Lastampa.it, lunedì 11 marzo 2013, 11 marzo 2013
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La durata del conclave
Lastampa.it, lunedì 11 marzo 2013
Anche questa volta la durata del conclave avrà il suo peso. Un’elezione breve, conclusa nel giro di un giorno o al massimo due, vedrebbe trionfare uno dei candidati più forti della prima ora. Un’elezione più lunga potrebbe portare a delle sorprese. Ci sono cardinali che non si aspettano un conclave brevissimo, come quello dell’aprile 2005: allora i porporati si chiusero nella Sistina nel tardo pomeriggio di lunedì 18 aprile. La prima fumata fu nera, vi fu una grande parte di voti dispersi, l’unico a partire con un pacchetto importante di consensi fu il settantottenne cardinale bavarese che il pomeriggio del giorno successivo si affacciò dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro definendosi «l’umile lavoratore nella vigna del Signore». Per eleggere Benedetto XVI bastarono quattro scrutini: dopo quella del lunedì sera, fu nera anche la fumata alle 12 del 19 aprile, al termine delle due votazioni della mattinata. La pausa pranzo fu decisiva per convincere gli incerti e al primo scrutinio del pomeriggio il Papa fu fatto.
Gli altri due conclavi-lampo degli ultimi cento anni sono stati quello del marzo 1939, in assoluto il più rapido per numero di scrutini: ne bastarono infatti soltanto tre per eleggere Eugenio Pacelli, il Segretario di Stato di Pio XI. Allora non c’era il malumore di oggi nei confronti della Curia romana, Pacelli era un grande diplomatico, la tragedia della guerra era alle porte: i cardinali decisero in fretta, non ci fu partita.
L’altro conclave breve, esattamente paragonabile per durata a quello dell’elezione di Ratzinger, è stato il primo del 1978. I cardinali si riunirono il 25 agosto, con una canicola opprimente: allora non c’era la Casa Santa Marta, con i suoi alloggi confortevoli, e un cardinale esasperato ruppe i sigilli di una finestra infischiandosene della clausura. Il calore opprimente aiutò certo a fare in fretta, ma fu il cardinale Giovanni Benelli, arcivescovo di Firenze, il grande regista del conclave lampo che portò con soli quattro scrutini sul Soglio di Pietro il patriarca di Venezia, Albino Luciani. Il Papa pastore che sorrise al mondo e si spense dopo appena 33 giorni di pontificato.
La palma del conclave più lungo va invece alla complicata elezione che portò sul trono l’arcivescovo di Milano Achille Ratti. Era il 1922, e per eleggerlo Papa ci vollero cinque giorni di votazioni e ben quattordici scrutini. Pio XI si sarebbe dimostrato un Pontefice energico e fermo nella lotta contro i totalitarismi. Un altro conclave relativamente lungo fu quello del 1958. Allora i cardinali nella Sistina erano soltanto 53, perché negli ultimi cinque anni Papa Pacelli non aveva più celebrato concistori. Non fu semplice scegliere il suo successore: si voleva un Papa che rimpiazzasse i tanti incarichi curiali rimasti vacanti, a partire da quello di Segretario di Stato.
Il «delfino» di Pio XII, l’arcivescovo di Genova Giuseppe Siri, era troppo giovane - «se lo eleggiamo, avremo non un Padre Santo, ma un Padre Eterno», fu la battuta di un porporato - e così, anche grazie alla mediazione del partito curiale, si raggiunse un compresso sul patriarca di Venezia, Angelo Giuseppe Roncalli, già settantasettenne: la fumata bianca per Giovanni XXIII arrivò dopo 11 scrutini. Doveva essere un Papa di transizione, la Curia pensò di poterlo controllare. Invece appena eletto indisse il Concilio Ecumenico Vaticano II, che avrebbe cambiato il volto della Chiesa.
Appartengono infine alla gruppo dei conclavi di media durata, le elezioni avvenute nel giugno 1963 e nell’ottobre 1978. La prima portò al Soglio l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, uno dei casi in cui non vale il motto «chi entra Papa in conclave ne esce cardinale». Nonostante l’autorevolezza della sua candidatura, si trattò di un’elezione non semplice. Mentre nell’ottobre del ’78, un mese e mezzo dopo l’elezione rapidissima dell’italiano Luciani, i porporati che si riunirono nuovamente tentarono comunque di far confluire i consensi su uno di loro.
Questa volta però erano divisi, la situazione si bloccò dopo il primo giorno. E dal secondo giorno l’Italia fu fuori gioco: ecco emergere la candidatura dell’outsider Karol Wojtyla, 58 anni, arcivescovo do Cracovia. Eletto il 16 ottobre dopo otto scrutini.
Se la fumata sarà bianca già mercoledì, è probabile che ad avere la meglio sia uno dei favoriti. Da giovedì in poi a correre saranno gli outsider.
