Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Si moltiplicano gli appelli a Grillo perché faccia fare il governo a Bersani e i grillini intanto si sono riuniti in un hotel dell’Eur e hanno discusso la possibilità di un referendum in rete per stabilire se dare o no l’appoggio al tentativo del segretario democratico. Per ora non si sa come sia finita, ma si sa che è stata bocciata (due terzi dei no) l’idea di andare in Parlamento tutti insieme, venerdì prossimo, inscenando una specie di marcia. Alcuni hanno detto che la cosa parrebbe bambinesca, come se gli eletti non fossero persone adulte, e serie, e avessero bisogno di andare alla Camera e al Senato accompagnati. Altri hanno spiegato che la cosa avrebbe un’aria fascista e dopo gli equivoci provocati dai giudizi storici della capogruppo Roberta Lombardi non pare il caso di inscenare marce di nessun tipo. Intanto il gruppo cerca i portaborse previsti dalla legge, che saranno selezionati esaminando i vari curricula. Si vogliono persone serie, preparate e che non abbiano a che fare con i vecchi partiti. Supponiamo che il Movimento 5 Stelle non li pagherà in nero, come hanno fatto troppe volte deputati e senatori della nomenklatura oggi apparentemente al tramonto.
• Dunque, gli appelli.
Ieri ne è arrivato un altro, intitolato «Facciamolo!» e firmato da Michele Serra, Roberto Benigni, don Ciotti, Oscar Farinetti, Roberto Saviano, Salvatore Settis, Barbara Spinelli. Secondo loro, «la volontà popolare sortita dal voto del 24-25 febbraio» esige che a Bersani si faccia fare il governo. Io avevo capito che il voto a Grillo è semplicemente un «basta!» ai vecchi partiti, ai loro compromessi e relativi malaffari. Invece nell’appello dell’altro giorno, firmato da Remo Bodei, Roberta De Monticelli, Tommaso Montanari, Antonio Padoa-Schioppa (figlio del compianto Tommaso), e di nuovo Salvatore Settis e Barbara Spinelli, sponsorizzato ds Repubblica e che finora ha raccolto appena 30 mila firme, si chiede a Grillo di votare un governo che realizzi il seguente programma, e giù un lungo elenco di cose da fare, compresa la legge sul conflitto di interessi che faccia fuori una volta per tutte Berlusconi. Grillo ha risposto a questi benpensanti da par suo: «Quando il Pdmenoelle chiama, l’intellettuale risponde. Sempre! In fila per sei con il resto di due. La funzione principale degli alleati è quella di lanciare appelli. L’appello e l’intellettuale sono imprenscindibili. L’intellettuale italiano è in prevalenza di sinistra, dotato di buoni sentimenti e con una lungimiranza politica postdatata».
• Dunque, niente.
Bisogna leggere gli appelli e il resto come momenti della lotta interna al Pd. Che cosa potrebbe succedere, infatti? Se il tentativo di Bersani non andasse in porto, lo sbocco più probabile sarebbe non la nascita di un governo istituzionale, con tecnici di alto profilo, svincolati dalla politica e tutto il resto, ma le elezioni a giugno. Renzi ha già fatto capire che questa è anche la sua soluzione, perché certo non accetterebbe di bruciarsi in una soluzione comunque rabberciata e di corto respiro. Quindi, fallendo Bersani, Napolitano si rassegnerebbe a essere rivotato al Quirinale, scioglierebbe le Camere, e si andrebbe alle elezioni con questa legge elettorale. Nel Pd dovrebbero rifare le primarie, Renzi le vincerebbe alla grande e si presenterebbe alle elezioni non si sa se alleato con Monti, ma probabilmente avendo tagliato l’ala sinistra di Vendola. Prenderebbe un bel po’ di voti moderati ed entrerebbe a Palazzo Chigi nonostante la prevedibile tenuta dei grillini, utile minaccia al ritorno delle vecchie pratiche. Dopo l’estate, Napolitano si dimetterebbe e si eleggerebbe il vero, nuovo capo dello Stato.
• Non la fa troppo facile?
Sì, è troppo facile. E Bersani una minima speranza di farcela ce l’ha.
• Ma se dall’entourage di Grillo hanno fatto sapere che qualunque accordo con i partiti vedrebbe l’uscita dal M5S di Casaleggio. E i grillini adorano Casaleggio.
Beh, molti di loro provengono da quella parte politica. E a qualche grillino darà magari fastidio che l’avventura finisca già a giugno, no? Una legislatura di cento giorni e se ne tornano subito a casa, mannaggia! E c’è pure la regola dei due mandati. Perciò un gruppetto di cinquestelle potrebbe votare la famosa fiducia tecnica, cioè ti do il voto solo per farti esistere e poi mi tengo le mani libere. Oppure esco dall’aula e, se esce dall’aula anche il Pdl per far mancare il numero legale, lascio in Senato il minimo dei parlamentari per far valere il voto. Se ne sono viste tante in passato, che una in più non farà troppa impressione a nessuno. Il Pci aveva inventato, all’epoca del compromesso storico, il «governo della non sfiducia».
• Grillo andrà su tutte le furie.
Questo è un altro grande tema dei prossimi mesi. Che poteri effettivi ha Grillo sugli eletti? Di fatto, nessuno. Ed è possibile che qualcuno di quei giovani parlamentari prima o poi ci faccia caso.
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