Benedetto XVI con Peter Seewald, Corriere della Sera 21/11/2010, 21 novembre 2010
SPERAVO DI TROVARE PACE E TRANQUILLITA’. L’ELEZIONE E’ STATA COME UNA GHIGLIOTTINA
Pubblichiamo alcune pagine di «Luce del mondo», libro-intervista di Peter Seewald a Benedetto XVI, in uscita martedì.
Santo Padre, il 16 aprile 2005, nel giorno del suo 78esimo compleanno, Lei comunicava ai suoi collaboratori quanto pregustasse il suo pensionamento. Tre giorni dopo, si ritrovò ad essere il Capo della Chiesa universale che conta 1,2 miliardi di fedeli. Non è propriamente il compito che ci si riserva per la vecchiaia.
Veramente, avevo sperato di trovare pace e tranquillità. Il fatto di trovarmi all’improvviso di fronte a questo compito immenso è stato per me, c o me tuttisanno, unvero shock. La responsabilità, infatti, è enorme.
C’è stato un momento del quale più tardi Lei ha detto di avere avuto l’impressione di sentire una «mannaia» calarle addosso.
Sì, in effetti il pensiero della ghigliottina mi è venuto: ecco, ora cade e ti colpisce. Ero sicurissimo che questo incarico non sarebbe stato destinato a me ma che Dio, dopo tanti anni faticosi, mi avrebbe concesso un po’ di pace e di tranquillità. L’unica cosa che sono riuscito a dire, a chiarire a me stesso è stata: «Evidentemente, la volontà di Dio è diversa, e per me inizia qualcosa di completamente diverso, una cosa nuova. Ma Lui sarà con me (...)».
Nella cosiddetta «Camera delle lacrime» cosa ha pensato?
In realtà, in quei momenti si è presi da questioni molto pratiche, esteriori: innanzitutto come aggiustarsi la veste e cose simili. Sapevo che di lì a poco, dalla Loggia centrale, avrei dovuto pronunciare qualche parola, e ho iniziato a pensare: «Cosa potrei dire?». Per il resto, fin dal momento in cui la scelta è caduta su di me, sono stato capace soltanto di dire questo: «Signore, cosa mi stai facendo? Ora la responsabilità è tua. Tu mi devi condurre! Io non ne sono capace. Se tu mi hai voluto, ora devi anche aiutarmi!». In questo senso mi sono trovato, per così dire, in un dialogo molto stringente con il Signore, per dirgli che se faceva l’una cosa, allora doveva fare anche l’altra.
Giovanni Paolo II l’ha voluta come successore?
Non lo so. Credo che avesse messo tutto nelle mani di Dio.
Quali sono state le ultime parole che il Papa morente Le ha rivolto?
Era molto sofferente, eppure molto lucido. Ma non ha detto più nulla. Gli ho chiesto la benedizione, che mi ha dato. Ecco, ci siamo lasciati stringendoci le mani con affetto, nella consapevolezza che sarebbe stato il nostro ultimo incontro.
Lei veramente può parlare a nome di Gesù?
Nell’annuncio della fede e nell’amministrazione dei sacramenti, ogni sacerdote parla e agisce su mandato di Gesù Cristo, per Gesù Cristo. Cristo ha affidato la sua Parola alla Chiesa. Questa Parola vive nella Chiesa. E se nel mio intimo accolgo e vivo la fede di questa Chiesa, se parlo e penso a partire da questa fede, allora quando annuncio Lui parlo per Lui, anche se è chiaro che nel dettaglio possono sempre esserci delle insufficienze, delle debolezze. Quel che conta è che io non esponga le mie idee ma cerchi di pensare e di vivere la fede della Chiesa, di agire su Suo mandato in modo obbediente.
Anche il Papa sbaglia
Il Papa è veramente «infallibile»?. E cioè un sovrano assoluto il cui pensiero e volontà sono legge?
