Ugo Bertone, Libero 17/3/2010, 17 marzo 2010
LA SFIDA ALLA MOURINHO DI ALESSANDRO L’EX GRANDE
Lo schiaffo più sonoro ad Alessandro che fu il Grande è arrivato da Treviso, ad opera dell’avvocato Dino de’Poli, pirotecnico leader assoluto di Cassa Marca, una delle Fondazioni venete che, ama ricordare il ministro leghista Luca Zaia, «hanno consentito al gruppo Unicredit di muovere i primi passi nel mondo della finanza internazionale ». La funzione tecnica ”si legge in una nota - «risiede nell’am - ministratore delegato ma la funzione politica è dei soci, cioè delle Fondazioni »: vista da de’ Poli, la funzione di Alessandro Profumo è quella del ragioniere di lusso. Lo schiaffo che brucia di più, però, è arrivato da Luigi Maramotti, erede di Achille il fondatore di Max Mara, che a suo tempo sostenne in ogni modo l’ascesa di quel giovane allampanato, all’epoca solo 37 enne, ai piani alti di piazza Cordusio. Eppure è stato Luigi a lanciare le critiche più dure alla ”banca unica” così come l’ha presentata Profumo. L’ac - cusa? Il banchiere aveva promesso di rivedere il progetto alla luce dei rilievi sollevati dai soci. Invece ha tirato dritto per la sua strada. stato recepito nella bozza finale, così come aveva promesso lo stesso Profumo. E non è la prima volta che fa di testa sua, hanno convenuto i maggiorenti della banca, da Paolo Biasi, rappresentante di Cariverona allo stesso DieterRampl, il presidente che ha già diviso i suoi destini da quelli di Alessandro. Insomma, il rinvio al 13 aprile del votosul progetto ”banca unica” asso - miglia più al primo atto di un lungo addio piuttosto che una pausa di riflessione. A meno che Alessandro non accetti un ruolo dimezzato. Più facile, a conoscerlo, che dìa le dimissioni (minacciate più volte negli ultimi dieci anni), magari con una liquidazione raddoppiata. Più facile che Fabrizio Palenzona, l’anima politica di Unicredit, che più volte ha mediato tra l’ad e i soci, stavolta si sia già rassegnato a un divorzio morbido. Ragioni per lo strappo non mancano. Così come i nemici che Alessandro si è creato nella sua campagna, da Roma all’Oriente. La solitudine del manager ha una ragione: i grandi soci, cioè le fondazioni, possono accettare il potere assoluto del banchiere se porta ricchi doni. Ma, dopo un anno di digiuno dalla cedola e due aumenti di capitale, per i soci si profila un dividendo dimezzato. Per giunta Profumo ha pigiato l’acceleratore sull’integrazione delle varie unità del gruppo, cancellando cariche emarchi storici. Un bel risparmio, sulla carta ma anche una sfida irriverente, alla Mourinho (riferimento d’obbligo per un interista doc)ai poteri locali. Una sfidasospetta perché non accompagnata dalla nomina di un direttore generale per le attività italiane, come al contrario avviene in Germania o in Austria, ma solo dalla frammentazione degli incarichi ai fidi luogotenenti: sembra quasi che Alessandro voglia studiare da Cesare. Ma di Cesare, nella finanza italiana, ce n’è già uno e di cognome fa Geronzi. Risiedea Mediobancaemedita il trasloco alle Generali. Magari tenendo un piede in Piazzetta Cuccia, cosa che a Profumo, primo azionista di Mediobanca, non piace. Un bell’ostacolo che potrebbe essere rimosso giusto in tempo se Alessandro, così orgoglioso da non piacere quasi a nessuno (compreso Giulio Tremonti) facesse le valigie. Congetture? A pensar male non si sbaglia quasi mai.