Guido Olimpio, Corriere della Sera 17/03/2010, 17 marzo 2010
PARACADUTE E VOLI NEL VUOTO. QUANDO IL CANE E’ EROE DI GUERRA
Il cane è legato al soldato. Volano nel vuoto, pochi istanti dopo si aprirà il paracadute. Fanno parte di un team austriaco impegnato in un’esercitazione della Nato a Narvik, in Norvegia. Seguono le «orme» di altre forze speciali che hanno pensato di usare i cani-parà. I tedeschi e gli alleati nel Secondo conflitto, poi gli americani in Vietnam, infine israeliani e i Sas britannici. «L’unico problema – spiegano gli istruttori ”è a volte il rumore dei motori, per il resto non sembrano intimoriti».
Le cinghie che tengono insieme soldato e animale non sono nulla rispetto ai vincoli invisibili che nascono sul campo. Fedeltà, amicizia, rispetto. Sono una coppia dove il rischio più grosso ricade sull’animale. il primo a mettere la zampa sul sentiero, ad aprire la strada, ad affrontare una minaccia. I cani non sono solo fedeli, ma spesso si rivelano insostituibili. L’esperienza dice che sono migliori delle macchine se c’è da scoprire un ordigno nascosto nella sabbia o da stanare un terrorista all’interno di un tunnel. Per questo i soldati si fidano del fiuto dei loro compagni a quattro zampe. I cani-parà vengono dotati di micro-telecamere’ fissate al collo o sulla testa – attraverso le quali trasmettono immagini in tempo reale alla pattuglia che li segue. E oggi che le guerre si combattono spesso in centri abitati e dentro intricate gallerie – Libano docet – sono preziosi. Tanto è vero che la richiesta di cani addestrati è in crescita. Il Pentagono, oltre ad aumentare le truppe in Afghanistan, ha pianificato un incremento delle unità cinofile. A fine luglio l’Us Army conta di schierare oltre 300 cani.
Prepararli non è cosa da poco. Li comprano in Europa – specie in Olanda – quando hanno un’età compresa tra i 12 e i 36 mesi, li pagano attorno ai 3 mila euro e poi li sottopongono ad un corso che può durare anche 5 mesi. Per i cani-parà, gli inglesi e gli americani avrebbero studiato un programma particolare per permettere un lancio da alta quota. Non si conoscono però i risultati. E non vogliono neppure svelarli, visto che i terroristi sono attenti nel cercare informazioni sui loro avversari. Nella sfida continua mai dare un vantaggio a chi ti aspetta con il mitra spianato.
Una volta nel teatro operativo gli animali impegnati nella caccia alle bombe seguono dei turni. Dodici ore «fuori» in zona ostile, seguiti da 48 ore di riposo. Non sono pochi i «Kia», i caduti in azione. Così come quelli feriti in modo grave o sotto stress: una rete di ambulatori militari cerca di curarli, esattamente come fossero dei marines. E sono anche celebrati. Gli israeliani dell’unità Ekotz hanno creato un piccolo cimitero vicino a Tel Aviv dove sono stati non pochi animali. I britannici, in febbraio, hanno conferito una medaglia al valore a Treo, labrador di 9 anni distintosi in Afghanistan per la sua capacità nell’individuare imicidiali Ied, gli ordigni improvvisati. Negli Stati Uniti li onorano con siti dedicati, pieni di foto, storie commoventi e colonna sonora.
A quanti denunciano il trattamento riservato agli animali, i militari rispondono con il classico «così si salvano delle vite umane» ma anche con racconti di cameratismo, con uomo e cane che sono davvero una cosa sola. Come il caporale Kory Wiens e il «sergente» Cooper. Il primo un geniere di 20 anni, il secondo un labrador di 4. Sono stati dilaniati insieme da una trappola esplosiva nel luglio del 2007 a Muhammad Sath, Iraq. Li hanno sepolti nella stessa tomba in un cimitero di campagna a Salt Creek, Oregon. Una decisione della famiglia che ha ricordato come Kory chiamasse Cooper «mio figlio». Uniti nella vita e nella morte.
Diverso il destino di Dustin Jerome Lee e del suo pastore tedesco Lex. Nel marzo 2007 sono in pattuglia quando finiscono sotto il fuoco dei ribelli iracheni. Il soldato è ucciso da un razzo, il cane resta ferito. Lo trovano disteso sul marine. Ogni tanto tocca con il muso il volto del «compagno». I genitori di Dustin chiedono al Pentagono qualcosa di inedito: «Vogliamo adottare Lex». All’inizio il comando risponde con un «negativo, il cane ha ancora due anni di servizio». Ma una raccolta di firme e il buon senso hanno spinto i generali a ignorare il regolamento. Il 21 dicembre di tre anni fa, Lex è stato affidato alla famiglia.
Guido Olimpio