m. l., il Fatto Quotidiano, 21/11/2010, 21 novembre 2010
LO MANDANO I GRAVIANO
Per la Corte di Appello di Palermo, “il contributo penalmente rilevante apportato da Marcello Dell’Utri agli scopi di Cosa nostra" è "provato in termini di certezza solo sino al 1992, non essendo stati acquisiti ulteriori elementi di prova inequivoci relativamente al periodo successivo”.
Per concedere questa sostanziale "insufficienza di prove" alla fase politica del suo impegno di collaboratore di Silvio Berlusconi, i giudici di appello devono smontare la parte della sentenza di primo grado che considerava provati i rapporti del senatore con i boss di Brancaccio, Filippo e Giuseppe Graviano, protagonisti delle stragi del 1992-1993 e, secondo Spatuzza anche della trattativa con Dell’Utri, poi arrestati a Milano il 27 gennaio 1994. Per il Procuratore generale Antonino Gatto che sosteneva l’accusa in appello, quei rapporti erano provati anche dalla storia di due provini al Milan (il primo nel 1992 e il secondo nel 1994) sostenuti dal giovane calciatore Gaetano D’Agostino, oggi in forza all’Udinese e allora promettente esordiente. D’Agostino jr non era un pulcino qualsiasi ma era il figlio di Giuseppe D’Agostino, un favoreggiatore dei Graviano, arrestato con loro a Milano proprio mentre stava cercando di far prendere il figlio dal Milan. La Corte di appello qualifica come inattendibili le dichiarazioni (pericolose per Dell’Utri) del cognato di D’Agostino, Salvatore Spataro, arrestato anche lui con i Graviano mentre valorizza le parole del padre del calciatore che lo tiene fuori dai guai. La testimonianza chiave sul provino di D’Agostino è però quella del tecnico delle giovanili del Milan, Francesco Zagatti, un ex campione rossonero che - a differenza di altri tecnici - aveva ammesso che D’Agostino era caldeggiato da Dell’Utri, il quale ai Carabinieri nel 1994 però aveva negato di conoscerlo. La Corte di Appello per negare l’imbarazzante raccomandazione (i Graviano vengono arrestati insieme al padre e al cognato del calciatore raccomandato da Dell’Utri il 27 gennaio, un giorno dopo l’annuncio della discesa in campo di Berlusconi), rilegge le dichiarazioni di Zagatti in modo da cancellare l’esistenza stessa del secondo provino. Purtroppo Zagatti non potrà fornirci la sua interpretazione autentica: è morto lo scorso anno.
LA SENTENZA appellata ha concluso ... affermando che “negli anni 1993-94 c’è stato un interessamento nei riguardi del figlio di D’Agostino Giuseppe da parte di Marcello Dell’Utri e che, essendo già deceduto Melo Barone (un imprenditore di Palermo, vicino ai Graviano, il cui nome risulta sull’agenda di Dell’Utri in relazione al provino del calciatore nel 1992, morto nel 1992, prima del secondo provino Ndr) tale interessamento non poteva che essere stato caldeggiato al prevenuto, direttamente o in via mediata, dai fratelli Graviano di Brancaccio” (pag.1427 sent.).
L’assunto del Tribunale poggia sul fatto, infondatamente ritenuto provato, che il giovane D’Agostino effettuò un altro “provino” nel gennaio 1994 e dunque nel periodo in cui il genitore Giuseppe D’Agostino era vicino ai fratelli Graviano e ne favoriva la latitanza. Il Giudice di prime cure ha ritenuto provato pertanto che il D’Agostino abbia ottenuto per il figlio un intervento diretto dei Graviano presso Marcello Dell’Utri il quale aveva “segnalato” il ragazzo al tecnico del Milan Francesco Zagatti che doveva visionarlo e che si assume avrebbe confermato la circostanza.
Orbene, tale conclusione non può in alcun modo condividersi in quanto proprio una critica analisi delle dichiarazioni acquisite, e soprattutto di quelle rese dal principale protagonista, il padre del giovane calciatore Gaetano, Giuseppe D’Agostino, che peraltro lo stesso Tribunale definisce un collaboratore di giustizia attribuendogli dunque credibilità, ne dimostra la manifesta infondatezza. Deve in primo luogo sottolinearsi che proprio il collaboratore di giustizia Giuseppe D’Agostino ha escluso in maniera netta qualsiasivoglia collegamento tra l’imputato ed i fratelli Giuseppe Graviano e Filippo Graviano sia in generale, sia soprattutto con riferimento specifico all’epoca del viaggio compiuto a Milano nel gennaio 1994 nel corso del quale i due capimafia e lo stesso D’Agostino erano stati arrestati. Richiestogli in particolare se Giuseppe Graviano, disponibile a trovargli un lavoro a Milano, era stato interessato anche a proposito della sistemazione del figlio al Milan, il D’Agostino ha risposto negativamente escludendo pertanto qualsiasi intervento del capo-mafia di Brancaccio presso la società calcistica e soprattutto qualsivoglia contatto dei Graviano con l’imputato Marcello Dell’Utri ......(“Il Graviano Giuseppe non mi disse quali erano le sue conoscenze milanesi, non mi specificò se aveva conoscenza all’interno del Milan Calcio ovvero in ambienti limitrofi”). (....) Né prove in tal senso possono dedursi dalle dichiarazioni di Salvatore Spataro, l’altro soggetto arrestato a Milano il 27 gennaio 1994 con Giuseppe D’Agostino ed i fratelli Graviano. Le affermazioni dello Spataro risultano infatti manifestamente connotate da un’evidente progressione accusatoria proprio nella parte in cui in dibattimento egli ha affermato, in totale e radicale contrasto con quanto invece riferito in sede di indagini preliminari, che il cognato D’Agostino si era recato a Milano sia per portare del denaro a Giuseppe Graviano, sia perché cercava di inserire il figlio al Milan e tramite il predetto Graviano “poteva avvicinare qualcuno” in quanto i capimafia di Brancaccio “dicevano che avevano amicizie, che lo potevano fare inserire”.
