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Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Quanto tempo manca alla cattura di Matteo Messina Denaro, l’ultimo dei grandi mafiosi latitanti?
• Perché se lo chiede?
Perché l’altro giorno hanno arrestato 19 persone, tra cui il fratello, tutte in qualche modo al suo servizio. Gli hanno fatto terra bruciata intorno o, come si dice da quelle parti, hanno prosciugato la risaia e prima o poi uscirà fuori anche la “testa dell’acqua”, cioè la fonte del potere, cioè lui. “Testa dell’acqua” è uno dei soprannomi di Messina Denaro. Un altro è “’u siccu”, cioè “il secco”. «Lu bene vene da lu Siccu, lo dobbiamo adorare, è ”u Diu, è ”bene di nuiatri». Così si sente dire, in un’intercettazione, a Vito Signorello, professore di educazione fisica, che gli fa da autista. Altro soprannome: Diabolik, perché andava matto per quei fumetti e voleva piazzare, come Diabolik, due mitra sotto i fanali della sua 164. I ray-ban che si vedono nelle sue vecchie foto sarebbero in qualche modo un omaggio a Diabolik.
• Lei sta parlando da mezz’ora, ma io mica lo so tanto bene chi è questo Messina Denaro.
Matteo Messina Denaro è un boss del trapanese, che forse a un certo punto avrebbe potuto diventare il capo di tutta la Sicilia, cioè pigliare Palermo e da lì governare la malavita della regione. Se ne guardò bene, per prudenza, per saggezza, per occhio politico. Che bisogno c’è di andare a Palermo per diventare più potenti? Ha lasciato perciò che nel capoluogo si massacrassero e si facessero massacrare, senza immischiarsi. Era agli ordini di Bagarella, poi di Riina, poi è stato un devoto di Provenzano, fino a che non scoprì che Provenzano si conservava i suoi pizzini, sicché quando poi fu arrestato trovarono questo epistolario di Messina Denaro e capirono un po’ di più del personaggio. Messina Denaro non vuole essere capito perché sa che un modo per prenderlo è capirlo. Di Provenzano, al quale in passato aveva scritto: «[…] io riconosco soltanto a lei l’autorità che le spetta, noi due ci capiamo anche se non ci vediamo», disse, dopo la faccenda dei pizzini suoi ritrovati: «Se lo avessi davanti gli direi cosa penso e, dopo ciò, la mia amicizia con lui finirebbe». Non c’è da star tranquilli se a pronunciare parole come queste è uno come Messina Denaro.
• M’immagino che avrà ammazzato un sacco di gente.
Il delitto più efferato è quello dei fidanzati Vincenzo Milazzo e Antonella Bellomo, che erano dalla parte dei perdenti durante la seconda guerra di mafia (1993). Fece trovare i cadaveri insaccati in buste di plastica e lasciati in una cava di materiale petroso in località Balata di Baida. Erano già mezzo decomposti. A lui gli aveva sparato, a lei l’aveva strozzata. Era al terzo mese. Poi ha preparato l’attentato a Costanzo, ha eseguito quelli stragisti di Firenze, Roma e Milano, ha pedinato Falcone. Era mafioso – mafiosissimo – pure il padre, Francesco, capomandamento della famiglia di Castelvetrano, campiere del feudo dei D’Alì, che erano padroni della Banca Sicula e un cui esponente fu anche sottosegretario in un governo Berlusconi. Il padre andava matto per l’archeologia e ha trasmesso questa passione anche al figlio che a un certo punto s’era addirittura messo in testa di rubare il Satiro danzante, magnifico bronzo di epoca classica (o al massimo ellenistica). Avevano già preparato la buca dove nasconderlo…
• Da quanto tempo lo cercano?
Da diciassette anni. Che sarebbe poco, se si fa il paragone con la latitanza di Provenzano, durata 43 anni. Le dico chiaro e tondo che alla latitanza di 17 o di 43 anni io non ci credo, voglio dire è evidente che ha delle complicità nello Stato, tanto più che questi mafiosi, quando poi li prendono, si scopre che stavano inguattati a casa loro. Messina Denaro ha pure la passione delle donne, e ha avuto addirittura una figlia, durante questa latitanza, che adesso ha 12 anni e che lui non dovrebbe avere mai visto.
• Lei pensa che la popolazione intorno lo protegga?
Quelli di Castelvetrano, dice? Non lo so, non lo posso dire. Lui dovrebbe comunque essere in zona. I 19 che hanno arrestato l’altro giorno gli facevano da rete logistica, gli permettevano di mantenere i collegamenti con i complici e con coloro che devono immancabilmente versargli i denari che gli spettano, pizzi o proventi di attività commerciali lecite. Messina Denaro ha investito, per esempio, nei supermercati ed è possibile che abbia contatti con gli Stati Uniti, che cioè partecipi o abbia partecipato al tentativo in corso da parecchio tempo da parte della malavita siciliana di internazionalizzarsi e riprende quota attraverso alleanze transoceaniche. Perché colpiti, sono colpiti, non c’è dubbio.
• Se gli hanno prosciugato la risaia prima o poi salterà fuori.
E’ prudentissimo. Non scrive neanche i biglietti di suo pugno, ma li detta a un amanuense, questo perché non vuole che la sua calligrafia sia conosciuta e riconosciuta. I postini sono al massimo due e devono tenere i cellulari spenti per due giorni prima e per due giorni dopo le consegne. Le comunicazioni avvengono vis-à-vis, camminando sulla spiaggia. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 17/3/2010]
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