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 2013  marzo 11 Lunedì calendario

Anno X – Quattrocentosessantaseiesima settimanaDal 4 all’11 marzo 2013Conclave Il conclave è cominciato martedì 12 marzo, prima fumata intorno alle sette di sera e non possiamo sapere se è stata bianca: scriviamo, come i lettori ormai sanno, di lunedì mattina

Anno X – Quattrocentosessantaseiesima settimana
Dal 4 all’11 marzo 2013

Conclave Il conclave è cominciato martedì 12 marzo, prima fumata intorno alle sette di sera e non possiamo sapere se è stata bianca: scriviamo, come i lettori ormai sanno, di lunedì mattina. I porporati si sono ridotti a 115, da 117 che erano, per via della malattia del cardinale di Giakarta e della rinuncia del cardinale O’Brien, accusato di molestie. Per eleggere il pontefice ci vogliono (o ci sono volute) 77 preferenze, cioè i due terzi dell’assemblea. Secondo le ricostruzioni dei vaticanisti più accreditati, si scontrano due partiti: quello dei romani, riuniti in una cosiddetta “cordata della curia” (quelli che avrebbero reso insopportabile il sacro soglio a Ratzinger inducendolo alle dimissioni per sfinimento) e una “cordata dei ratzingeriani”, fautori del rinnovamento eccetera. I capi della prima cordata sarebbero gli italiani Bertone e Sodano e il loro candidato si identificherebbe in Odilo Pedro Scherer, 64 anni. Frecce all’arco di Scherer: è brasiliano, quindi rappresenta la più grande comunità di cattolici al mondo (a luglio il nuovo papa andrà a Rio a celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù); è stato in curia per molti anni, conosce bene l’ambiente e l’ambiente lo conosce; la regola è che quando il pontefice non è italiano, le posizioni chiave di governo, per esempio la segreteria di stato, restano in mano agli italiani. Sull’altro fronte, la porpora più accreditata è Timothy Michael Dolan, 63 anni, americano e arcivescovo di New York. Fatto cardinale da Ratzinger, è uomo di straordinaria cordialità e simpatia, ben sostenuto dagli altri dieci eminenti Usa, dai latini e dal canadese Ouellet. Proprio Ouellet potrebbe rappresentare una soluzione di compromesso tra i due partiti: meno profilato di Dolan, secondo la leggenda più mite, o più debole, la sua nomina lascerebbe ai voraci curialisti la possibilità di non cessare dalle loro scorrerie. Altro punto possibile di mediazione potrebbe essere Angelo Scola. Infine, il lettore non deve dar troppo credito a queste ricostruzioni o pretese rivelazioni. Come diceva il cardinale Siri, che di pontefici ne aveva eletti quattro, «il papa si fa in conclave».

Breve o lungo Alla vigilia si sono tutti affannati ad assicurare che il conclave sarà breve. Qualche dubbio c’è, viste le divisioni che attraversano la Chiesa, e i problemi relativi: rapporti con l’Islam, rapporti con la modernità, pedofilia, riciclaggio eccetera. Agli eminenti, per aiutarli a non sbagliare, sarebbero state fornite all’ultimo momento le carte dell’inchiesta disposta da Benedetto sul malaffare interno e che erano inizialmente destinate in esclusiva al nuovo pontefice. Per il resto: un tempo i cardinali stavano scomodi e non vedevano l’ora di finirla, questo pungolo stavolta verrà a mancare. I porporati sono alloggiati nella Casa di Santa Marta, una stanza a testa (tranne la 201, riservata al futuro papa) con tutte le comodità. Impressionante il lavoro per rendere impossibile qualunque comunicazione all’esterno. La Sistina è stata immersa in una gabbia elettrorespingente, che dovrebbe vanificare anche i bip delle eventuali cimici piazzate da qualche servizio all’interno, nel tragitto da Santa Marta alla cappella due auto munite di antenne antichiacchiera scorteranno ciascuna delle macchine cardinalizie. Qualcuno dovrebbe comunque tentare una foto dall’alto, perché un corteo di trecento automobili in uno spazio tanto ristretto sarebbe da vedere. Sorveglianza ugualmente potente per i porporati che volessero coprire il tragitto in bicicletta o a piedi (l’età media però è di 72 anni, ce ne sono solo cinque che ne hanno meno di 60). Chi, nonostante tutto, riuscisse a comunicare con l’esterno sarebbe in ogni caso scomunicato all’istante.