TALE AFFERMAZIONE
dello Spataro ha ovviamente provocato l’immediato intervento della difesa dell’imputato che ha subito contestato l’insanabile divergenza tra quanto dichiarato in dibattimento e ciò che il predetto aveva invece riferito il 27 marzo 1996 al P.M. allorquando, alla medesima domanda , richiesto di spiegare cosa avessero a che fare i Graviano con l’inserimento del piccolo D’Agostino al Milan, aveva testualmente ed inequivocabilmente risposto “No, penso niente”, invitando peraltro a chiedere sul punto ragguagli alla sola persona che di ciò poteva essere a conoscenza ovvero al cognato Giuseppe D’Agostino(....).
A supporto del proprio infindato convincimento il Tribunale ha ritenuto di valorizzare le dichiarazioni testimoniali rese da Francesco Zagatti, capo degli osservatori del settore giovanile del Milan, ma proprio un’attenta analisi del contenuto delle sue dichiarazioni consente di ritenere confermato quanto risulta dalle agende già esaminate .
Può infatti ritenersi accertato, sulla base della deposizione resa dallo Zagatti, che il giovane Gaetano D’Agostino sostenne effettivamente con
successo un provino a Milano nel settembre 1992 e che in esito a tale provino lo Zagatti, che aveva già visionato il ragazzo durante un giro effettuato a Palermo circa sei mesi prima restandone favorevolmente colpito, cne caldeggiò l’ingaggio (“... prima che venisse a provare, in un giro fatto a Palermo, mi fermai due giorni... e feci due provini generali, fra i quali avevo gia` visto questo ragazzino... che aveva dieci anni. Io l’avevo gia` segnalato.. poi dopo e` stato risegnalato.. e mi hanno avvisato che questo D’Agostino veniva a provare a Milano, ben contento di rivedere il ragazzo. Bene, il ragazzo venne e fece una grossa prova.. tanto e` vero che noi puntavamo su questo ragazzo qua”).
Il teste ha poi precisato di avere personalmente esaminato il ragazzo che era accompagnato dal padre e che sostenne il provino nel pomeriggio (“No, io ho visto il padre la mattina che l’ha portato... E` venuto in sede, l’ha portato, abbiamo preso le generalita`... e tutto e poi dopo il pomeriggio abbiamo fatto le prove a Linate e poi, da quel momento lì il mio compito è finito, è terminato, io lascio quello che è il mio compito ad altri.. competenti”) esprimendo soddisfazione per avere rivisto un ragazzo che lo aveva già favorevolmente impressionato solo “sei mesi prima” a Palermo, segnalatogli anche dall’imputato, all’epoca consigliere di amministrazione del Milan (“… a me e` stato segnalato anche dal dottore Dell’Utri e basta, io sono rimasto a quello. Io ero contento perche’ mi ha fatto rivedere un giocatore che volevo prendere sei mesi prima..”.
Proprio basandosi su questa frase "sei mesi prima", la Corte di appello smonta la tesi del Procuratore generale Gatto secondo il quale Zagatti parlava del provino del 1994 e non di quello del 1992 quando diceva:
“Io ho avuto una carta in cui mi si diceva che era, c’era arrivato D’Agostino da provare, che il dottore Dell’Utri l’aveva proposto anche lui”). Proprio il riferimento da parte dello Zagatti alla circostanza che al momento del provino a Milano il giovane D’Agostino era stato da lui visionato sei mesi prima a Palermo quando aveva dieci anni (“in un giro fatto a Palermo, mi fermai due giorni... e feci due provini generali, fra i quali avevo gia` visto questo ragazzino... che aveva dieci anni”) non lascia residuare dubbio alcuno sul fatto che quel provino a Milano sia avvenuto nel 1992 (essendo il ragazzo nato il 3 giugno 1982) come risulta peraltro dalle annotazioni già esaminate nelle agende del Dell’Utri e riferite appunto al settembre 1992.