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 2013  marzo 11 Lunedì calendario

LA REGINA DIFENDE DONNE E GAY «È LEI LA VERA ICONA FEMMINISTA»

L’hanno già ribattezzata la «Magna Carta del ventunesimo secolo». E ancora prima di averla firma­ta, Sua Maestà Elisabetta II si è guadagnata il titolo di «icona femminista». Il documento del­la­svolta sarà siglato oggi dalla re­gina davanti alle telecamere, nella prima apparizione pubbli­ca da quando la mo­narca britan­nica è stata dimessa dall’ospeda­le dopo aver dovuto rinunciare alla visita in Italia. Per la prima volta in sessantuno anni sul tro­no, la regina d’Inghilterra, a no­me dei Paesi del Commonweal­th, si impegna in maniera forma­le e solenne a difesa dell’ugua­glianza di genere. Ovvietà, si di­rebbe. Se non fosse che in quali­tà di capo dei 54 Paesi del Com­monwealth, Elisabetta II regna anche su 41 nazioni che conside­rano ancora illegale l’omoses­sualità, con picchi di intolleran­za che nel caso di Nigeria e Paki­stan contemplano la pena di morte per gay e lesbiche.
«Ci opponiamo implacabil­mente a ogni forma di discrimi­nazione basata sul genere, sulla razza, sul colore, sul credo reli­gioso, sulle idee politiche o su al­tri piani», recita la nuova Carta. Che aggiunge: «Riconosciamo l’uguaglianza di genere e il con­ferimento di poteri alle donne come una componente essen­ziale dello sviluppo umano e dei diritti umani fondamentali».
Sebbene Buckingham Palace si affretti a precisare che con la sua firma «la regina sta sottoscri­vendo una decisione presa dal Commonwealth»,che Sua Mae­stà non «porta avanti idee perso­nali su questi temi» e che la sua posizione è «politica, come in qualsiasi questione dello stesse genere», fonti vicine alla Casa Reale confermano la consape­volezza di Elisabetta II di farsi vo­ce e portavoce di una battaglia progressista che lei stessa in pri­vato sostiene da tempo.
Interpretando lo spirito più profondo dell’animo britanni­co, quello che condensa tradi­zione e innovazione, Sua Mae­stà­vuole lasciare un segno in vi­sta della fine del suo Regno, mo­strarsi ancora una volta in sinto­nia con i cambiamenti culturali della società e farsi paladina au­tor­evole di una battaglia che po­trebbe portare un’altra donna ­l’erede di William e Kate se, co­me sembra, sarà femmina-drit­to sul trono d’Inghilterra. «L’im­patto di questa dichiarazione sui diritti di gay e donne non va sottovalutato - ha spiegato una fonte diplomatica alla stampa britannica - Nulla di così pro­gressista è mai stato approvato dalle Nazioni Unite. E la cosa più insolita è che la regina abbia chiesto di firmare il documento in pubblico e di aver accordato l’accesso alle telecamere». I se­gnali di una svolta epocale ci so­no tutti. E secondo molti porta­no al cuore dei palazzi reali lon­dinesi ma rischiano di creare nuove tensioni con il principe Carlo. Con il suo «passo storico» a difesa dei diritti degli omoses­suali, Elisabetta II non solo si tra­sforma in «un’icona femmini­sta », come dice di lei Ben Sum­merskill, leader di Stonewall, storico gruppo di gay e lesbiche. Con la firma solenne di oggi, Sua Maestà aggiunge un pilastro de­cisivo al cambiamento, offren­do una cornice di architettura costituzionale al cambiamento della legge salica, cioè al provve­dimento per la successione al trono britannico che sarà modi­ficato nei prossimi mesi per­con­sentire anche a un’erede femmi­na di accedere al trono, senza do­ver cedere il passo a un ma­schio. Indiscrezioni di palazzo dicono che Carlo sia contrario al­la modifica, ufficialmente per­ché potrebbe portare anche un cattolico sul trono, di fatto per­ché teme che la sua impopolari­tà possa crescere e lui essere adombrato dall’arrivo di un’ere­de donna, come peraltro dimo­strano i sondaggi. Eppure, con la mossa di oggi, Elisabetta com­pie un passo ulteriore in direzio­ne opposta a Carlo. Le avvisa­glie di questa svolta affondano le radici nella storia stessa di Eli­sabetta. Come suo padre Gior­gio VI, che nel 1948- quando Lili­bet era solo una principessa e Carlo doveva ancora nascere ­stabilì che i figli della futura so­vrana prendessero il titolo di principe e principessa seppur nati da un’erede femmina, così Sua Maestà ha disposto a inizio gennaio che «tutti i figli del figlio maggiore del principe di Galles - cioè tutti i figli di William - go­dranno dello stile, del titolo e del­l’attributo di Altezza reale con la dignità titolare di principe o principessa».Formalità che nel­le monarchie sono sostanza e giocano tutte a favore dell’erede che Kate porta in grembo. E a di­scapito dell’eterno «futuro re» Carlo.