Governo Analoghe complicazioni sul fronte politico italiano, il cui conclave, per dir così, comincia venerdì 15 marzo con l’insediamento di Camera e Senato. Posto che Grillo non è disposto ad allearsi con nessuno e che domenica sera ha annunciato il suo ritiro della politica se il Movimento 5 Stelle desse la fiducia a qualcuno, la partita in corso va letta come l’ultima fase del duello tra Bersani e Renzi, cioè tra l’anima radicale e l’anima moderata del Pd. Bersani punta a trovare in ogni caso qualche appoggio tra i grillini, fidando prima di tutto nel fatto che molti di loro vengono dalla sinistra e sull’altro fatto, più umano, che dopo il fallimento del suo tentativo si andrebbe alle elezioni e i poveri figli di mamma finiti niente di meno che deputati e senatori se ne tornerebbero a casa dopo appena cento giorni. Questo piano trova un ostacolo obiettivo in Napolitano: il presidente, a quanto s’è capito, darà l’incarico solo se si sentirà garantire dai capigruppo il voto di fiducia. Altrimenti, potrebbe limitarsi a un incarico limitato, cioè esplorativo, utile in definitiva solo per prendere tempo e arrivare alla data del 15 aprile, quando comincerà la battaglia per il Quirinale (il nuovo presidente, a differenza di quello in carica, potrà sciogliere il Parlamento). Napolitano ha ancora ribadito domenica sera, a fronte di un editoriale di Ferruccio de Bortoli direttore del Corriere, che non intende essere riconfermato. La strategia di Renzi, tornato in campo con un’intervista a Che tempo che fa, è imperniata sul fallimento del tentativo di Bersani e sulla riconquista prima del partito, attraverso nuove primarie, e poi di Palazzo Chigi, attraverso la nomina a candidato premier delle prossime elezioni. Il sindaco di Firenze è deciso a correre da solo, senza allearsi né con Monti né con Vendola, ed è sicuro di poter rimettere insieme non solo quasi tutti i voti di sinistra, ma anche quelli dei moderati delusi da Berlusconi. In tutto questo, il centro-destra appare al momento del tutto fuori gioco. Berlusconi, terrorizzato dalle sentenze che cominciano ad arrivare (è stato condannato a un anno per aver permesso al Giornale la pubblicazione della telefonata Fassino-Consorte ancora secretata), vuole adesso le elezioni, sicuro a sua volta di vincerle. Qualunque cosa accada nelle prossime settimane, dunque, l’esito più probabile adesso appare quello di un nuovo voto a giugno con questa legge elettorale.

Venezuela Il presidente venezuelano Hugo Chávez è morto di cancro all’età di 58 anni. Ultime parole: «Non voglio morire, non fatemi morire» raccolte dal capo della guardia nazionale José Ornella. Funerali di un milione di persone, santificazione laica, accuse agli Stati Uniti di aver iniettato il cancro non solo al presidente venezuelano, ma anche a tutti i capi del Sud America. L’immediato futuro sembra appannaggio del delfino Nicolas Maduro, un ex conducente di autobus. Il futuro non immediato è più nebuloso. Il Venezuela è un forte produttore di petrolio (due milioni di barili al giorno), i cinesi gli stanno addosso, gli americani pure. Caracas è la città più violenta del mondo – più di Bagdad o di Kabul – una quantità spaventosa di venezuelani vive nelle baraccopoli della miseria più nera, ecc.

Monte David Rossi, 51 anni, responsabile comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, s’è buttato dalla finestra del suo ufficio la sera di mercoledì 5 marzo, poco prima delle nove. Aveva appena concluso una lunghissima telefonata sul suo cellulare. Biglietto alla moglie (non finito): «Sto morendo, ho appena fatto una cavolata». Non era indagato, ma il suo ufficio era stato perquisito nell’ambito dell’inchiesta sulle malversazioni in Mps. Era amicissimo del principale imputato, Giuseppe Mussari.