GIUSEPPE SALVAGGIULO, La Stampa 21/11/2010, pagina 19, 21 novembre 2010
Troppo piccola per risolvere il delitto - Si può infliggere una condanna per omicidio sulla base di una testimonianza di una bambina di cinque anni che riconosce gli assassini un anno e mezzo dopo? Tra poche settimane, i giudici del tribunale per i minorenni di Lecce si troveranno di fronte a questo dilemma
Troppo piccola per risolvere il delitto - Si può infliggere una condanna per omicidio sulla base di una testimonianza di una bambina di cinque anni che riconosce gli assassini un anno e mezzo dopo? Tra poche settimane, i giudici del tribunale per i minorenni di Lecce si troveranno di fronte a questo dilemma. Il delitto è quello di Peppino Basile, consigliere comunale e provinciale di Ugento, trafitto da 24 coltellate sotto casa nella notte del 15 giugno 2008. L’imputato è un ragazzo di 19 anni, Luca Colitti, vicino di casa della vittima, accusato con il nonno Vittorio, 66 anni (per il quale l’indagine sarà chiusa a breve). La testimone è una piccola vicina di casa. Quando, un anno fa, i Colitti furono arrestati sulla base della sua identificazione, si gridò al miracolo e al mondo salvato dai bambini. Ma poi la Cassazione ha scarcerato gli imputati e il processo ha aperto nuovi dubbi. La chiave di questa storia è nascosta nei cinquanta metri di via Nizza, periferia di Ugento. Nell’ultima villetta abitava da solo Basile. Nel condominio accanto, la famiglia Colitti. Più indietro, la baby testimone con la nonna. I Colitti, la notte del delitto, sono i primi ad arrivare sul cadavere di Peppino, chiamando il 118. Nei mesi successivi, la Procura intercetta invano i telefoni di tutti i vicini, compresi i Colitti. Tra i trecento testimoni ascoltati, nessuno ricorda liti tra loro. Sul corpo e sui vestiti della vittima, niente tracce. Viene sentita anche la bambina, che dice di non aver visto nulla. Poi, improvvisamente, diciassette mesi dopo racconta un’altra verità: quella notte fu svegliata dalle urla, prese una sedia, salì per guardare e dalla finestra assistette al delitto, il ragazzo teneva la vittima da dietro e il nonno l’accoltellava. Lo avrebbe rivelato subito, se la nonna non le avesse imposto il silenzio. La psicologa che per prima l’aveva interpellata la giudicava suggestionabile e «incline a mentire». La stessa bimba, nell’incidente probatorio, non indica gli indagati come «quelli che davano le botte a Peppino». Due mesi dopo però, sentita ancora davanti al gip, si corregge. Li riconosce in fotografia e fa anche un disegno del delitto. Nel frattempo, comincia il processo al ragazzo, ora alle battute finali. La nonna della baby testimone (sospettata di favoreggiamento dalla Procura) ha smentito la nipote, negando che si sia svegliata quella notte. E Ada Cairo, moglie di Basile (separata da tempo, ma in buoni rapporti), ha dichiarato: «Non penso possano essere stati i Colitti. Sono brave persone. Non c’erano motivi». La Procura è convinta della colpevolezza, facendo riferimento a alibi traballanti e versioni contraddittorie dell’imputato. La difesa ha schierato l’ex comandante dei Ris, Luciano Garofano, per avvalorare la tesi di un delitto premeditato, anziché di una rissa tra vicini finita nel sangue. E’ pure spuntato un pentito, parlando di delitto commissionato da un imprenditore. Ma in assenza di riscontri oggettivi, movente chiaro e arma del delitto, alla fine il processo si gioca sulla parola della bambina. «Sono loro che hanno dato le botte a Peppino; questi sono i nomi che non mi ricordavo e che la nonna mi ha detto di non dire», è l’ultima versione fornita al gip dopo aver riacquistato la memoria guardando un servizio in televisione. E’ genuina, secondo i magistrati. Suggestionata, replicano gli avvocati dei Colitti. Resta, sottotraccia, la pista alternativa. Giovane missino approdando infine all’Italia dei valori, aUgento Basile era molto popolare, all’apice della carriera politica. Un sanguigno rompiscatole. Oratore apprezzato a dispetto dell’ignoranza, i suoi comizi erano affollatissimi e improvvisava show sotto i balconi degli avversari. Si batteva, in particolare, per la difesa dell’ambiente, contro discariche e speculazioni edilizie. Che qui non mancano. Dopo il capoluogo, Ugento è la città con il territorio più esteso della provincia: distese di ulivi secolari e 18 chilometri di affaccio su un mare cristallino. Un paradiso terrestre che fa gola agli avvoltoi. Non a caso, il piano regolatore vigente fu varato da un consiglio comunale poi sciolto per infiltrazioni mafiose. La sera prima di essere ucciso, Basile entrò nel bar esclamando: «Ho in mano una bomba». Era la prossima battaglia, ma non disse di più. In attesa della sentenza su Colitti, tanti a Ugento pensano che la chiave del delitto non sia nei condomini di via Nizza, ma più in là. Tra gli ulivi, verso il mare.