Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Martedì prossimo sarà nelle librerie di tutto il Pianeta Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi, una lunga intervista a Benedetto XVI del giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald. L’“Osservatore romano” ne ha pubblicato alcuni stralci ieri. Nessuna delle questioni più scottanti sembra aggirata e c’è anzi – secondo i lanci di stampa del pomeriggio – una sorprendente apertura all’uso del preservativo, un contraccetivo fino ad ora condannato senza appello dal Pontefico.
• È vero?
Mah, ci andrei prudente. Il Papa dice questo: «Concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé. Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità. Vi possono essere singoli casi giustificati, ad esempio quando una prostituta utilizza un profilattico, e questo può essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità per sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole. Tuttavia, questo non è il modo vero e proprio per vincere l’infezione dell’Hiv. È veramente necessaria una umanizzazione della sessualità». Si ammettono i “singoli casi”, suppongo per ragioni igieniche, ma di sicuro non come forma contraccettiva. La Chiesa non ammette il controllo delle nascite se non attraverso l’astinenza, in questo caso un sacrificio che corrisponde a un atto d’amore. Su questo punto Benedetto non arretra di un passo. Altrove la Chiesa ha prodotto una documentazione imponente – in termini numerici - per dimostrare che il preservativo, come mezzo per contenere la diffusione dell’Aids, è inefficace. Anzi: illudendo che sia praticabile una sessualità irresponsabile (cioè che esclude in partenza la procreazione ed ha come propria finalità solo il piacere) il preservativo è un incoraggiamento alla diffusione delle malattie.
• Non è, alla fine, un punto di vista sessuofobico?
Il sesso senza amore, il sesso cioè fine a se stesso, è, secondo Benedetto, una droga. E il Papa, in un altro punto del libro, denuncia proprio il bisogno di droga dell’Occidente: «È sorta una fame di felicità che non riesce a saziarsi con quello che c’è; e che poi si rifugia per così dire nel paradiso del diavolo e distrugge completamente l’uomo». È un discorso che va inserito all’interno della critica alla modernità e al progresso: «La modernità ha cercato la propria strada guidata dall’idea di progresso e da quella di libertà. Ma cos’è il progresso? Oggi vediamo che il progresso può essere anche distruttivo. Per questo dobbiamo riflettere sui criteri da adottare affinché il progresso sia veramente progresso».
• Di aborto non parla?
Non nelle anticipazioni dell’“Osservatore”. Ma, relativamente alle donne, c’è uno stralcio di un discorso intorno al sacerdozio femminile, definito impossibile: si tratta di un atto di obbedienza a Colui che ha fondato la Chiesa. Benedetto esalta tuttavia il ruolo femminile «talmente eminente che per molti versi le donne definiscono il volto della Chiesa più degli uomini».
• Sulla pedofilia?
Sì, ne parla. «I fatti non mi hanno colto di sorpresa del tutto […] ma le dimensioni furono comunque uno schock enorme […] Vedere il sacerdozio improvvisamente insudiciato in questo modo, e con ciò la stessa Chiesa Cattolica, è stato difficile da sopportare. In quel momento era importante però non distogliere lo sguardo dal fatto che nella Chiesa il bene esiste, e non soltanto queste cose terribili». In altra occasione, il Pontefice aveva spiegato che la Chiesa convive col peccato fin dalle origini. Il punto che potrebbe suscitare nuove polemiche riguarda però gli ebrei.
• Che cosa dice?
Riguarda la modifica – per il rito tradizionalista – della preghiera per il venerdì santo in cui si invoca la conversione del Venerdì santo. I rabbini protestarono, dicendo che la Chiesa insisteva ancora nella volontà di convertirli. Benedetto nel libro respinge questa interpretazione: «L’ho modificata in modo tale […] che non si pregasse direttamente per la conversione degli ebrei in senso missionario, ma perché il Signore affretti l’ora storica in cui noi tutti saremo uniti. Per questo gli argomenti utilizzati da una serie di teologi polemicamente contro di me sono avventati e non rendono giustizia a quanto fatto». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 21/11/2010]
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