Anche questa volta la durata del conclave avrà il suo peso. Un’elezione breve, conclusa nel giro di un giorno o al massimo due, vedrebbe trionfare uno dei candidati più forti della prima ora. Un’elezione più lunga potrebbe portare a delle sorprese. Ci sono cardinali che non si aspettano un conclave brevissimo, come quello dell’aprile 2005: allora i porporati si chiusero nella Sistina nel tardo pomeriggio di lunedì 18 aprile. La prima fumata fu nera, vi fu una grande parte di voti dispersi, l’unico a partire con un pacchetto importante di consensi fu il settantottenne cardinale bavarese che il pomeriggio del giorno successivo si affacciò dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro definendosi «l’umile lavoratore nella vigna del Signore». Per eleggere Benedetto XVI bastarono quattro scrutini: dopo quella del lunedì sera, fu nera anche la fumata alle 12 del 19 aprile, al termine delle due votazioni della mattinata. La pausa pranzo fu decisiva per convincere gli incerti e al primo scrutinio del pomeriggio il Papa fu fatto.
Gli altri due conclavi-lampo degli ultimi cento anni sono stati quello del marzo 1939, in assoluto il più rapido per numero di scrutini: ne bastarono infatti soltanto tre per eleggere Eugenio Pacelli, il Segretario di Stato di Pio XI. Allora non c’era il malumore di oggi nei confronti della Curia romana, Pacelli era un grande diplomatico, la tragedia della guerra era alle porte: i cardinali decisero in fretta, non ci fu partita.
L’altro conclave breve, esattamente paragonabile per durata a quello dell’elezione di Ratzinger, è stato il primo del 1978. I cardinali si riunirono il 25 agosto, con una canicola opprimente: allora non c’era la Casa Santa Marta, con i suoi alloggi confortevoli, e un cardinale esasperato ruppe i sigilli di una finestra infischiandosene della clausura. Il calore opprimente aiutò certo a fare in fretta, ma fu il cardinale Giovanni Benelli, arcivescovo di Firenze, il grande regista del conclave lampo che portò con soli quattro scrutini sul Soglio di Pietro il patriarca di Venezia, Albino Luciani. Il Papa pastore che sorrise al mondo e si spense dopo appena 33 giorni di pontificato.
La palma del conclave più lungo va invece alla complicata elezione che portò sul trono l’arcivescovo di Milano Achille Ratti. Era il 1922, e per eleggerlo Papa ci vollero cinque giorni di votazioni e ben quattordici scrutini. Pio XI si sarebbe dimostrato un Pontefice energico e fermo nella lotta contro i totalitarismi. Un altro conclave relativamente lungo fu quello del 1958. Allora i cardinali nella Sistina erano soltanto 53, perché negli ultimi cinque anni Papa Pacelli non aveva più celebrato concistori. Non fu semplice scegliere il suo successore: si voleva un Papa che rimpiazzasse i tanti incarichi curiali rimasti vacanti, a partire da quello di Segretario di Stato.
Il «delfino» di Pio XII, l’arcivescovo di Genova Giuseppe Siri, era troppo giovane - «se lo eleggiamo, avremo non un Padre Santo, ma un Padre Eterno», fu la battuta di un porporato - e così, anche grazie alla mediazione del partito curiale, si raggiunse un compresso sul patriarca di Venezia, Angelo Giuseppe Roncalli, già settantasettenne: la fumata bianca per Giovanni XXIII arrivò dopo 11 scrutini. Doveva essere un Papa di transizione, la Curia pensò di poterlo controllare. Invece appena eletto indisse il Concilio Ecumenico Vaticano II, che avrebbe cambiato il volto della Chiesa.
Appartengono infine alla gruppo dei conclavi di media durata, le elezioni avvenute nel giugno 1963 e nell’ottobre 1978. La prima portò al Soglio l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, uno dei casi in cui non vale il motto «chi entra Papa in conclave ne esce cardinale». Nonostante l’autorevolezza della sua candidatura, si trattò di un’elezione non semplice. Mentre nell’ottobre del ’78, un mese e mezzo dopo l’elezione rapidissima dell’italiano Luciani, i porporati che si riunirono nuovamente tentarono comunque di far confluire i consensi su uno di loro.
Questa volta però erano divisi, la situazione si bloccò dopo il primo giorno. E dal secondo giorno l’Italia fu fuori gioco: ecco emergere la candidatura dell’outsider Karol Wojtyla, 58 anni, arcivescovo do Cracovia. Eletto il 16 ottobre dopo otto scrutini.
Se la fumata sarà bianca già mercoledì, è probabile che ad avere la meglio sia uno dei favoriti. Da giovedì in poi a correre saranno gli outsider.
Andrea Tornielli