Salvatore Mazza, Avvenire 21/11/2010, 21 novembre 2010
NUOVI CARDINALI NEL SEGNO DELL’UNIVERSALITA’
La porpora inonda la basilica di San Pietro, nel giorno in cui Benedetto XVI impone la berretta a ventiquattro nuovi cardinali. «Principi della Chiesa», si era soliti definirli una volta. Ma quella porpora, ha ricordato il Papa, è segno di fedeltà usque ad effusionem sanguinis (fino allo spargimento del sangue). È segno di un’autorità che non è un potere «secondo i criteri umani», che «non è dominio, ma servizio». E «solo riascoltando la parola di Gesù, che chiede ’vieni e seguimi’, solo ritornando alla vocazione originaria è possibile intendere la propria presenza e la propria missione nella Chiesa come autentici discepoli».
Gremita di fedeli la Basilica vaticana, per questa festa della Chiesa. Ma folla, e grandissima, anche all’esterno, nonostante la pioggia, a tratti torrenziale, caduta su Roma ieri mattina. Parenti, amici, fedeli dei nuovi porporati, attraverso i quali la Chiesa rinnova e conferma la volontà di compiere la propria missione: «Nonostante le sfide, le difficoltà, le persecuzioni – ha infatti detto, a nome di tutti, il neo cardinale Angelo Amato nel suo saluto al Papa – la Chiesa di Cristo non cessa di proclamare ogni giorno in ogni parte del mondo l’amore di Dio per gli uomini, di irradiare la luce del Vangelo, di insistere a tempo opportuno e importuno nell’annuncio della Parola di Dio». Ricordando, insieme, che «non si può eludere il rischio di essere non compresi, di essere rifiutati e di dover essere disposti anche all’estrema testimonianza». È l’immagine di una Chiesa consapevole e orgogliosa del dovere che è chiamata a compiere, quella che si è stretta attorno a papa Ratzinger, con in testa la mitria di Pio IX e sulle spalle un antico piviale del cinquecento in seta dorata, con l’immagine dei santi Pietro e Paolo, a significare una tradizione capace di rinnovarsi attraverso i secoli. Circondato dai membri del Collegio cardinalizio, dopo la Liturgia della Parola, Benedetto XVI, che era entrato in Basilica accompagnato dal suono delle «trombe d’argento» (strumenti di antico uso liturgico in occasione di cerimonie pontificie solenni e così chiamate per il loro suono cristallino) e dalle note del Tu es Petrus, ha chiamato a uno a uno i nuovi cardinali i quali, inginocchiati davanti a lui, hanno ricevuto la berretta color porpora, segno della loro nuova dignità di «primi collaboratori» del Papa, consegnato la bolla con il Titolo (cioè la chiesa della diocesi di Roma viene assegnata a un cardinale nel momento della sua creazione) o la Diaconia, e scambiato poi l’abbraccio di pace.
Dieci italiani, due statunitensi, due tedeschi. E poi uno ciascuno da Egitto, Guinea, Svizzera, Zambia, Ecuador, Congo, Brasile, Polonia, Sri Lanka e Spagna. Il più giovane il tedesco Reinhard Marx, cinquantasette anni, il più anziano l’italiano Domenico Bartolucci, novantatré anni. Tutti applauditi al momento della chiamata – in latino –, e ancora al giuramento di fedeltà, pronunciato dopo l’omelia.
S’è quindi pregato, anche in arabo, per la Chiesa, per il Papa, per tutti i cardinali e anche perché i capi delle nazioni sappiano realizzare le attese di libertà, giustizia e pace e soprattutto per i cristiani perseguitati. I canti della celebrazione sono stati eseguiti dal coro della Cappella Sistina, accompagnato dal gruppo di ottoni Pentaphon , diretto dal nuovo maestro monsignor Massimo Palombella, che già lo scorso venerdì aveva animato l’incontro di tutti i cardinali, compresi i neo eletti, nell’aula del Sinodo.