Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera 11/03/2013, 11 marzo 2013
SOSTEGNO DIVISO TRA QUATTRO CARDINALI —
«Preghiamo insieme perché lo Spirito Santo indichi al collegio dei cardinali colui che è già stato eletto da Dio». È ormai sera quando nella Chiesa di Santa Maria in Traspontina, mentre fuori via della Conciliazione e San Pietro sono inondate dal diluvio, il cardinale canadese Marc Ouellet, uno dei «papabili», oltre a essere l’unico ad accennare a Vatileaks («Anche Benedetto XVI ha perdonato, prima di Natale, chi lo ha tradito») riassume ai fedeli lo stato d’animo dei 115 elettori che alle 16.30 di domani, muovendo dalla Cappella Paolina, entreranno in processione nella Sistina. «È un’ora abbastanza unica nella storia della Chiesa, dopo la rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI», chiarisce il teologo Ouellet, con Angelo Scola e Christoph Schönborn l’«allievo» più vicino a Ratzinger: «Sapendo come abbia meditato a lungo e profondamente la sua decisione, non posso dubitare che lo abbia fatto secondo al volontà di Dio e per il bene della Chiesa».
Ieri molti cardinali hanno detto messa nelle loro chiese romane, stamattina il collegio al completo si riunirà per la decima e ultima congregazione generale ma gli incontri e i tentativi dei vari «ambasciatori» di consolidare i consensi intorno ai «papabili» andranno avanti finché domattina entreranno nella Domus Sanctae Marthae per posare le valigie in camera prima di concelebrare in San Pietro la Messa Pro eligendo romano Pontifice, presieduta alle 10 dal Decano Angelo Sodano. Poi il pranzo, un po’ di riposo e via, verso «la decisione più importante della nostra vita», come diceva il cappuccino di Boston Sean Patrick O’Malley.
«Finora non sappiamo proprio nulla, dovremo aspettare almeno i risultati del primo scrutinio», allargava le braccia ieri il cardinale francese Philippe Barbarin. «L’altra volta c’era Ratzinger...». E cioè un cardinale che partiva da una cinquantina di voti. Ora non c’è nessun «papabile» che abbia un simile sostegno di partenza. Al più possono contare su una trentina di voti e il quorum per eleggere il Papa è 77. Molti porporati custodiscono due o tre opzioni. Al primo scrutinio non ci sarà quindi un confronto a due, la prospettiva è che si votino almeno tre o quattro candidati: uno o due nordamericani (Ouellet e uno dei tre statunitensi più in vista: Dolan, Wuerl e O’Malley), il sudamericano Odilo Pedro Scherer, sostenuto anche dalla Curia, e l’arcivescovo di Milano Angelo Scola, appoggiato più dagli europei che dagli italiani. I nomi nordamericani ed europei sono più affini e potrebbero far convergere i loro voti. Mercoledì valuteranno chi va avanti, in caso di «stallo» potrebbero emergere le alternative: il messicano Francisco Robles Ortega, l’ungherese Péter Erdö, l’austriaco Christoph Schönborn, asiatici e africani.
Del resto, un Conclave sfugge alle logiche delle votazioni politiche ed è questo a renderlo spesso imprevedibile. «In pochi giorni avremo il nuovo Santo Padre: vi posso dire che ho trovato, in questa settimana di incontri tra cardinali, uno spirito di fraternità raramente vissuto», considerava ieri sera il cardinale Schönborn. Prima di chiedere alla gente in chiesa: «Fate pregare anche i bambini, per il Conclave, la loro voce sarà particolarmente ascoltata da Dio».
Gian Guido Vecchi