identità in una rete senza identità. Troppo Marco Giusti. Troppa eredità del cappellaio matto di Savona che in Rai portò San-toro e Sabina Guzzanti, Luttazzi e Benigni, Verdone e, addebito più grave, la pericolosa eversione dell’intelligenza.
Tutto finito ora, per volere della direzione di Rai Due persuasa (ma è una scusa) che il 4 per cento di share ottenuto con il risibile costo di 25.000 euro a puntata, fosse un esempio di risparmio da far dimenticare al più presto. Nella Rai in piena pretattica elettorale (preoccupata, come raccontano dai tanti programmi da re-distribuire tra i renziani di Giorgio Gori e i bersaniani di Simona Ercolani), Rai Due aspira a raggiungere l’8. Complicato che ci riesca eliminando Giusti, più facile che da domani, il suo prezioso lavoro anche notturno sulle teche Rai (senza nominalità e catalogazione dal ’77 all’85), gli ospiti planati gratuitamente grazie alle amicizie del padrone di casa e lo studio di settore sul nostro recente passato, restino senza un titolare. Giusti partì insieme a Freccero più di 15 anni fa. Un’idea: Orgoglio coatto, la partecipazione di Verdone, un’unica serata, un risultato clamoroso. Ascolti al 30 per cento. Dirigenti assetati di ripetizione. Dal tentativo riuscito e dalla novità nacque Stracult. Il nome, vecchia intuizione di Giusti immaginata durante le estenuanti moviole di Blob, creò proseliti e tentativi di imitazione. Partecipazioni straordinarie di nomi noti e caratteristi vissuti per anni nell’ombra finalmente planati sotto la consolante luce della ribalta.
Frammenti di discorso amoroso sul cinema, dietro le quinte di Cinecittà, a contatto con il lato misterioso di ciò che era stato forzatamente rimosso, negato, cancellato perché considerato sacrilego. Giusti preferisce rimanere in silenzio. Da anni vive nell’equivoco. Serio studioso di cinema, curatore di rassegne, appassionato di tutto l’immaginario che all’improvviso venne nascosto sotto le coperte del conformismo. A fare Stracult, con reciprocità del pubblico in ascolto, si divertiva. Sorridente archeologo del pauperismo zozzone, esegeta di una poetica che solo molto tempo dopo lo sdoganamento, venne reintrodotta nel consesso civile dai soloni di settore. Lavoro e passione. Se avesse avuto l’attitudine del martire avrebbe potuto urlare. Ha taciuto. In Rai le noti tenui non pagano. Vincono gli urlatori, i piazzisti, gli spasmodici agit-prop della loro stessa opera. Stracult ne aveva radunate tante sotto un cielo confuso. Si sono spente le stelle. L’estetica è diventata un’etica di corto respiro. Il ricercatore è stato assassinato verso sera. In seconda serata. Il cultore del culto va in soffitta. E non ci sono all’orizzonte fiaccolate, altari, né preghiere. Indifferenza. Pessima notizia. La regola, in Viale Mazzini.