Nicola Lombardozzi, la Repubblica, Affari & Finanza 11/3/2013, 11 marzo 2013
EVGENIJ KASPERSKIJ L’EX-AGENTE DEL KGB CHE È DIVENTATO IL NEMICO DEGLI HACKER
Mosca – Provate a chiedere un programma antivirus per computer in un qualsiasi negozio specializzato di Russia. Puntualmente il commesso vi farà un sorriso complice e vi racconterà che perfino Obama, in gran segreto, ha fatto installare alla Casa Bianca l’infallibile software della Kaspersky. Probabilmente non c’è niente di vero ma la trovata funziona ed è di grande suggestione: il presidente degli Stati Uniti costretto a garantire la sua privacy informatica con un sistema inventato e prodotto a Mosca. E soprattutto progettato da un tecnico laureato alla speciale scuola di crittografia del famigerato Kgb, il servizio segreto dell’Unione Sovietica. Tempi lontani, gli anni ‘80, in cui tutte le attività di alta tecnologia passavano obbligatoriamente per il controllo e le incentivazioni della centrale di spionaggio più temuta dall’Occidente. Sospetti e pregiudizi erano inevitabili ma adesso Evgenij Valentinovic Kasperskij può dire di averli neutralizzati vedendo il logo della sua azienda, con il suo cognome opportunamente anglicizzato, diffuso a macchia d’olio in tutto il mondo. A 48 anni è inebriato dal successo e non se
ne vergogna: «Sono un marchio commerciale vivente. E non mi basta, vorrei vedere il mio nome in ogni strada, in ogni casa del Pianeta». Progetto ambizioso ma la partenza non è male. L’antivirus russo ha già invaso il 40% del mercato europeo, il 27% di Europa del-l’Est, Medio Oriente e Africa e il 21 di America del Nord e del Sud. Inoltre, un terzo dei 300 milioni di utenti Kaspersky sono cinesi. Cosa che per il sottile gioco psicologico delle rivalità nazionali, per un russo è un motivo di soddisfazione senza pari. Da quando poi, meno di un anno fa, è sbarcato alla grande anche sul mercato italiano, Kasperskij ha pure realizzato un sogno molto diffuso tra i suoi connazionali: far scrivere come sponsor il nome della sua azienda sull’alettone anteriore della Ferrari di Formula 1, mito di prima grandezza per i russi di tutte le età. Ma quello che conta di più è che il prodotto piace. Fatevi un giro tra le chat internazionali per esperti di computer e scoprirete che Kaspersky è considerato unanimamente l’antivirus migliore in commercio: costo medio, caricamento semplice, analisi dell’hard disk anche a computer spento. Forse è un tantino troppo pedante nel verificare ogni mail e ogni accesso con qualche leggero rallentamento ma la cosa finisce per accrescere la sensazione di sicurezza. Certo non bisogna farsi suggestionare, dimenticare le lontane ombre del Kgb, e non prendere sul serio i pettegolezzi, a volte interessati, che di tanto in tanto riemergono sulla stampa internazionale. Sia il britannico Guardian sia la rivista più autorevole in materia, Wired, hanno dovuto scusarsi e rettificare i loro articoli in cui accusavano Kasperskij di essere tuttora agente segreto russo alla ricerca dei segreti più nascosti della finanza e dell’industria bellica occidentale. Prove non ce n’è e il tutto sembra abbastanza improbabile. Anche se gli elementi per alimentare la leggenda non mancano. Da qualche tempo la Russia è il paradiso del web. La diffusione del computer, la rete di wi-fi gratuito in tutte le città ma anche nelle lontane periferie, hanno provocato un boom di connessioni, social network, siti di informazione e di svago. Decretando il successo di un motore di ricerca come Yandex che regge e vince in tutta l’Europa dell’Est la sfida di Google. O di un social network come Vkontaktie che da queste parti schiaccia la concorrenza di Facebook. In quest’universo sorprendente e cresciuto in fretta, agiscono gli hacker più bravi del mondo. Molti vengono dalla stessa scuola di Kasperskij. Un gruppo agguerrito lavora per l’Fsb, gli attuali servizi segreti che li usano per disturbare i siti di opposizione e carpire informazioni utili a indagini di polizia. Altri, si dice i più bravi, studiano, creano, e producono a stipendi medi da 5mila euro al mese, nelle stanze dei Laboratorija Kasperkogo sulla Leningradskij Chaussé di Mosca, lo stabilimento chiave della Kaspersky. E’ fatale che qualcuno possa diffidare da un ex agente segreto diventato il leader della pulizia cibernetica. E che si sospetti che qualche virus sia stato creato apposta per aumentare la richiesta sul mercato. Kasperskij, ovviamente, difende tutta la categoria dei produttori mondiali di antivirus: «Calunnie. Sarebbe come se i medici infettassero apposta gli ammalati, i pompieri creassero gli incendi. Allora perché non dire che i sismologi provocano apposta i terremoti?» Alla purezza della sua missione, Kasperskij tiene moltissimo. La sua versione della nascita dell’azienda è degna delle epopee dei grandi inventori e benefattori dell’umanità. Ancora studente avrebbe affrontato una sfida personale con il virus Cascade che gli aveva paralizzato il computer di casa. I super esperti sanno che Cascade fu il primo virus della storia a utilizzare un sistema di decriptazione per non essere identificato. Kasperskij riuscì identificare gli algoritmi necessari per creare un primo sistema efficace di disinfezione che gli restituì l’uso del pc domestico e segnò l’inizio della grande avventura. Prima una produzione limitata. Poi la fondazione di una società, la Kaspersky Lab con sede in Gran Bretagna, tanto per avere un piede al sicuro in caso di sconvolgimenti politici. E infine l’ascesa inesorabile. I dati , come sempre in Russia, sono riservatissimi. Ma è certo che solo tra il 2009 e il 2010 gli azionisti della Kl si sono divisi 20 milioni di euro di dividendi. Il 57% capitale è detenuto dallo stesso Kasperskij. Mentre la ex moglie, che l’ha aiutato non poco agli inizi, detiene ancora più del 20%. Il resto è diviso tra colleghi tecnici che hanno contribuito ai primi passi. Esclusa la quotazione in Borsa: «Il nostro è un lavoro troppo ondivago in fatto di redditi e investimenti necessari». Lui pensa solo al successo. Vive con la nuova famiglia in una dacia senza troppe pretese fuori Mosca. Reinveste gran parte del capitale e spende molto in incentivi per i dipendenti: «Il nostro è un lavoro senza fine. Non puoi distrarti un solo secondo se vuoi conquistare il mondo».