Questo è sbagliato. Il concetto dell’infallibilità è andato sviluppandosi nel corso dei secoli. Esso è nato di fronte alla questione se esistesse da qualche parte un ultimo organo, un ultimo grado che potesse decidere. Il Concilio Vaticano I — rifacendosi a una lunga tradizione che risaliva alla cristianità primitiva — alla fine ha stabilito che quell’ultimo grado esiste. Non rimane tutto sospeso! In determinate circostanze e a determinate condizioni, il Papa può prendere decisioni in ultimo vincolanti grazie alle quali diviene chiaro cosa è la fede della Chiesa, e cosa non è. Il che non significa che il Papa possa di continuo produrre infallibilità. Normalmente, il Vescovo di Roma si comporta come qualsiasi altro vescovo che professa la propria fede, la annuncia ed è fedele alla Chiesa. Solo in determinate condizioni, quando la tradizione è chiara ed egli sa che in quel momento non agisce arbitrariamente, allora il Papa può dire: «Questa determinata cosa è fede della Chiesa e la negazione di essa non è fede della Chiesa». In questo senso il Concilio Vaticano I ha definito la facoltà della decisione ultima: affinché la fede potesse conservare il suo carattere vincolante. (...) Ovviamente il Papa può avere opinioni personali sbagliate. (...) Essere Papa non significa porsi come un sovrano colmo di gloria, quanto piuttosto rendere testimonianza a Colui che è stato crocifisso.
Però ci sono stati anche Papi che hanno detto: il Signore ci ha dato questo ministero, ora vogliamo godercelo.
Sì, anche questo fa parte del mistero della Storia dei Papi. Il contrasto con le idee del ’68
La disponibilità cristiana ad essere segno di contraddizione è il filo conduttore della sua biografia...
Una lunga esperienza forma anche il carattere, forgia il pensiero e l’azione. Ovviamente, non sono stato sempre «contro» per principio. Ci sono state anche molte belle circostanze di condivisione (...). Tutta la mia vita è sempre stata attraversata da un filo conduttore, questo: il Cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti. In definitiva un’esistenza vissuta sempre e soltanto «contro» sarebbe insopportabile. Ma allo stesso tempo ho sempre avuto presente, anche se in misura diversa, che il Vangelo si trova in opposizione a costellazioni potenti. Nella mia infanzia e nella mia adolescenza, fino alla fine della guerra, ovviamente questo è stato evidente in modo particolare. A partire dal 1968, la fede cristiana è entrata in contrasto con un nuovo progetto di società e ha dovuto fronteggiare idee ostentate con prepotenza. Sopportare attacchi ed opporre resistenza quindi fa parte del gioco; è una resistenza, però, tesa a mettere in luce ciò che vi è di positivo. (...) Karol Wojtyla è stato per cosi dire donato da Dio alla Chiesa in una situazione molto particolare, critica, nella quale la generazione marxista, la generazione del ’68, metteva in discussione l’intero Occidente, e nella quale poi, al contrario, il socialismo reale è crollato. Aprire un varco alla fede in questa situazione di contrapposizione, indicare la fede come centro e presentarla come la via, ha rappresentato un momento storico di particolare rilievo.
Lei oggi ha 83 anni: da dove prende tutta questa forza?
In realtà questo è uno sforzo quasi eccessivo per un uomo di 83 anni. Ringraziando Iddio, ci sono tanti bravi collaboratori. Tutto viene ideato e realizzato in uno sforzo comune. Confido nel fatto che il buon Dio mi dà la forza di cui ho bisogno per fare quello che è necessario. Però mi accorgo che le forze vanno diminuendo.
Cosa fa un Papa nel tempo libero?
Intanto, anche nel tempo libero il Papa deve esaminare documenti e leggere atti. Rimane sempre tanto lavoro da fare. Poi con la famiglia pontificia — quattro donne della comunità dei Memores Domini e i due segretari — ci sono i pasti in comune, e questo è un momento di distensione.
