MARCO ZATTERIN, La Stampa 21/11/2010, pagina 17, 21 novembre 2010
Il cacciatore di militi ignoti - La pioggia fa apparire lucida la punta del vecchio scarpone schiacciato dal tempo e dalla terra
Il cacciatore di militi ignoti - La pioggia fa apparire lucida la punta del vecchio scarpone schiacciato dal tempo e dalla terra. Qualche centimetro più in là, in mezzo allo scavo, spunta il frammento d’un cranio. C’è odore di umido e nient’altro, dai resti avvolti in quello che rimane dei verdi pastrani della tenuta invernale non esala più nulla, la morte li ha svuotati da 96 anni. Sono sei soldati, tutti britannici. Li ha ammazzati il fuoco tedesco nell’inverno del 1914 sul fronte occidentale e qualcuno li ha seppelliti in tutta fretta, uno a fianco dell’altro, in una fase della Grande Guerra in cui i nemici si davano ancora l’attimo per farlo. Hanno riposato indisturbati sino al 2007. Sinché un aratro ha graffiato qualcosa di insolito. E un bottone è emerso dal suo solco. Li ha scoperti Patrick Roelens, 47 anni, un belga che da sempre scava sui vecchi campi di battaglia della Grande Guerra. Durante la settimana lavora in un fabbrica di mattoni, ma quando è libero si dedica all’archeologia bellica. Quando ha visto le piccole reliquie affiorate in un terreno arato di CominesWarneton, un villaggio all’estremo occidente della Vallonia sul confine francese, ha capito subito che la storia non finiva lì. «Sapevo che sotto c’erano dei corpi», ammette oggi. E’ entrato in scena con la sua équipe di scavatori solo sulla carta dilettanti, il fratello Philippe, l’amico Emmanuel Bril, il fotografo Jean-Michel Vaneslande. Dalle zolle hanno estratto un primo fante che una mostrina ha identificato, era uno dei «Leoni» del reggimento King’s Own Royal Lancaster. Il diciannovesimo della lista degli eroi ritrovati dai quattro cacciatori di militi ignoti. Un processo più lungo del previsto ha portato il numero a 25 appena due settimane fa. Patrick e i suoi hanno trovato un altro fante del Royal Lancaster, due del Lancashire Fusiliers, e due ancora senza un’appartenenza precisa. A quasi un secolo dal conflitto i campi del fronte occidentale continuano a consegnare i loro morti, una decina ogni anno. «Trovarne sei in un colpo solo è stata una circostanza straordinaria», racconta il belga. Straordinaria e non certo facile. La prima scarpa è apparsa nel dicembre 2007, con qualche osso e del cuoio. «Abbiamo chiesto il permesso per continuare gli scavi - ricorda il belga -, però in primavera la polizia ci ha bloccato, per tre anni. Solo quest’estate ci hanno consentito di riprendere le ricerche». Comines-Warneton è appena un punto sulla carta, un’enclave vallona fra la Francia e le Fiandre. A cavallo fra il 1914 e il 1915 è stato il palcoscenico di una delle infinite carneficine del terribile conflitto. Entrambi i villaggi furono azzerati, ma non prima che l’imperatore Guglielmo venisse in visita alle sue truppe e che un giovane Adolf Hitler vi stazionasse in numerose occasioni. A Ploegsteert, località ora assorbita dal doppio comune, apparve all’inizio del 1916 anche Winston Churchill, ricordato con tanto di sigaro in bocca da una targa in marmo. Nel 1918 non c’era praticamente più un muro in piedi. Era stato un altro massacro. Roelens è nato qui. «Quando ero bambino passavo spesso nella casa di campagna dei miei nonni. Mi tenevano tranquillo con le storie della guerra e, quando non avevano più tempo, mi dicevano di andare fuori nei campi, perché lì avrei trovato le tracce dei combattimenti». Non aveva neanche nove anni quando ha strappato all’erbaccia una moneta di rame da un cent di Napoleone III. Da allora non si è fermato. Ha imparato a osservare, a comprendere dove la terra potesse nascondere qualcosa. «Camminiamo nei campi, guardiamo; basta una piega o un oggetto ad attirare la nostra attenzione», assicura. Il primo soldato lo ha scovato a Warneton, nel 1981. Un inglese. Per incontrare un tedesco ha atteso sino al 2004. Gli hanno anche dato un nome e lo hanno seppellito con onore, il che è un successo in più. Era a pezzi, stracciato dal combattimento. «Credo che tutto questo sia un dovere nei confronti della memoria», riflette il cacciatore di militi ignoti. Ritiene che un archeologo come lui «debba riuscire a mettere insieme le cose, accendere una luce su uomini che hanno compiuto il più grande dei sacrifici, per liberarci nel nome della Pace». Assicura di non essere un collezionista, cataloga tutto e scrive lunghi rapporti per la sua Société d’Histoire de Comines-Warneton. «Una volta mi hanno chiesto come mai a Ypres i soldati non hanno mai nulla indosso e qui c’è sempre qualcosa», concede con orgoglio mentre mostra un orologio a cipolla arrugginito. «Vuole un mezzo segreto?», domanda. «Negli archivi del reggimento dei Lancashire Fusiliers ho scoperto che solo tre fanti sono morti e sono stati sepolti a Warneton, li misero nella massicciata di una linea ferroviaria, due soldati semplici e un sottufficiale». Gli brilla la voce, al belga. «Qui ne abbiamo trovati due e un terzo non si sa. Avvolti in una sorta di tela cerata. Chiaro che sono loro, ma mi hanno pregato di non dire i nomi, prima bisogna fargli la prova del Dna. Sa, gli inglesi...». Alla fine di una procedura mai breve fatta di analisi e scartoffie, chi ritroverà un’identità sarà sepolto a Ypres. Patrick ha un’aria compunta. «Lei non immagina quante famiglie aspettano ancora di sapere», dice. Così la domanda, l’ultima, viene spontanea. Crede davvero che ce ne siano molti altri? «E’ sicuro - replica rapido -. Adesso classifichiamo questi e poi li andiamo a cercare».