Fabrizio D’Esposito, Il Riformista 17/3/2010, 17 marzo 2010
LA MARCIA DI MARA VERSO GIANFRANCO
Quoque tu Mara. Il postberlusconismo è un virus che contagia persino gli azzurri e le azzurre considerate totalmente immuni. Mara Carfagna, per esempio. Nell’immaginario collettivo del Palazzo, c’è sempre stato il malizioso e macabro (politicamente parlando) sospetto che la ministra per le Pari opportunità, ministra per volontà di Re Silvio, potesse essere la Claretta ideale del Cavaliere nelle ore finali di Palazzo Grazioli versione Piazzale Loreto.
Del resto, le altre due ministre presunte protagoniste delle intercettazioni hard dell’estate 2008, in questo periodo di caos finiano fine Impero continuano a professare fedeltà assoluta al loro benefattore: Mariastella Gelmini, titolare dell’Istruzione, fa parte dei pretoriani scelti dal collega Franco Frattini per difendere sino in fondo la causa del Capo; Michela Vittoria Brambilla, invece, dopo la sofferta promozione a ministro del Turismo senza portafoglio è stata riesumata dal Cavaliere in persona per lanciare l’ennesima creatura: stavolta i Promotori della libertà (Pdl come sigla...).
La vera sorpresa, allora, è che Mara Carfagna non fa più parte dell’inner circle rinchiuso nel bunker del premier circondato da nemici interni ed esterni. Ecco che cosa dice una fonte autorevole di governo: «Mara sta giocando di sponda con Italo in questo nuovo casino di Generazione Italia». Italo è Bocchino, proconsole del presidente della Camera e inventore dell’ultima diavoleria finiana che ha fatto infuriare Berlusconi. Il napoletano Bocchino vanta un rapporto antico con la salernitana Mara, sfociato tempo fa addirittura in una smentita dell’esponente aennino a un settimanale di gossip su presunte voci di un flirt con l’ex valletta poi scesa in politica.
Così oggi la coppia Carfagna-Bocchino è ritornata centrale. Non solo per le regionali, dove Mara è candidata in Campania nella lista del Pdl. I due, con la benedizione di Fini, hanno già ottenuto un risultato di rilievo con la nomina di Mario Orfeo, altro napoletano di rango, al Tg2. Poi il primo vero strappo di Carfagna dal Cavaliere: un’intervista al settimanale A di Maria Latella in cui il cofondatore Gianfranco viene nominato come il successore ideale di Silvio: «Stimo Fini da sempre e prima di aderire a Forza Italia ho votato Movimento sociale e An». Una vera dichiarazione d’amore.
In questa campagna elettorale nella sua regione natìa, Carfagna punta al pieno delle preferenze, agevolata anche dalla legge locale che consente due preferenze a patto che però ci sia l’indicazione uomo-donna. E schierati ventre a terra per garantirle voti sono soprattutto due candidati finiani vicini a Bocchino, Pietro Diodato e Luigi Muro. L’otto marzo, inoltre, per sostenerla è arrivato a Napoli il presidente della Camera, ufficialmente per la presentazione di un libro. Ma ad applaudirlo in prima fila c’era proprio lei. Contro Carfagna, invece, remano i vertici regionali del partito, il famigerato ticket berlusconiano Cosentino & Cesaro: il primo, Nicola, sponsorizza la segretaria del triumviro Denis Verdini (Luciana Scalzi), mentre Cesaro è concentrato su altri due nomi femminili. Insomma, una battaglia non facile per la ministra. Costretta pure all’esilio a Napoli dalla sua città d’origine a causa del presidente della provincia di Salerno Edmondo Cirielli, peraltro ex aennino, che ha liquidato così la sua presenza nel partito: «Da quando c’è Mara il Pdl fa schifo». Testuale.
In ogni caso, l’obiettivo di Carfagna è una cifra tra i 70 e gli 80mila voti, anche se poi si dimetterà da consigliere regionale per continuare a stare nel governo. Il risultato le consentirà di dimostrare di avere una sua ”territorialità” corroborata da un’autonomia elettorale. Non poco per una giovane calata in politica dall’alto. Racconta chi ha parlato con lei in questi giorni: «Mara è consapevole di dovere tutto a Berlusconi. E gli è riconoscente, ci mancherebbe. Ma per lei, adesso, il problema è continuare a fare politica dopo il Cavaliere. Non vuole sparire». Quoque tu Mara.