Guardate insieme la tv? Guardo il notiziario insieme ai miei segretari, e qualche volta anche un dvd.
Quali film le piacciono?
C’è un film molto bello su santa Giuseppina Bakhita, una donna africana, che abbiamo visto recentemente. Poi ci piace Don Camillo e Peppone...
Il Papa è sempre vestito di bianco. Non gli capita mai di indossare nel tempo libero un pullover al posto della sottana?
No. E’ un lascito del secondo segretario di Giovanni Paolo II, mons. Mieczyslaw Mokrzycki, che mi disse: «Il Papa ha sempre indossato la sottana, dovrà farlo anche Lei».
Il filo diretto con il Cielo
Detto in termini profani: esiste una sorta di Suo «filo diretto» con il Cielo?
Sì, a volte ho questa impressione. Nel senso che penso: «Ecco, ho potuto fare una cosa che non veniva da me. Ora mi affido a Te e mi accorgo che, sì, c’è un aiuto, succede qualcosa che non viene da me». In questo senso esiste l’esperienza della grazia del ministero.
Non ci si dovrebbe chiedere se la nuova direzione del mondo stia in relazione con il ritorno di Cristo?
Dobbiamo vedere attraverso il momento attuale la necessità di una svolta, annunciarla, annunciare che essa non può avvenire senza una conversione interiore. Che significa, concretamente? Di questa conversione fa parte il fatto di rimettere Dio al primo posto, allora tutto cambierà; e anche che si ricominci a cercare le parole di Dio per farle risplendere come realtà nella propria vita. Dobbiamo, per così dire, osare di nuovo l’esperimento di Dio per permettere che operi nella nostra società. (...) Proprio questa era una delle cose che stava più a cuore a Giovanni Paolo II: far comprendere con chiarezza che guardiamo a Cristo che viene; a colui che è venuto e anche a colui che viene, e che in questa prospettiva noi viviamo la fede rivolti al futuro.
Benedetto XVI farà come Giovanni XXIII?
Trasformare in vita quello che è stato detto, rimanendo in ciò nella profonda continuità della fede, è un processo molto più difficile che non il Concilio stesso; soprattutto in considerazione del fatto che il Concilio Vaticano II è stato recepito dal mondo tramite l ’ interpretazione dei mass media e non attraverso i suoi testi, che quasi nessuno legge.
L’intelligenza dei bambini
Lei crede che la Chiesa Cattolica possa veramente evitare il Terzo Concilio Vaticano?
Abbiamo avuto in totale più di venti concili, prima o poi sicuramente ce ne sarà un altro. Al momento non ne vedo le condizioni. Credo che in questo momento i sinodi siano lo strumento giusto, perché in essi è rappresentato l’intero episcopato che è per così dire alla ricerca, che tiene insieme la Chiesa e al tempo stesso la conduce in avanti. Sarà il futuro a dirci se e quando sarà giunto il momento di fare questo per mezzo di un grande concilio.
Il Papa crede ancora a quello che credeva da bambino?
Direi che il semplice è il vero, e il vero è semplice. Il nostro problema consiste nel fatto che, per i troppi alberi, non riusciamo più a vedere la foresta; che con tutto questo sapere non troviamo più la sapienza. In questo senso anche Saint-Exupéry nel Piccolo principe ha ironizzato sull’intelligenza del nostro tempo, mostrando come essa trascuri l’essenziale e che invece il Piccolo principe, che di tutte quelle cose intelligenti nulla capisce, in fin dei conti vede di più e meglio. (...) Nella Risurrezione, Dio ha potuto creare una forma nuova di esistenza; al di là della biosfera e della noosfera ha posto una nuova sfera, nella quale l’uomo e il mondo giungono in unità con Dio.
di BENEDETTO XVI con PETER SEEWALD