Attilio Barbieri, Libero 17/3/2010, 17 marzo 2010
I LUMBARD NON MOLLANO L’AGRICOLTURA. UN MINISTERO CHE VALE 20 MILIARDI
Il cambio della guardia al ministero delle Politiche Agricole è destinato a risolversi ben oltre la data delle Regionali. Zaia l’ha detto più volte: resterà ministro fin quando il nome del nuovo inquilino di Palazzo Balbi non sarà deciso. Dalle urne. In realtà la decisione potrebbe arrivare addirittura un mese dopo, dunque verso fine aprile. Sul nome del successore di Zaia all’Agricoltura le ipotesi sono più d’una. Semmai la novità degli ultimi giorni è che la Lega non intende mollare il dicastero di via XX Settembre. Men che meno a Giancarlo Galan, il governatore uscente del Veneto non ricandidato per far posto proprio a Zaia. Il tam tam di radio Lega è categorico: non se ne parla. stato lo stesso Bossi a delimitare i contorni del perimetro entro il quale può avvenire la successione. Il prossimo ministro dovrà essere sempre un uomo del Carroccio. Altre strade nonce ne sono. Una soluzione naturale ci sarebbe: Roberto Cota, ma solo nel caso in cui capogruppo della Lega Nord alla Camera dovesse soccombere a Mercedes Bresso nella corsa a governatore del suo Piemonte. Così fra i papabili spunta il nome di un outsider: Sebastiano Fogliato, imprenditore agricolo, ugualmente piemontese, classe1967, membro della Commissione agricoltura. Per la prima volta nella storia recente del nostro Paese la successione sulla poltrona che fu tra gli altri di Marcora e Pandolfi rischia di innescare una vera lotta di potere. Di quelle che non si vedevano da decenni. Ma tutto ciò non deve stupire. Con il suo attivismo il ministro uscente ha saputo trasformare un dicastero considerato di second’ordine in un grande centro di consenso politico e popolare. L’eredità che lascia in dote al suo successore è di quelle pesanti, con un patrimonio di consensi tanto ampi quanto non si era mai visto da quelle parti. Soprattutto dopo anni di scollamento fra il dicastero di via XX settembre e gli agricoltori. Si possono considerare amici i 500mila aderenti a Coldiretti, di gran lunga l’orga - nizzazione più rappresentativa del settore agricolo. Non a caso il suo presidente Sergio Marini e Zaia sono schierati dalla stessa parte nella guerra degli Ogm, vale a dire sul fronte del no. Formaggi, vino, latte e olio: la fama di Zaia come ministro movimentista supera i confini nazionali. All’ultimo G8 agricolo di Cison di Valmarino (Treviso) i giornalisti stranieri accorsi a centinaia per sentire le ricette degli otto Grandi sulla crisi del primario furono stregati da ”big Luca”. «L’avessimo noi un ministro così...». Ma non è solo una questione politica. Il pacchetto di mischia attorno alla poltrona destinata a restare vacante fra breve si spiega anche col fiume di soldi che transitano dalle casse delle Politiche Agricole. I conti sono presto fatti. L’ultima Finanziaria ha stanziato un miliardo e 150 milioni di euro per il triennio 2010-2012. A questi denari si devono aggiungere gli aiuti europei che valgono da soli quasi un miliardo e 300 milioni. Questi ultimi spendibili però entro l’anno. Ma c’è ben altro: 17 miliardi e mezzo legati ai ”Programmi di sviluppo rurale 2007-2013”dei quali poco meno di 9 sono messi a disposizione dall’Unione europea attraverso il Fondo agricolo europeo. A gestire questa montagna di quattrini sono le Regioni, ma a programmarne la destinazione è il Ministero. Non è finita: c’è pure un capitolo riguardante il mare, con gli 848 milioni del Fondo europeo per la pesca, di cui il 50% è costituito da fondi nazionali e il rimanente da erogazioni provenienti da Bruxelles. Insomma, l’inquilino di via XX Settembre ha una capacità di spesa tale da far impallidire quella della maggiore azienda industriale italiana, la Fiat. Oltretutto, per una percentuale superiore al 40% si tratta di soldi garantiti dalla Ue. E a beneficiarne è un settore certamente in crisi ma che vale tuttora 519 miliardi di fatturato e conta 929mila occupati.