Elena Lisa, La Stampa 17/3/2010, pagina 8, 17 marzo 2010
INTERVISTA A LORITA TINELLI. OGNI SETTIMANA DECINE DI SEGNALAZIONI
L’hanno arrestato ieri mattina Danilo Speranza, 62 anni, portato via in manette con l’accusa di aver abusato sessualmente di ragazzine di 11-12 anni e delle loro madri, di truffa aggravata, false dichiarazioni all’autorità giudiziaria e riduzione in schiavitù.
Nella vita Danilo Speranza è un guru, il leader unico e indiscusso della setta «R. E. Maya», con mille adepti, e un tentativo di proporre una filosofia new age accompagnata da yoga e riti esoterici. «Mi sento male», avrebbe detto l’uomo agli agenti al momento dell’arresto. Speranza è stato trovato dalla polizia nell’appartamento della sua segretaria dove al momento alloggiava, insieme con alcune giovani donne.
A chi lo vedeva passare nel quartiere dove viveva o a San Lorenzo dove aveva la sede la sua associazione sembrava una persona seria, distinta, spesso in giacca e cravatta e con cane al guinzaglio. Se però si va a chiedere a chi ha avuto a che fare con lui in passato il ritratto che emerge è diverso. Per Massimo Introvigne, sociologo e studioso di sette religiose, «era un tipo losco, si capiva che difficilmente ci si poteva fidare di lui».
Per Abdul Hadi Palazzi, presidente dell’Assemblea Musulmana d’Italia, «Speranza non è nuovo ad atteggiamento di questo tipo: il marito di una donna che si era curata nella sua comunità di recupero mi raccontò di violenze psicologiche e di continue richieste di denaro».
Eppure in tanti si fidavano di questo signore che è presidente di un centro solidale, di una comunità di recupero per tossicodipendenti, dell’Associazione Musulmani italiani e al tempo stesso guru di una setta new age, la setta Maya fondata negli Anni Ottanta, di cui è il «Settimo Saggio». Ai suoi adepti riusciva a scucire soldi nei modo più disparati. Annunciava di aver inventato il «disintegratore molecolare», un attrezzo capace di risolvere la fame nel mondo trasformando la spazzatura in cibo alterando la struttura molecolare delle sostanze. E per sovvenzionare questo macchinario estorceva decine di migliaia di euro. E poi soldi per i corsi di yoga in carcere, corsi per difesa personale e anche azioni benefiche, come la costruzione di un villaggio per bambini in Somalia. Speranza spillava denaro costringendo gli adepti a svuotare conti correnti e addirittura chiedere prestiti bancari, si faceva intestare contratti di negozi come quello di una erboristeria sempre grazie alla copertura della comunità da lui fondata negli anni ”80. E poi le violenze sessuali, giustificate dalla «necessità di modificare il karma delle bambine e trasmetterle a tale scopo il suo Dna sano e curativo».
C’è voluto oltre un anno e mezzo perché dal pool di magistrati della procura di Tivoli partisse l’ordinanza di custodia cautelare: chiesta dal Procuratore capo Luigi De Ficchy assieme ai due pm Maria Teresa Pena e Stefania Stefania, e firmata dal gip Cecilia Angrisano. Per convincere le ragazze a ritirare la denuncia Speranza aveva provato di tutto, arrivando alle minacce e persino offrendo alla madre di una delle due 45 mila euro per il silenzio. Ma non è servito a niente. Per il guru sono scattate le manette e a questo punto sarebbero già decine le denunce di altri aderenti all’associazione che hanno deciso di raccontare quello che avveniva nell’associazione. Il telefono non smette di squillare. Lorita Tinelli, presidente del Cesap, il centro studi sugli abusi psicologici, deve rispondere ai legali che dopodomani la sosterranno in tribunale contro «Arkeon», una delle sette più ramificate in Italia con gruppi da nord a sud e oltre diecimila adepti: psicologi, casalinghe, religiosi, attori, maestre. E bambini tirati dentro dai loro genitori. I leader dell’organizzazione sono accusati di associazione a delinquere. la prima volta, in Italia, che accade. La Tinelli, però, che nel processo si è costituita parte civile, ha altre chiamate alle quali rispondere. E a queste non riesce proprio a negarsi: sono le richieste d’aiuto di uomini e donne, giovani e vecchi, spesso parenti e amici di chi è entrato in una setta e non sa come uscirne. O non vuole uscirne. «No - dice a una signora che chiama da Milano - di questo gruppo non ho mai sentito parlare. Ma stia tranquilla, sua sorella la tireremo fuori...»
Ogni giorno così?
«Il mio centro non riceve meno di quaranta segnalazioni a settimana. sconvolgente, la situazione non fa che peggiorare».
Com’è possibile, le forze dell’ordine non fanno nulla?
«Il punto è che hanno spesso le mani legate. I capi delle organizzazioni appena sentono su di loro e sul gruppo una certa pressione, scompaiono per poi ricomparire con un altro nome, da un’altra parte. Investigare non è facile».
Come nel caso della setta «Maya» di Roma?
«Esattamente. Si è trattato di indagini lunghissime, sono partite anni fa. E anche in questo caso è stata necessaria la ribellione di ex seguaci per riuscire a mettere le mani sul leader».
Quello delle sette è un fenomeno diffuso e sono in molti a temere il rischio che le persone più care possano essere irretite. Quali sono i sintomi che ritiene più evidenti in chi fa parte di una organizzazione come adepto?
«Lo dico sempre a chi mi chiama per avere dei consigli. Il campanello d’allarme più chiaro è il cambiamento di carattere e di stile di vita. Si diventa più taciturni, non si frequentano più i soliti amici. questa la prima regola imposta dalla setta: l’isolamento. Solo così il controllo diventa totale».
Com’è possibile cambiare in modo tanto radicale la propria vita senza reagire?
«Attraverso la manipolazione del pensiero. Ma per ”plagiare” vengono usate anche tecniche meno sofisticate. Ci sono sette in cui, chi sta a livelli intermedi della gerarchia è incaricato di pedinare e controllare le potenziali vittime. Lo scopo è scoprire i loro gusti, i bisogni, e fingere un feeling particolare per legarle a sé».
Con quali obiettivi?
«Consentire al guru di esercitare il proprio carisma, mettere le mani sul conto in banca dei seguaci e costringerli a piegarsi minacciandoli, picchiandoli e violentandoli. Ci sono persone che non si fanno scrupoli, non si fermano davanti a niente. Bambini compresi».
Nemmeno i genitori che nelle sette portano con loro i figli, però, sembrano sentirsi particolarmente responsabili...»
«I seguaci di quello che credono un guru sono intrisi della filosofia del gruppo. come se la loro vera personalità venisse occultata e schiacciata da valori diversi. I ”grandi” sono vittime come i ”piccoli”: in una setta ci entrano per la necessità di sentirsi parte di una comunità, essere accettati da un gruppo, amati. Così aumenta la loro autostima».
Al prezzo di vedere violentare dei bambini?
«Di quel prezzo si rendono conto solo quando la loro mente non è più obnubilata, quando riescono a uscire dalle organizzazioni. Il rischio, a quel punto, è che il rimorso per loro diventi devastante».