Adriano Prosperi, la Repubblica 11/3/2013, 11 marzo 2013
IL POTERE E LA GLORIA NEI RITI DEL CONCLAVE
In un campo editoriale affollato di tentativi di intercettare le domande sul mondo vaticano, questo nuovo libro di Agostino Paravicini Bagliani (Morte e elezione del papa. Norme, riti e conflitti,
Viella) è un’occasione da non perdere. Qui siamo davanti non al prodotto sfornato in tempi brevi ma alla conclusione di un’opera di lunga lena di uno studioso di grande prestigio. Lontano in apparenza dall’attualità quanto può esserlo un libro che si occupa dei primi 1.400 anni della Chiesa d’Occidente, questo libro offre tanta materia di conoscenze e di riflessioni.
La storia dei riti apre verso uno sfondo antropologico di miti e di credenze e rinvia di continuo ai rapporti di forza: tra popolo e clero, Oriente e Occidente, papi e imperatori; anche tra papi e papi. E la profusione di norme e riti è tale da far capire quanto vasto e vario sia il magazzino storico e quanta libertà di scelta e di innovazione si celi nella molteplicità e dicol
versità delle tradizioni. Chi si chiede quando sia nata quella corona di sovrano da tempo in disuso (papa Ratzinger ha preferito la mitra vescovile) scopre che il termine “coronare” sostituì quello di “consacrare” nel cerimoniale di papa Bonifacio VIII,
la bestia nera di Dante Alighieri e uno dei maggiori protagonisti di questo libro. Fu allora che il papa volle essere nello stesso tempo vicario di Cristo e
verus imperator.
Il libro si articola secondo i tre momenti del percorso papale: l’elezione, l’avvento al potere, la morte (premessa un dì obbligata per fare un altro papa, come diceva un proverbio popolare ormai non più vero). La lettura è un viaggio fittissimo di incontri attraverso i secoli. C’è una fase antica in cui nella galleria di famiglia del papato entrano anche laici di passaggio: come quel Fabiano che nel 236 fu portato di peso dal popolo sulla cattedra vescovile perché gli si era posata sul capo una colomba. Non fu il solo laico; ma di regola fino al secolo Decimo toccò quasi solo ai membri della Chiesa di Roma, talvolta designati dal predecessore. Le regole per l’elezione del papa si stabilizzarono molto lentamente. Fondamentale quella che portò nel 1059 alla restrizione degli elettori ai titolari delle sette (poi sei) diocesi suburbicarie, i “cardini” di quella di Roma. Quei cardinali suggerirono allora a San Pier Damiani l’immagine dei senatori della Roma antica e il sogno grandioso di una rinata unità romana per accogliere la moltitudine delle genti.
Ma la lotta per affermare il nuovo modello fu durissima: i conflitti con l’impero e poi
re di Francia dettero luogo a ben sette doppie elezioni e resero turbolente le riunioni dei cardinali costrette e protette entro il luogo chiuso che si chiama ancor oggi conclave. Il rumore della storia si fa più sommesso nella seconda parte. Le cerimonie dell’avvento aprono uno scenario di regalità sacra colorito e turbolento: i saccheggi rituali, la cavalcata trionfale da San Pietro al Laterano col canto delle laudi regali, gli ebrei che offrono la Bibbia al papa (e lui la getta via), la distribuzione di monete, la sedia “stercoraria”, la verifica della virilità, la sosta a San Lorenzo per adorare il prepuzio e l’ombelico di Cristo e il latte della Vergine contenuti nel “sancta Sanctorum”.
Al colmo della gloria e del potere, come nei trionfi degli imperatori, ecco la
memoria mortis:
un chierico dà fuoco a un bioccolo di stoppa e grida: «Padre santo, così passa la gloria del mondo» (sic transit gloria mundi).
Perché i papi muoiono: di ma-lattia, di vecchiaia, ma anche di indigestione in quelli che furono pranzi da far impallidire Pantagruele. La Chiesa è immortale, il papa no. Il pensiero del vuoto nella catena della successione di un regno senza eredità dinastica, suscitava in Pier Damiani un sentimento di terrore. Restava quel corpo di vecchio, nudo, spogliato di paramenti. Intorno al corpo del papa un libro di Agostino Paravicini Bagliani rivelò anni fa storie di un fascino qui rinnovato: a cui il lettore aggiunge di suo la coscienza di quanto sia mutato lo scenario presente. Perché un fatto è certo: da oggi si potrà uscire dal papato senza morire, andando semplicemente in pensione. E alle spalle del nuovo papa ci sarà non più solo il compito di onorare le spoglie del suo predecessore ma anche quello di regolare i rapporti col papa emerito. E ci si chiede se nella cabina di comando della navicella di Pietro ci sarà posto per due capitani.